Mostafa El Ayoubi, giornalista, analista geopolitico, caporedattore della rivista “Confronti” e collaboratore della rivista “Nigrizia”, è considerato uno dei maggiori esperti dell’Africa e dell’islam. A lui rivolgiamo alcune domande sulle conseguenze del ritorno al potere dei talebani in Afghanistan.
La guerra in Afghanistan è stata lunga e inutile. Si è conclusa con una vergognosa fuga degli americani da Kabul. Di chi sono, a suo parere, le responsabilità di questa operazione?
«La guerra in Afghanistan è stata un altro fallimento geostrategico degli Usa dopo quello in Iraq e quello ancora prima nel Vietnam del nord. L’invasione dell’Afghanistan aveva come scopo quello di addomesticare questo Paese, cerniera nell’Asia centrale, per contrastare l’influenza della Cina, della Russia e anche dell’Iran in questa importante area geografica. Sono stati spesi oltre 2000 miliardi per questa guerra, soldi in gran parte finiti in mano all’industria militare privata americana. Decine di milioni sono stati usati per corrompere i signori della guerra filo-occidentali. Poco è stato stanziato per aiutare l’Afghanistan a svilupparsi, cosa che di fatto non era contemplata nel progetto di invasione di questo Paese. Gli americani non erano lì per ricostruire la nazione: è quello che ha affermato il presidente Joe Biden durante l’evacuazione dei suoi soldati da Kabul l’agosto scorso. La drammatica situazione verificatasi nell’aeroporto della capitale è stata la conseguenza diretta del caos provocato da un’occupazione militare durata 20 anni, i cui responsabili sono tutti i governi Usa che si sono succeduti in quel periodo, da George W. Bush fino a Biden. Quest’ultimo fu il vicepresidente del premio Nobel Barack Obama, il quale aveva incrementato la presenza militare in Afghanistan durante il suo mandato».
La guerra al terrorismo è nata come risposta all’attentato dell’11 settembre. Il terrorismo è davvero sconfitto o rifiorisce ancora, persino in Afghanistan?
«Ufficialmente gli Usa invasero l’Afghanistan nell’ottobre 2001 per “combattere il terrorismo” in seguito alla tragedia dell’11 settembre. In realtà questo evento fu strumentalizzato come casus belli per occupare questo Paese. Il piano di entrare in Afghanistan fu progettato prima. Dopo che gli americani avevano utilizzato i talebani per cacciare i sovietici e far cadere il governo socialista laico (del Partito democratico popolare dell’Afghanistan), i leader del movimento islamista rifiutarono che il loro Paese diventasse una colonia americana nell’Asia centrale. Pochi mesi prima dell’invasione, i talebani avevano rifiutato la costruzione di un gasdotto denominato Tapi che sarebbe stato affidato alla compagnia petrolifera americana Unocal e avrebbe attraversato il loro Paese.
Occorre sottolineare che al Qaeda, la quale incarna il terrorismo internazionale, fu creata dagli Usa in collaborazione con il Pakistan e l’Arabia Saudita per combattere i sovietici, i quali furono però chiamati legittimamente, come previsto dal diritto internazionale, dal governo di Kabul per sostenerlo nella lotta contro l’insurrezione armata dei movimenti islamisti in Afghanistan. I sauditi avevano fornito soldi e manodopera jihadista ad al Qaeda, appunto, che era composta in gran parte da giovani arabi diseredati e frustrati provenienti in gran parte dal Medio Oriente e dal Maghreb. La guida di al Qaeda fu un collaboratore della Cia, Bin Laden, che in seguito sfuggì al controllo degli Usa. La verità su questo personaggio resta tutt’oggi da chiarire.
Inoltre, i talebani, a differenza di al Qaeda, sono un movimento di resistenza contro l’occupazione. Non hanno mai compiuto un attentato al di fuori del loro contesto geografico.
Al Qaeda nulla ha a che fare con i talebani se non la condivisione dell’intento di usare la sharia come legge dello Stato, che i talebani intendono imporre al popolo afgano. Al Qaeda, invece, è sempre stata uno strumento di destabilizzazione dei Paesi fuori dalla sfera di influenza degli Usa. Come anche l’Isis. L’attentato all’aeroporto di Kabul è stato perpetrato dallo Stato islamico del Khorasan (Isis-k). Ed è molto probabile che la Cia sostenga questo movimento jihadista per mantenere il caos in Afghanistan. Un caos che tutto sommato farebbe comodo agli Usa in chiave geostrategica. Un Afghanistan destabilizzato non converrebbe né alla Cina, né all’Iran e tanto meno alla Russia».
Il progetto di Bin Laden era quello di diffondere un terrorismo radicale fondato sulla sharia e sul jihad contro i nemici dell’islam. Quali sono le caratteristiche del salafismo che prospera in Africa?
«Dopo la fine della guerra in Afghanistan contro i sovietici (1979-1989), Al Qaeda si trovò a spasso, aveva esaurito il suo compito. Molti qaedisti tornarono nei loro Paesi di origine, tra cui quelli del nord Africa, in particolare in Algeria – che fu destabilizzata dal terrorismo negli anni ’90 – dove prese piede al Qaeda nel Maghreb islamico. E da lì iniziò la diffusione dei movimenti jihadisti di matrice qaedista nel Sahel e nell’Africa centrale.
Quanto alla diffusione in Africa del salafismo – dottrina che applica testualmente, senza alcuna ermeneutica, i dettami del Corano e gli insegnamenti del profeta Mohammad – il ruolo delle organizzazioni caritative saudite è stato importante. La Lega Musulmana Mondiale, nata nel 1962, fu il vettore di trasmissione dell’ideologia salafita nel continente africano. Oltre agli “aiuti umanitari”, questa Ong saudita costruiva moschee, organizzava progetti sociali e seminari di propaganda e di proselitismo».
Chi finanzia il terrorismo e con quali intenti?
«Al Qaeda è la casa madre del terrorismo internazionale di matrice jihadista; ha diverse filiali in Medio Oriente, in Asia, in Africa e persino in Europa. Uno dei suoi derivati, lo Stato Islamico (Daesh), si è in gran parte autofinanziato con la vendita in nero del petrolio rubato alla Siria o con i ricavi dai sequestri di persone, spesso occidentali, e di contrabbando come nel caso del Nord Africa ai confini con il Sahel. Tutte attività illecite in netta contraddizione coi dettami della religione islamica che essi pretendono di rappresentare.
Tuttavia, nei grandi conflitti armati internazionali, come la guerra in Afghanistan (quella con i sovietici, per intenderci), in Jugoslavia, in Siria e in Libia, le organizzazioni terroristiche salafite jihadiste sono state utilizzate dagli Usa come “forze armate” per la destabilizzazione dei Paesi cosiddetti nemici per ragioni geostrategiche. La Cia ha sempre coordinato le attività degli jihadisti impiegati in queste guerre. Quanto ai finanziamenti di questi ultimi, sono stati sempre i Paesi arabi del Golfo, l’Arabia Saudita in primis, a prendersene carico.
Il terrorismo internazionale è stato spesso funzionale agli interessi degli americani nel mondo. La “lotta al terrorismo” non è altro che fumo negli occhi della comunità internazionale».
Si parla molto della difficile situazione delle donne in Afghanistan. Lei che ne pensa?
«La società afgana è fortemente patriarcale e in questo contesto la donna rappresenta l’anello debole. Il governo socialista, al quale i talebani fecero la guerra, negli anni Ottanta introdusse una serie di riforme sociali e culturali per valorizzare il ruolo della donna in tutti i settori della vita sociale (istruzione, lavoro, arte, musica, ecc.). Ma quando i talebani presero il potere le donne furono confinate nei burqa. I vent’anni di guerra americana non hanno risolto il problema drammatico delle donne afgane e con il ritorno dei talebani al potere la loro situazione è destinata a peggiorare. Le preoccupazioni delle cancellerie occidentali al riguardo non sono altro che un pianto del coccodrillo, perché esse sono corresponsabili della situazione in cui si trovano le donne afgane oggi». ◘
di Achille Rossi