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LA VITA INTEGRA

Intervista a Gianni Vacchelli, docente, scrittore e saggista.

la commedia un poema del risveglio mese settembre 2021 1

Gianni Vacchelli, narratore, scrittore, docente in un liceo milanese, è un appassionato studioso di Dante. Biblista e filologo, ha concentrato la sua attenzione sul rapporto tra la Commedia, la Bibbia e la mistica. Gli chiediamo se si possa ancora parlare di attualità della Commedia a sette secoli dalla sua creazione.

«Certamente, per tanti motivi. Intanto perché la Commedia presuppone una visione integrale, olistica della vita, cosa che noi abbiamo completamente smarrito. Il tentativo di Dante è stato sempre quello di raccogliere i frammenti. Noi siamo scissi, da tutti i punti di vista: nella nostra antropologia, nel nostro modo di vivere la vita, di rapportarci al pianeta, alla natura. Questo è uno dei tanti motivi di attualità della Commedia. Attualità significa, come Dante spiega nel Convivio, anche attualitade, la possibilità di passare dalla potenza all’atto, quindi la Commedia è un cammino di attualizzazione dell’uomo, ma anche di relazione costitutiva con il cosmo e con il mistero che alcune tradizioni chiamano divino. Da questo punto di vista la Commedia ha un’attualità straordinaria perché queste tre dimensioni, quella cosmica, quella di un’umanità cosciente e quella di un mistero trascendente e immanente insieme sono per noi completamente slegate. Abbiamo assolutamente bisogno di riportare armonia tra queste dimensioni».

All’inizio della Cantica Dante scrive che la “diritta via era smarrita”. Di quale smarrimento si tratta e qual è il sentiero per recuperarla?

«Abbiamo smarrito la diritta via. Cosa significa? In parte lo accennavo nella risposta precedente. Abbiamo smarrito una visione triadica della realtà che non è un vezzo esoterico o enigmistico, ma è una visione integrale. La vita intégra come dice Dante in Paradiso 27. Noi abbiamo smarrito questa connessione profonda tra il nostro corpo, la nostra psiche e il nostro spirito; abbiamo smarrito un cammino di verticalizzazione di noi stessi e delle energie che ci abitano. Abbiamo smarrito anche il cammino della virtù e dell’etica, che oggi sono vilipese. Dobbiamo intanto accorgerci di questo, è il requisito per iniziare un recupero. Siamo finiti dentro una selva oscura, dentro una caverna platonica, se prendiamo coscienza di questo possiamo iniziare un cammino di trasformazione».

la vita integra mese settembre 2021 4Quali sono le tre grandi fiere che ostacolano il cammino di Dante e cosa può significare, al di là dei simboli, lo scontro con l’orgoglio, la violenza, il male?

«Ci sono tre grandi fiere che ostacolano il cammino di Dante: la lonza, la lupa e il leone. La lonza che è una pantera, una lince, tradizionalmente rappresenta la lussuria, il leone potrebbe rappresentare la violenza, la lupa potrebbe rappresentare l’avidità. Di questi tre ostacoli, il terzo, quello della cupidigia, è il più drammatico per Dante. Significa che dobbiamo accorgerci di queste tre belve che abitano dentro e fuori di noi. Il cammino quindi si svolge dentro e fuori, per conoscere queste belve, addomesticarle, affrontarle e combatterle, non in senso dualista, ma sforzandoci di realizzare una profonda trasformazione. Aggiungo che la lupa per Dante non rappresenta solo una cupidigia interiore, ma anche una prima manifestazione, dopo la crisi della società feudale, di un proto-capitalismo accumulatore che Dante bolla subito come una tragedia storica. Il capitalismo, fin dai suoi esordi, con la finanza, il Fiorino, è per Dante un grave errore. In questo il messaggio dantesco ha un’attualità straordinaria».

Il viaggio di Dante è un viaggio interiore e di risveglio, che invita a “riveder le stelle”, ma anche un percorso politico di trasformazione e di cambiamento. Come possono coniugarsi questi due aspetti?

«Sì, il viaggio di Dante è un viaggio interiore e di risveglio, ma anche un viaggio politico. Questo nesso tra intimità e politica è costitutivo, è collegato alla tradizione biblica, dove il profeta è un uomo di interiorità, ma anche uno che denuncia l’ingiustizia. È collegato anche alla sapienza classica, anche Platone dice che chi non governa se stesso non può governare la polis, quindi l’elemento interiore e l’elemento politico sono strettamente connessi. Qui ritroviamo un’altra delle tragiche frantumazioni cui accennavo prima, perché per noi interiorità e politica sono due aspetti quasi impensabili da coniugare. Tendiamo a coltivare l’interiorità e lasciare la politica ad altri, invece per Dante la liberazione è interiore e politica allo stesso tempo. Se ci accontentiamo solo del viaggio interiore scadiamo nell’intimismo e se ci accontentiamo solo di un viaggio politico rischiamo di alienarci nel sociale. Serve questo equilibrio fondamentale che Dante racconta fin dal primo canto. Scendere agli inferi di se stessi e della propria epoca, cercando di coniugare questi aspetti, creando una specie di nuovo monachesimo. Un monachesimo aperto a tutti, non solo un monachesimo istituzionale in cui si sappia tenere insieme questi aspetti che continuamente si alimentano».

Nei libri di letteratura Dante viene considerato come un grande poeta e fondatore della lingua italiana. Lei pensa che possa essere qualificato non solo un maestro di saggezza, ma addirittura un mistico?

«Sicuramente Dante è il più grande poeta italiano, il fondatore della lingua italiana, ma io credo che vada considerato anche un grande saggio, un maestro di sapienza e come un mistico. La nostra tradizione, per tante ragioni, ha espulso la mistica fin dal Seicento, diventando puramente razionalista. Ha scisso l’uomo, pensiamo al cogito cartesiano. È una visione geniale dell’uomo, ma incompleta, quindi per noi ricevere questo grande poeta anche come un mistico è molto difficile. Per altre culture è più semplice, per esempio il Dante persiano, Rumi, in Oriente è considerato oltre che un poeta anche un grande mistico. La nostra modernità ha divorziato dalla mistica e tanti pur bravi dantisti dimenticano questa dimensione mistica di Dante. Anche qui occorre riunire i frammenti, Dante ci insegna che possiamo essere artisti, uomini politici, uomini interiori e mistici insieme. Questo è un grande lascito dell’attualità dantesca che sotto tanti punti di vista ci precede storicamente, ma ci chiama dal presente e dal futuro». ◘

DI Achille Rossi


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