Rubrica e sia poesia a cura di gio 2 A cura di GIO2. La poesia di Goliarda Sapienza.
“L’arte della gioia” è il romanzo più famoso di Goliarda Sapienza e il più imponente. Modesta, la protagonista, si ribella alle leggi del patriarcato e delle convenzioni sociali, fa poltiglia di tutti i sensi di colpa e diviene la principessa Mody. “Modesta è la donna che non sono mai riuscita ad essere” confessava Goliarda agli amici. Un romanzo “maledetto” “l’arte della gioia”: rifiutato dalle case editrici italiane spunta a Berlino. Sarà proprio Waltraud Schwarze a segnalare il romanzo a Viviane Hamy a Parigi. Urgentemente viene messa al lavoro la traduttrice Nathalie Castagné. Il trionfo del romanzo in Francia finisce per rimbalzare in Italia. Anche grazie all’azione di Angelo Pellegrino viene restituito a Goliarda il riconoscimento dovuto, seppur postumo. Ridendo lei diceva “diventerò famosa quando sarò sparita”.
Goliarda Sapienza (1924-1996) era nata a Catania, ultima figlia di una famiglia socialista. Il padre Giuseppe Sapienza è un noto avvocato. La madre Maria Giudice è stata la prima segretaria della Camera del Lavoro a Torino. Goliarda non frequenta le scuole pubbliche. Giovanissima si trasferisce a Roma. Col nome di Ester Caggegi partecipa ad azioni partigiane durante l’occupazione nazista. Di questo non ha mai amato parlare. Studia all’Accademia di Arte Drammatica. È attrice di teatro e di cinema. Lavora con Luchino Visconti (in Senso), Alessandro Blasetti e Citto Maselli col quale vivrà diciotto anni.
Oggi che parliamo delle sue poesie, vale la pena ricordare che arrivano alla luce, dopo essere state abbandonate in una cassapanca, con cinquanta anni di ritardo. Mario Alicata, all’epoca dirigente del Pci, dirà di questa opera poetica “Non credevo che la figlia di Maria Giudice potesse scrivere poesie come qualsiasi figlia di famiglia borghese”. Un giudizio che stronca. Lei che si pone il problema di ribellarsi a questi “eroici genitori” vede anche fallire la sua esperienza di attrice. La compagnia d’avanguardia “T45”, da lei fondata, incontra il divieto del Ministero per la messa in scena della “Mandragola” di Niccolò Machiavelli.
Il suo primo romanzo è Lettera aperta (1967), a seguire arrivano Il filo di mezzogiorno (1969), L’università di Rebibbia (1983), Le certezze del dubbio (1987). A cura di Angelo Pellegrino, pubblicati postumi, L’arte della gioia (1998), Destino coatto (2002), Io, Jean Gabin (2010), Il vizio di parlare a me stessa (2011).
Pizzichiamo alcune delle sue poesie da Ancestrale (La vita felice edizioni, 2013). La pubblicazione è curata da Angelo Pellegrino e Anna Toscano.
Proprio il latinista Pellegrino ci ricorda “...è come trovarsi ogni volta a salvare carichi che erano già affondati, ma una nave naufragata spesso rilascia pezzi, oggetti, resti di sé su qualche spiaggia desolata, che si fanno ancora più preziosi perché tutto il carico non c’è più”.
Piace anche ricordare che Goliarda considerava il far poesia il più gran lusso che ci si potesse permettere. ◘
di Giorgio Filippi