Arte di Maria Sensi.
Dedichiamoci all’archeologia, iniziando dai Musei Capitolini (Villa Caffarelli) dove, fino al 9 gennaio, sono esposti i “Marmi Torlonia”, appartenenti all’omonima famiglia patrizia, proprietaria di una delle più importanti raccolte d’arte classica al mondo. Sono in mostra oltre 90 capolavori della statuaria classica tra i 620 appartenenti alla collezione, che è oltremodo significativa per gli studi artistici e archeologici relativi a scavi, restauro e museografia. L’esposizione, articolata come un racconto, presenta cinque sezioni in un percorso a ritroso che inizia con l’evocazione del Museo Torlonia (sala 1), inaugurato nel 1875 dal principe Alessandro Torlonia (l’imponente catalogo del 1884–5 è in mostra nella sala 14). Il primo nucleo di opere risale agli inizi dell’Ottocento, quando i Torlonia acquistano all’asta la collezione di Bartolomeo Cavaceppi, parzialmente in mostra (sale 3-5).
A seguire, l’acquisita raccolta Giustiniani (in mostra nelle sale 6-9, dove spicca la celebre Hestia), il cosidetto Eutidemo di Battriana e la straordinaria serie di busti imperiali e ritratti. Nell’Ottocento i rinvenimenti archeologici nelle proprietà suburbane della famiglia spesso coincidono con residenze di età imperiale (le tenute di Roma Vecchia sulla via Latina e della Caffarella, le Ville dei Quintili, dei Sette Bassi e di Massenzio, ecc.). Tutte queste attività emergono nella sala 2, insieme alla documentazione sui resti della villa di Erode Attico (filosofo e mecenate greco del II secolo d.C.) che vi aveva esposto preziose sculture importate da Atene. Negli altri latifondi acquistati dai Torlonia (a Porto, in Sabina, nella Tuscia) ebbero luogo scavi fortunati, fra i quali risaltano quelli del Portus Augusti, il principale sbocco a mare di Roma in età imperiale, e quelli dell’antica Cures (Fara Sabina), da dove proviene il bronzo di Germanico qui esposto.
Nelle sale 10-13 vengono presentate sculture documentate in collezioni dei secoli XV–XVI. La mostra sfocia nell’Esedra dei Musei Capitolini, con le statue in bronzo che papa Sisto IV donò al popolo romano nel 1471. Il motivo? Il collezionismo nacque dopo il ritorno dei Papi da Avignone e la fine dello Scisma d’Occidente. Molti vollero affermare di discendere dai Romani antichi e le sculture trasportate nelle case valsero come equivalente visivo della loro “romanità naturale”. A quell’incipiente collezionismo Sisto IV rispose con un gesto di calcolata generosità sovrana, ponendo in Campidoglio i bronzi raccolti nel Medioevo al Laterano.
Continuiamo. Sul Campidoglio, un progetto espositivo multimediale - “L’eredità di Cesare e la conquista del tempo” (fino al 31 dicembre) - racconta le vicende e i protagonisti della storia di Roma antica attraverso i Fasti Capitolini. Questi calendari incisi nel marmo sono esposti dalla metà del ’500, su disegno di Michelangelo, sulla parete di fondo della Sala della Lupa, un tempo Sala dei Fasti antichi, nell’appartamento dei Conservatori, parte del complesso dei Musei Capitolini.
Tra le righe scolpite nel marmo è narrata la storia di Roma. Attraverso il videomapping, la grafica e un commento sonoro, l’esposizione vuol offrire gli strumenti per rintracciare sulla parete elementi che, seppure presenti all’interno del proprio bagaglio conoscitivo sulla storia di Roma, non ci si aspetta di ritrovare in tale sede e sotto tali forme. È una proposta per approfondire la storia di Roma, dalla sua fondazione (753 a.C.) alla fine dell’età repubblicana e agli albori dell’età imperiale (31 a.C.).
In ultimo, spostiamoci alla neroniana Domus Aurea, che nella Sala Ottagona ospita la mostra immersiva “Raffaello e la Domus Aurea. L’invenzione delle grottesche”, pensata per le celebrazioni del cinquecentenario della morte del Sanzio (fino al 7 gennaio). È dedicata alla riscoperta della pittura antica, sepolta nelle “grotte” delle rovine dimenticate dell’immenso palazzo imperiale. ◘
di Maria Sensi