Domenica, 10 Novembre 2024

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Jacopo Strada, un ritratto da rivedere

Arte DI Maria Sensi

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Un motivo per tornare a visitare il fiorentino Palazzo Pitti viene offerto, fino al 16 gennaio, da un ritratto di Jacopo Strada prestato dal Kunsthistorisches Museum di Vienna. Eseguito da Tiziano Vecellio, è in mostra nella Sala Bianca. Lo Strada (Mantova, circa 1515 – Vienna, 1588), antiquario, architetto, orafo, scrittore, collezionista, mercante d’arte, tra le figure culturali più energiche e poliedriche dell’Europa cinquecentesca, nacque in una famiglia nobile e si formò negli studi umanistici all’ombra del raffinato circolo culturale riunito intorno alla corte dei Gonzaga. Nel 1546 si trasferì in Germania, avviandovi una proficua attività come consulente d’arte dei maggiori collezionisti del tempo, tra i quali il banchiere Jakob Fugger, il duca di Baviera Alberto V e l’imperatore Ferdinando I d’Asburgo.

I numerosi viaggi in Italia, alla ricerca di sculture antiche, medaglie, disegni e dipinti dei maggiori maestri del Rinascimento, lo portarono in particolare a Roma e a Venezia. Nella città lagunare, nel 1567, tentò invano di acquistare la collezione del senatore Gabriele Vendramin, amico e committente di Tiziano. Risale proprio a questa occasione l’incontro col Vecellio e la realizzazione del dipinto ora esposto a Palazzo Pitti. È uno degli ultimi ritratti eseguiti dal grande maestro veneto, molte delle cui opere si possono ammirare proprio alla Galleria Palatina (ex reggia medicea) e agli Uffizi.

Tiziano interpretò in modo originale la personalità del protagonista: non lo mise in posa, ma ne rappresentò un frammento di vita. In primo piano, elegantissimo nell’abito rosso completato dal farsetto di velluto nero, dalla catena d’oro, dalla spada e dalla pelliccia appoggiata con noncuranza sulla spalla, Jacopo si è appena curvato per sollevare una statuetta di Venere dal tavolo sul quale sono appoggiati altri reperti antichi: un torso, una statua in bronzo, monete di imperatori romani. Con uno scatto volge la testa a destra, indirizzando uno sguardo deciso a interlocutori esterni alla scena. Tiziano ci fa sentire tutta la vitalità di quel movimento, sia nel contrapposto tra le braccia e il volto, sia nella fulminea intensità degli occhi azzurri.

Nella Sala Bianca il ritratto di Jacopo dialoga con una piccola Venere antica scolpita in marmo, simile a quella tenuta tra le sue mani nel dipinto. Seppur di dimensioni ridotte, essa vanta una lunga e prestigiosa storia collezionistica. Carte d’archivio testimoniano infatti la sua presenza sui palchetti della Tribuna almeno a partire dagli inizi del XVIII secolo. Di antico, la figura conserva soltanto il torso con la parte superiore delle gambe. Il frammento fu però abilmente integrato da uno scultore del XVI secolo che dette vita a un’immagine della dea Afrodite con, nella mano sinistra, il pomo che si immagina aver appena ricevuto da Paride.

Acquistato nel 1550 da Cosimo I de’ Medici e dalla moglie Eleonora di Toledo per trasformarlo nella nuova residenza granducale, Palazzo Pitti diventò ben presto il simbolo del potere consolidato dei Medici sulla Toscana. Reggia di altre due dinastie, quella degli Asburgo-Lorena (successori dei Medici dal 1737) e dei Savoia, che lo abitarono in veste di reali d’Italia dal 1865, Palazzo Pitti porta ancora il nome del suo primo proprietario, il banchiere fiorentino Luca Pitti, che alla metà del Quattrocento lo volle edificare – forse su disegno di Brunelleschi – al di là dell’Arno, ai piedi della collina di Boboli. Attualmente è sede di quattro diversi musei: il Tesoro dei Granduchi al pianterreno, la Galleria Palatina e gli Appartamenti Imperiali e Reali al piano nobile del Palazzo, la Galleria d’Arte Moderna e il Museo della Moda e del Costume al secondo piano. ◘

di Maria Sensi


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