Cinema.
Recentemente ho avuto l’occasione di rivedere Orizzonti di gloria, uno dei maggiori film antimilitaristi di tutti i tempi. Parliamo di tale film del lontano 1957.
Prima guerra mondiale, fronte occidentale. Protagonista la trincea, drammatico palcoscenico per i soldati coinvolti. Un generale, membro dello stato maggiore francese, chiede ad un suo subordinato, un ambizioso generale, il cui comando è installato in una elegante palazzina barocca, di mandare una divisione in missione suicida al fine di conquistare una posizione saldamente fortificata, considerata inespugnabile, soprannominata il “Formicaio”. In compenso potrà ottenere una promozione. Il generale, pur convinto che l’attacco si risolverà in un massacro fra le sue truppe, vede nel tentativo un’occasione di mettersi in luce come ardito comandante e decide dunque di tentare l’offensiva. Si reca personalmente nelle trincee per motivare i soldati e infondere il coraggio necessario. Dà l’ordine poi ad uno dei suoi migliori ufficiali, un colonnello, di guidare l’attacco. Nonostante il colonnello, capo dell’offensiva, si mostri contrario all’operazione, giudicando l’impresa una vera e propria follia, obbedisce a malincuore al categorico ordine ricevuto. Naturalmente come previsto l’attacco si rivelerà un grosso fallimento. La reazione tedesca fa un ampio vuoto nelle schiere francesi e nessuno riesce a superare più della metà dello spazio che separa le due linee, con lo strascico inevitabile di migliaia di morti. Il generale, che assiste da un lontano osservatorio al fallimento dell’attacco, va su tutte le furie e ordina all’artiglieria di sparare sulle proprie linee francesi per costringere gli uomini ad uscire dalle trincee. Siccome l’ordine non viene eseguito, decide di punire esemplarmente quegli uomini, che definisce “vigliacchi”, facendone fucilare tre, scelti a caso. I tre sono: un caporale, scelto perché il suo ufficiale comandante desidera impedirgli di testimoniare sulle sue azioni nella missione di ricognizione. Poi un soldato semplice, scelto dal suo ufficiale comandante perché ritenuto “socialmente indesiderabile”. Infine un secondo soldato semplice estratto a sorte nonostante abbia ricevuto in precedenza due menzioni per eroismo. Il colonnello, che prima della guerra è stato un valente avvocato penalista, si offre volontario per difendere tali uomini. Il processo si rivela una farsa. Non vi è alcuna accusa scritta formale, non è presente uno stenografo e la corte si rifiuta di ammettere prove a sostegno dell’assoluzione. Nella sua dichiarazione conclusiva, il colonnello denuncia il processo: “Signori della Corte, dichiarandoli colpevoli commettereste un delitto che vi ossessionerebbe fino alla fine dei vostri giorni”. Nonostante la sua valente difesa i tre verranno accusati di codardia e fucilati.
Una volta tornato in prima linea, il colonnello è attratto da suoni provenienti da un’osteria piena di soldati. Avvicinandosi scorge al di là dei vetri l’oste che su un palco mostra a dei militari ubriachi una giovane tedesca spaventata. Quando la giovane intona un canto triste i soldati fanno silenzio ed ascoltano e quindi ripetono commossi le parole della canzone.
Per quanto riguarda il colonnello, rimarrà sempre un idealista, che conserverà l’umanità necessaria ad anteporre la vita dei suoi sottoposti alle glorie della carriera militare.
Il film è – inutile dirlo – un capolavoro. Da citare – fra l’altro – una grande lezione di stile: il lungo carrello arretrante che precede il generale in visita alla trincea per incitare le truppe. Per ottenere l’effetto di realtà, infine, l’ambiente di guerra è ricostruito con grande meticolosità, tanto che si merita gli elogi di Winston Churchill per quanto riguarda la sua verosimiglianza. Tratto dal romanzo di Humphrey Cobb, diretto da Stanley Kubrick (che ha al suo attivo altri film antimilitaristi del calibro di Full Metal Jacket) si ispira ai processi e alle fucilazioni verificatisi in diverse occasioni sul fronte francese durante il primo conflitto mondiale. Un film antimilitarista per eccellenza come dicevamo all’inizio, un film che mostra con grande realismo e immediatezza la crudele inutilità della guerra e la contrapposizione di classe tra ufficiali – signori della guerra – e soldati, semplice carne da cannone. Girato in Germania dal momento che i Francesi rifiutano il permesso di girarlo in Francia, al suo apparire suscita, come tutti i capolavori, consensi entusiasti e roventi polemiche. In Francia viene posto fuori legge dalla censura (esce solo nel 1975) perché viene considerato un oltraggio alla politica della grandeur francese. Negli Stati Uniti esce grazie al fatto che vi è un divo come Kirk Douglas. Nella realtà mostra solo una delle tante nefandezze perpetrate durante la prima guerra mondiale contro i soldati semplici. ◘
di Pietro Mencarelli