P.N.R.R. dell’Umbria 2021/2026 - Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza
Nel numero di giugno de “l’altrapagina” (pagine 8-11) abbiamo iniziato a esaminare il Pnrr dell’Umbria 2021-2026, analizzando i vari capitoli dell’importante documento, volto a risollevare le sorti economiche della Regione dopo la “batosta” della pandemia da Covid-19 e sul quale – comprensibilmente – un gran numero di soggetti (comuni cittadini, amministratori, imprenditori, ecc.) ripone molte speranze e aspettative.
In questo numero ci occupiamo in modo più specifico dei settori delle infrastrutture viarie (E78), dell’agricoltura e della cultura.
A proposito di questa ultima sezione, ci si imbatte, a pagina 42 del Pnrr Umbria, in una scheda. In essa si parla della cultura e, in particolare, del progetto relativo alla realizzazione del Centro di Documentazione delle arti contemporanee. Vi si legge che «L’Umbria… si configura come una grande galleria a cielo aperto»… e per questo «può candidarsi a diventare un distretto del contemporaneo». Il valore complessivo della spesa è di circa 11 milioni di euro, cifra in cui dovrebbero rientrare molti altri interventi minori, anche di natura turistica, che fanno pensare a una distribuzione a pioggia di tante iniziative: un po’ per tutti, come sempre.
Il Centro di Documentazione delle arti contemporanee di Città di Castello era un tassello del più ampio progetto di rifacimento di Piazza Burri (attuale Piazza Garibaldi), con la Quinta scenica, che dovrebbe sorgere nello spazio della ex scuola elementare Garibaldi, e una scultura monumentale, ma nel Pnrr compare solo quest’ultimo anello della catena. Facciamo presente che il piano relativo al rifacimento della Piazza Garibaldi interessa una cospicua fetta dell’urbanistica tifernate, ubicata in una sezione di grande impatto storico-artistico, visto che vi si affacciano Palazzo Albizzini, Palazzo Vitelli a Sant’Egidio e l’ex complesso dei Gesuiti (attualmente sede di un istituto bancario).
Il vasto progetto pensato dalla Fondazione Burri – il cui pezzo pregiato era la Piazza dedicata al Maestro – nelle previsioni avrebbe dovuto essere terminato a giugno 2020, ma in realtà è scomparso dalla circolazione. E non per il Covid-19, ma per il semplice fatto che i presunti finanziatori, gli Emirati arabi di cui abbiamo ampiamente narrato ne Le Mille e una frottola, si sono dileguati. Come accade ormai da anni, ai grandi annunci, sui quali si fa molto rumore, seguono altrettanti silenzi. In quella ipotesi si contemplavano altre due stazioni gaudiose: la Piazza sarebbe stata realizzata a spese della Fondazione Burri che l’avrebbe poi donata al Comune a seguito di una procedura giuridica inusuale, che consentiva alla prima di tenere in mano il pallino della iniziativa e, al secondo, di usufruire del regalo a costo zero. Non proprio a costo zero, però, perché nell’ipotesi era prevista anche la Direzione del Centro di Documentazione che per 20 anni dovrebbe rimanere nelle mani della Fondazione Burri. Ma se gli Emirati sono scomparsi dalla circolazione, da dove arriveranno i circa 15 milioni di euro stimati per la realizzazione del progetto?
Contemporaneamente si è assistito a una cospicua vendita di opere del Maestro. Negli ultimi anni, infatti, in particolare dopo la celebrazione del centenario che ha dato una spinta al rialzo alle quotazioni dei suoi lavori, le più importanti case di vendita all’asta del mondo hanno battuto diverse opere del Maestro tifernate provenienti da collezioni private, ma anche dal patrimonio della Fondazione Burri.
È stato il caso, quest’ultimo, di due quadri intitolati Nero Cellotex (ambedue del 1986-87) venduti da Sotheby’s a Londra: il primo (lotto n. 38) in data 5 ottobre 2017 e il secondo (lotto n. 37) il 3 ottobre 2019, per un totale complessivo di oltre un milione e settecentomila euro. A qualcuno è venuto in mente il sospetto che il ricavato di queste vendite possa sostituire quei finanziamenti venuti meno dai padroni del petrolio.
A noi – che non abbiamo elementi per sostenere una ipotesi simile – farebbe piacere che la Fondazione Burri (ente, per proprio Statuto, senza fini di lucro) spiegasse alla cittadinanza il perché e il come di queste vendite. Ogni alienazione, infatti, provoca il depauperamento del patrimonio dell’ente. A rigor di logica, invero, se si vendesse “non stop” si arriverebbe ad azzerare il numero delle opere in possesso dell’istituzione (a parte quelle esposte in modo permanente a Palazzo Albizzini e ai Seccatoi, che - presumiamo e ci auspichiamo - siano vincolate e dunque inalienabili).
Sarebbe cosa positiva che la Fondazione spiegasse cosa si vende, su quali basi, chi decide, chi se ne occupa, con quali modalità e per quali finalità. Siamo lieti che nel Pnrr - denaro pubblico, ricordiamolo - siano presenti risorse nell’ambito culturale per l’Altotevere, che invece risulta fortemente penalizzato in altri settori, ad esempio nei trasporti pubblici - linea ferroviaria verso Arezzo in primis - come si è spiegato nell’articolo di giugno.
Sappiamo che ogni stanziamento verrà erogato a fronte di un progetto dettagliato, che sarebbe utile conoscere. Nel caso della tabella a pagina 42 del Pnrr dell’Umbria, abbiamo notato che per Città di Castello il destinatario è un ente privato (Fondazione Burri) e non pubblico.
Lungi da noi avere preconcetti in tal senso (come invece hanno notato diversi osservatori), tanto più che, secondo l’esplicita volontà del Maestro Burri, l’ente è costituito da un consiglio di amministrazione in cui siedono membri nominati in parti uguali dal Comune di Città di Castello, dalla Cassa di Risparmio di Città di Castello, dall’Associazione per la tutela dei monumenti dell’Alta valle del Tevere e dall’Università La Sapienza di Roma. Peraltro, i membri del Consiglio, in carica per quattro anni, devono essere rinnovati in questo 2021 (l’ultimo insediamento ebbe luogo nell’ottobre 2017) e pare che dietro le quinte siano in atto le “grandi manovre”… qualcuno sorride, perfidamente, nell’indicare che nessuno vuol abbandonare la nave, o meglio, la “gallina dalle uova d’oro”…
Saremo quindi lieti di conoscere nell’immediato futuro, anche e soprattutto tramite i rappresentanti della Fondazione Burri attualmente in seno al Comune di Città di Castello, i progetti concernenti il Pnrr (tipologia precisa, informazioni ragguagliate, costi, chi se ne occupa, ecc.) e altrettanti esatti dettagli sulle alienazioni delle opere da parte della Fondazione stessa.
Restiamo infatti convinti che una informazione trasparente sulle azioni dell’istituzione sia quantomai auspicabile e rivesta un aspetto importantissimo nei confronti dei rapporti tra l’ente depositario delle opere del grande Maestro e la sua città. ◘
A cura della Redazione