L'intelligenza perduta

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Emergenza pandemica. Le scelte del Governo hanno generato un’ondata di proteste in tutto il Paese nel momento in cui si sta per raggiungere l’immunità di gregge.

silvia romano2

Il clima parossistico creatosi sulla vicenda dei vaccini, sul green pass e sulla marea sociale composta da No-vax, No pass e altre componenti, ha diversi padrini. In primo luogo la campagna comunicativa a dir poco confusa del Governo, a cui si sono aggiunte le strumentalizzazioni dei politici prevalentemente di Destra, il sostegno bipartisan, a volte scomposto, della grande stampa, la scesa in campo di intellettuali e la divisione del mondo scientifico. Una frantumazione di idee e di posizioni di cui ha fatto le spese una ristrettissima parte di persone, sinceramente intimorite dal vaccino, con cui si sono fuse strumentalmente sub-culture urbane anarcoidi e fasciste, cariche di risentimenti derivanti da diversi pozzi avvelenati: precarietà, povertà, mancanza di lavoro, emarginazione sociale. E tutti sono confluiti nel green pass divenuto, suo malgrado, capro espiatorio di-tutto-il-male-che-c’è.

È stata inscenata una danza macabra al cospetto dei 132 mila morti ufficiali, di cui non ha più parlato alcuno. Come fossero stati cancellati. Come se si trattasse di dati statistici. Come se la memoria resettata da un Alzheimer collettivo li avesse fatti scomparire. Di fronte a essi e alle indubbie difficoltà create dalla pandemia, nessuno si è tirato indietro, nessuno ha cercato di non eccedere, anzi si è aperta la gara per innalzare la pira. Nemmeno l’evidenza dei risultati ottenuti dal vaccino grazie a cui la mortalità, che fino a pochi mesi fa era dell’ordine di 900/1000 casi al giorno e oggi ridotta a pochi casi giornalieri, ha indotto a più miti consigli. La memoria dei benefici ottenuti ha dovuto soccombere all’enfasi posta sul rischio dei possibili effetti avversi che, su oltre un miliardo di dosi inoculate, risultano del tutto in linea con l’uso di qualsiasi altro farmaco in commercio. L’introduzione del green pass esteso a tutti i lavoratori è stato dunque il detonatore di un malessere diffuso cresciuto come una bolla esplosiva in due anni in cui il Covid ha ridisegnato la società.

In un periodo molto breve si è consumata una dote di credibilità che il Governo aveva conquistato a fatica, dopo essere stato sulle montagne russe del Paese colpito per primo dopo la Cina, dopo aver istituito il primo lockdown occidentale, dopo aver avuto il più alto indice di morti per cento abitanti, dopo essere partiti male con la campagna vaccinale e poi essere risaliti sulla cresta con la quasi totale copertura della popolazione, per ritrovarsi infine con le convulsioni sociali generate da un fuoco incrociato. Si è assistito a una perdita di razionalità collettiva che rischia di far deragliare il treno nel momento in cui sta per arrivare alla destinazione del 90% della copertura vaccinale.

Ciò non significa che la pandemia sia stata debellata e che non sussistano dubbi e perplessità su un virus di cui il mondo scientifico ammette di non conoscere fino in fondo i comportamenti. Ma il vaccino si è dimostrato l’arma più efficace per il suo contrasto: una cura migliore finora non è stata trovata.

Anche l’accento posto sulla coartazione dei diritti civili invocando la Costituzione in difesa della salute è sembrato un appello non solo sopra le righe, ma sproporzionato rispetto alla materia discussa. È difficile infatti brandire tale diritto di fronte a una patologia per sua natura pandemica, rivendicando la libertà come mera opzione personale, quando a essere coinvolta è l’intera popolazione.

Tutto ciò non vincola il dibattito al dogma di una informazione univoca del solo vaccino e del green pass, lasciando fuori dal testo tutto il contesto. Ma il contrasto della pandemia non può attendere l’esito delle dispute dialettiche o scientifiche, perché il virus continua a progredire secondo l’orologio inscritto nel suo Dna. Di fronte alla dimensione globale della emergenza sanitaria, le critiche sui presunti diritti negati in Occidente viste con gli occhi dei quasi 4 miliardi di esseri umani che non hanno avuto accesso non solo alla terza dose ma nemmeno alla prima, appaiono una ulteriore espressione delle disuguaglianze esistenti tra Paesi poveri e Paesi ricchi. «Non è sufficiente raggiungere l’80% dei vaccinati con due dosi in Italia e in Europa, se in Africa solo il 4,4% della popolazione ha ricevuto la doppia dose e alcuni Stati come la Repubblica Democratica del Congo, soltanto lo 0,1%! Il virus continuerà a circolare con infinite varianti, che spingeranno le industrie farmaceutiche a produrre nuovi vaccini, con profitti immensi… », ha affermato Vittorio Agnoletto, promotore di una campagna per chiedere una moratoria sui brevetti.

Questo dovrebbe essere il fronte vero dello scontro. Tutto il resto fa parte di una discussione culturale, politica e scientifica utile e necessaria, ma che non può traguardare la priorità assoluta di fermare il virus e la sua scia di morte. ◘

Redazione l'Altrapagina.it