Dosssier
Ci sono degli scivolamenti di linguaggio che indicano la china in cui stiamo sprofondando. Parlare di azienda sanitaria significa affermare che la salute è una merce ed è sottoposta alle regole del mercato. C’è voluta l’epidemia del Covid-19 per ricordarci che vaccini e farmaci sono beni primari e appartengono al diritto universale della vita. Fino a qualche decennio fa erano considerati prodotti diversi dagli altri ed erano esentati dai diritti di proprietà intellettuale. L’Organizzazione Mondiale del Commercio ha pensato bene di brevettare tutti i prodotti, compresi i farmaci, senza distinzioni tra quelli salvavita e quelli ordinari.
È nato così un monopolio che permette ad alcuni Paesi di sviluppare vaccini in maniera tecnologicamente avanzata e altri che devono elemosinare le conoscenze per poterli replicare o ricreare nel sud del mondo. In una situazione come l’attuale, India e Sudafrica hanno richiesto l’accesso alla conoscenza scientifica, ai dati clinici e ai farmaci a disposizione. Anche l’amministrazione Biden ha deciso la sospensione temporanea dei brevetti per i vaccini Covid-19, nella convinzione che debbano essere disponibili per tutti i Paesi del mondo, inclusi quelli più poveri.
Purtroppo l’Europa si ostina a opporsi alla democratizzazione della conoscenza, anche in tempo di pandemia, dato che attribuisce al diritto privato di proprietà intellettuale la prevalenza sul diritto universale alla salute. La globalizzazione significa partecipare al gioco, ma senza osservarne le regole.
DI Achille Rossi