Venerdì, 29 Marzo 2024

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L’altra Infanzia/1

FOTOGRAFIA. La potenza delle immagini che raccontano il mondo.

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Le fotografie che presentiamo in questo e nel prossimo numero sono state scattate da Alberto Gori, medico di professione e fotografo per passione. Da quando è andato in pensione ha iniziato a raccogliere gli “scatti rubati”, come lui li definisce, fatti in un lungo reportage documentaristico che abbraccia tutta la sua vita. Tale percorso gli ha consentito di fissare, in un lungo peregrinare fotografico, storie, paesaggi – naturali e umani – di molti luoghi e popoli. Dal suo poderoso archivio ha estratto una selezione di immagini raccolte in due volumi, prodotti in un numero limitato di copie. L’altra infanzia, il secondo, è uno dei tanti percorsi tematici che Gori potrebbe rappresentare. Lo abbiamo scelto perché getta un fascio di luce su una realtà contemporanea di estrema attualità: le infanzie non sono tutte uguali.

Nel 1991 è stata approvata dall’Onu la “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia”; in molte nazioni tali diritti non solo non vengono applicati, ma non sono nemmeno conosciuti. Il lavoro per miliardi di bambini rimane un fatto naturale, socialmente accettato, come lo era nel Medio evo e fino a un secolo fa. Queste immagini hanno il pregio di documentare la realtà senza alterarla e senza retorica. Ma lasciamo la parola a Alberto Gori.

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È doveroso, da parte mia, scusarmi con i puristi della tecnica fotografica per gli errori e imperfezioni che potranno riscontrare visionando le mie immagini. Faccio presente che la totalità di esse è stata realizzata scansionando vecchie diacolor, successivamente trasformate secondo i miei gusti, in file bianco e nero. Chi ha esperienza in questo settore senz’altro conoscerà le difficoltà tecniche e, soprattutto, la perdita di qualità delle immagini dovuta alla scansione delle stesse. Ho eseguito tutto questo lavoro personalmente, con pazienza, cercando di ottenere il risultato che mi ero prefissato, con conoscenze della tecnica di post-produzione al limite della sufficienza. Dal mio punto di vista, la fotografia di reportage può essere influenzata solo in minima parte dalla tecnica fotografica e la ricerca del perfezionismo non deve assolutamente alterare le immagini di questo genere di fotografia, soprattutto nel suo significato, essendo quest’ultimo il fine principale. Il perfezionismo tecnico fine a se stesso, fra l’altro pressoché impossibile da realizzare nel reportage, può alterare il ‘’messaggio’’ dell’immagine fino ad annullarlo, e questo non era il fine che mi ero preposto. La “tecnica’’ fotografica è importante solo se riesci a controllarla al fine di comunicare quello che vedi, cosa quasi impossibile nel reportage. Personalmente non sono interessato alle foto in “posa’’, perché per lo più rimangono vuote, statiche, senza “anima’’, prive di quella vitalità che invece deve trasmettere uno scatto “rubato’’ riuscito. Nel reportage non c’è modo, né tempo di “accomodare’’ alcunché, devi “soltanto’’ catturare quell’immagine irripetibile, come l’hai vista e “sentita’’, in una frazione di secondo, in quell’attimo decisivo e fuggente, perché, subito dopo, non avrai altro che il suo ricordo. La maggior parte delle immagini qui raccolte raffigura soggetti e scene di vita quotidiana estrapolati dal mio vastissimo archivio di foto scattate in India. Premetto che tale scelta è stata del tutto occasionale, avendo potuto attingere da altri numerosi argomenti e località. Quando a livello fotografico si pensa a questo immenso subcontinente vengono alla mente soprattutto gli incredibili colori dei suoi mercati, dei suoi templi, delle sue manifestazioni religiose e popolari, delle donne avvolte nei sari dai colori e disegni indescrivibili e mai uguali. Non a caso, anche per questo l’India è stata definita il “Paradiso dei fotografi’’. Perché allora il bianco e nero? Semplicemente ho voluto che l’osservatore non venisse “distratto’’ dai bellissimi colori, ma concentrasse la propria attenzione sui soggetti, sulle loro espressioni, sui loro sguardi, sulle scene di vita quotidiana, sul loro “mondo’’, quindi ho voluto presentarle nel modo più crudo ma anche più vero. Come dice Wim Wenders: “Il mondo è a colori, ma la realtà è in bianco e nero!’’ o Ted Grant: “Quando si fotografano persone a colori, si fotografano i loro vestiti. Ma quando si fotografano persone in bianco e nero, si fotografano le loro anime!”.Il fatto che molti soggetti ritratti abbiano lo sguardo rivolto verso di me non significa che siano in posa; semplicemente ho aspettato, pronto allo scatto (a volte anche per vari minuti), che si realizzasse l’ “attimo’’ atteso, decisivo e fuggente. ◘

di Alberto Gori


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