Editoriale. Il voto conferma l’anomalia politica cittadina, ma qualcosa di nuovo c’è.
L’esito del primo turno elettorale conferma alcune valutazioni di fondo: il Centro-destra ha perso una occasione storica per governare la città e la sconfitta è imputabile ai suoi dirigenti. Il Centro-sinistra ha vinto portando due candidati al ballottaggio ma, diversamente da quello che è avvenuto a livello nazionale, vede scendere ai minimi storici i partiti tradizionalmente alfieri della coalizione: Pd e Psi, i quali hanno vinto perdendo. Tutto ciò conferma, come una cartina di tornasole, che la politica a Castello è al di fuori del contesto generale, una anomalia conclamata. Se il trend nazionale registra una reazione positiva all’avanzata della Destra populista e sovranista, inversione di tendenza che andrà confermata, a Castello si è scivolati ancora più nel baratro. Il Centro-sinistra ha vinto per il harakiri del Centro-destra, ma ha perso numericamente e politicamente. Essa ha incarnato un sistema di potere al governo ormai da oltre venti anni, e come tutti i sistemi di potere consolidati ha finito per obbedire a dinamiche interne, perdendo di vista la società e condannandosi all’incapacità di poterne interpretare bisogni e interessi. Per questo è stata punita dall’elettorato.
A contendergli la piazza è scesa in campo l’altra parte della Sinistra che non si riconosce in quel sistema di governo pur avendone fatto parte con alcune sue figure: la candidata Sindaco in primis. Essa è costituita in gran parte da fuoriusciti dalle due formazioni maggiori e a cui si sono aggregati molti compagni di strada che vogliono restituire valore alle parole e moralità alla politica. Volti nuovi e soggetti nuovi si sono presentati sulla scena pubblica; tra essi ci sono molte persone altrimenti impegnate nel mondo del volontariato, solidaristico e culturale, nella imprenditoria, nella società civile e nel lavoro, un insieme che può costituire il tessuto connettivo di un nuovo soggetto politico e di un nuovo modo di fare politica. Ne hanno le capacità e le volontà. Parlano col cuore e con l’intelligenza, cose molto lontane dalle astuzie del potere che trasforma i diritti in piaceri o dalle arguzie di coloro che fanno leva sugli istinti più bassi o sulla semplificazione dei problemi. Se sapranno sovvertire il pronostico del ballottaggio che li vede sconfitti avranno fatto sicuramente un miracolo, cosa di questi tempi non impossibile. Ma il loro vero compito è riuscire a dare continuità e identità alla voglia di cambiamento che si è manifestata in questa fugace e troppo breve campagna elettorale. Se fosse durata un po’ di più sarebbe apparsa con evidenza la distanza tra questo modo di proporsi sulla scena pubblica e quello di chi è ricorso anche alle minacce, al discredito, alle circonvenzioni pur di mantenere il bastone di comando. Questi due atteggiamenti antagonisti sono stati la misura delle diversità in campo, ed elettori avveduti dovrebbero saper distinguere, se vogliono dare una svolta alle cose, anche se appartengono a schieramenti opposti.
La novità si è manifestata anche nel Centro-destra con alcune istanze di cambiamento di cui si sono fatti interpreti i giovani assieme al voto di protesta di persone moderate che condividono con la coalizione avversaria il sentimento di insofferenza verso questa classe dirigente al potere. Dunque c’è una convergenza nei fatti tra alcune parti dei due schieramenti opposti nel volere la stessa cosa: spazzare via la classe dirigente che ha governato la città per tanto tempo e ridare tono, dignità e regole alla politica, pur rimanendo avversari leali.
Non è mai capitato prima. Ma gli attori ne hanno una qualche consapevolezza? Se ci fosse questa presa di coscienza sarebbe possibile anche il miracolo. Quello che non è riuscito all’interno della Sinistra disunita, ossia di rimettere in discussione le regole del potere, potrebbe inverarsi in nome di una alleanza tra schieramenti diversi. E l’elemento di coagulo potrebbe essere rappresentato proprio dalla presenza in entrambi gli schieramenti di Centro-sinistra e di Centro-destra di protagonisti giovani che non rispondono più e solo alle indicazioni dei capi, ma tengono nello stesso conto le loro volontà di affermarsi, di farsi conoscere sulla base di principi e valori di cui si sentono portatori, di ridare identità e passione alla politica; ma anche di quel ceto sociale che non accetta più il degrado di una città ricca di storia e di costumi civili, che si trova ugualmente distribuito nei due schieramenti.
La situazione dunque è questa: il duetto Bacchetta-Secondi ha vinto, ma è alla frutta, mentre la contendente Bassini è distante ma ha il vento in poppa. L’inseguitrice per avere qualche chance di successo non può basarsi sul trend a lei favorevole, ma deve farsi interprete di un bisogno più grande di cambiamento che alligna anche nelle file dei due partiti della Destra perdente e che è la vera novità emersa in queste elezioni amministrative. Occorrerebbe un patto civico per ridare spazio alla politica, alla praticabilità istituzionale, per sconfiggere il consociativismo e rinvigorire la rappresentanza, una politica capace di convergere su valori, regole e priorità da assegnare alla città e al territorio, pur rimanendo fermi nei propri principi e identità. Ognuno ha il suo campo, ma la casa è comune. Sarebbe già un buon inizio per tutti. ◘
di Antonio Guerrini