Perugia. Fa discutere il restauro di una effigie fascista posta in un edificio pubblico.
Alla manifestazione antifascista di Perugia, la partigiana Mirella Aloisio ha fatto presente che quel simbolo fascista, restaurato e messo in bella vista al mercato, si troverà proprio nella piazza intitolata a Giacomo Matteotti, deputato socialista ammazzato da Mussolini.
Mentre parlava ho pensato che quel fascio sarà il logo del nuovo Mercato coperto di Perugia. E che il Consorzio che lo gestirà potrebbe anche risparmiare sulla costosa parcella necessaria per richiedere un marchio e relativa campagna pubblicitaria a una società dell’immagine.
Perché, per quanto accurato e imbellettato e per quanti denari si possano spendere per una campagna promozionale, quel fascio è così invadente che nessun altro logo potrà soppiantarlo avendo una caratteristica che i loghi devono avere: essere evocativo.
E il fascio evocativo lo è, tant’è vero che chi aveva contribuito a liberare Perugia e noi lo aveva giustamente occultato sotto una storica e liberatoria imbiancatura.
Il problema è cosa evoca. Quel fascio evoca una dittatura feroce e assassina, la morte, la più terribile guerra che ci sia mai stata al mondo, persecuzione e deportazione degli ebrei, campi di concentramento e camere a gas, colonialismo, impiccagioni e gas usati come armi contro etiopi e libici, ragazze nere comprate come schiave sessuali.
Tutto questo è scritto in quel fascio e, volenti o nolenti (più volenti che nolenti), i membri del Consorzio di imprenditori che gestiranno il mercato lo avranno appiccicato nel budget che porteranno al collo. Così come sarà evidentissimo al collo dei negozianti e delle loro commesse e commessi e sarà anche incollato a ogni etichetta dei loro prodotti.
Non si vedrà, ma sarà evidentissimo.
Così è e così sarà finché quei fasci simboli di morte campeggeranno dall’alto sul Consorzio di imprenditori, sui prodotti e le merci in vendita, sul “Mercato del fascio”. ◘
di Salvatore Luchetti