URBANISTICA.
Il quartiere Riosecco negli ultimi decenni è cresciuto fino a saldarsi completamente con la città. Se fino a circa 50 anni fa era considerato una frazione del centro, oggi ne è diventato l’immediata periferia. I suoi problemi sono principalmente due: trovarsi a ovest la Zona industriale, sorta negli anni Sessanta, e a est il nuovo quartiere Ecologico, cresciuto negli ultimi decenni. Preso a tenaglia tra le due realtà, il traffico è diventato il suo problema dominante, la via crucis che si rinnova ogni giorno all’uscita e all’entrata delle fabbriche, mentre sulla statale Tiberina 3bis è permanente. Gran parte di esso scorre lungo viale Morandi, il resto confluisce all’interno del quartiere Ecologico, incanalandosi lungo l’unica arteria che congiunge questo nuovo agglomerato urbano col quartiere Graticole. Una via in mezzo al nulla, sguarnita di pista ciclabile e di marciapiede, realtà di cui avverte la mancanza, e la pericolosità, lo sprovveduto pedone o ciclista che si avventuri su quella strada. Ultimamente la situazione ha allertato ancora di più gli abitanti della zona perché si ritorna a parlare di nuova Coop o Ipercoop che dovrebbe sorgere tra i due quartieri, cosa che si tradurrebbe in una ulteriore crecita di traffico, oltre ad altri innumerevoli problemi che ne deriverebbero. Questo giornale ne aveva già parlato nel 2013, portando a conoscenza dell’opinione pubblica l’acquisto da parte di Coop Italia Centrale di 5 ettari di terreno agricolo situato tra i rioni Graticole ed Ecologico, tanto che basterebbe rileggersi quello che scrivemmo allora per comprendere i fatti. Ma poiché le cose sono andate avanti, conviene riprendere il problema là dove lo avevamo lasciato.
In quel 2013, infatti, alcuni dirigenti della Coop si presentarono all’allora Sindaco Bacchetta senza fare menzione delle loro intenzioni: «…mica mi hanno detto che compravano quei terreni», aveva dichiarato a noi in una intervista. E aveva aggiunto: «L’Amministrazione comunale non è tenuta a essere a conoscenza di questa operazione».
L’operazione di cui chiedemmo conto al primo cittadino riguardava appunto l’acquisto di 5 ettari di terreno agricolo per costruire un’area di servizi di 12/13 mila metri quadrati, un parco commerciale collocato vicino alle principali vie di comunicazione e tangenziali della città. Ma una cosa è non essere tenuti a sapere, altra cosa è sapere. E il primo cittadino non poteva non sapere quali fossero le intenzioni progettuali di Coop su Città di Castello, perché la stessa, già nel 2011, nella fase partecipativa propedeutica al nuovo Piano regolatore, aveva manifestato, con lettera protocollata, il suo interesse a trovare un’area di circa 7 ettari idonea a collocare un parco commerciale… e il 20 giugno 2013 aveva presentato un’altra istanza al Comune per chiedere il cambiamento di destinazione d’uso dell’area interessata, in commerciale, senza che nessuno avesse eccepito: «Guardate che questa cosa non ci interessa; non corrisponde alle linee di indirizzo del Prg; non vogliamo cementificare ulteriormente il territorio; non ci interessano altre cattedrali commerciali che finirebbero per svuotare ulteriormente il centro storico».
Mancando il dissenso “politico” chiaramente espresso, per l’assenza di una visione di ciò che si voleva che la città fosse o diventasse, l’andamento delle cose era segnato. Nulla di scritto, nulla di detto, insomma un gioco delle tre carte. È proprio per questo che, poi, gli attori di questa vicenda, singolarmente intervistati da l’altrapagina, ebbero buon gioco per dimostrare che avevano entrambi le mani libere. Addirittura il responsabile di Coop, Giorgio Raggi, parlò di alea imprenditoriale, di rischio d’impresa quando si fa un investimento, che in questo caso era talmente calcolato, che difficilmente avrebbe potuto considerarsi un rischio. È difficile infatti credere che si investa oltre un milione di euro tanto per vedere l’effetto che fa, per provarci; una puntata alla roulette: o la va o la spacca, come si dice in gergo popolare. E anche il primo cittadino Bacchetta, affermò: «È un affare tra privati. Noi non c’entriamo nulla. Sarà il Consiglio comunale a decidere». Quindi entrambi avevano lavato le mani pubblicamente per dire che tutto era in ordine, ognuno aveva esercitato le proprie prerogative e i propri diritti e così andavano le cose: nessuno aveva chiesto garanzie, nessuno aveva dato garanzie, però del progetto avevano parlato sia con gli amministratori che con i tecnici.
Coop acquistò i cinque ettari di terreno agricolo a 28,62 euro a metro quadrato, prezzo maggiorato rispetto ai prezzi correnti di mercato di allora, ma molto inferiore a quello di un terreno già edificabile. L’investimento fu di 1,4 milioni di euro. “Una bella speculazione” sentenziò all’epoca il consigliere comunale Luciano Tavernelli… E per questo chiedemmo a Coop come facesse a essere sicura che quel terreno sarebbe stato convertito in commerciale e se non ritenesse che in questo modo avrebbe precostituito rapporti di forza che tendono a orientare l’azione amministrativa, creando disparità tra i cittadini. «È una domanda la cui comprensione mi resta difficile…» rispose a l’altrapagina Giorgio Raggi. E aveva ragione, era tutto chiaro: fuori luogo non era la risposta, ma la domanda.
Da tempo era in ballo la variante generale al Prg, ed era lì che si dovevano fare i giochi che poi furono fatti. Lo scoglio da superare era il cambiamento di destinazione d’uso di un terreno classificato agricolo in commerciale, che non sarebbe stato possibile fare con una variante, perché il nuovo Prg nasceva proprio per evitare l’abuso di varianti fatto in precedenza, causa dello snaturamento dello strumento urbanistico generale e dello sviluppo della città. Ma erano state inserite le Zauni (Zone agricole utilizzabili per nuovi insediamenti), che è come dire: se non è pappa è pan bagnato. E per questo, mentre gli amministratori vaticinavano di un Prg che avrebbe garantito ai cittadini la fruibilità di più spazi all’aperto e aria pura, Coop chiedeva di realizzare un parco commerciale di 12/13 mila metri quadrati di da cementificare con ulteriori parcheggi, in ossequio alla salubrità dell’aria e degli spazi verdi.
La cosa tuttavia non ha camminato sul velluto. Dopo l’approvazione del Piano Strutturale del nuovo Prg si passò alla Parte Operativa. Coop, come altri portatori di interessi, presentò la sua osservazione con allegato progetto. Ma l’elaborato fu bocciato dalla Commissione urbanistica preposta (presidente Luciano Tavernelli) perché l’estensione dei negozi commerciali non alimentari avrebbe esercitato una forte concorrenza a quelli del centro storico, favorendo un ulteriore esodo di attività verso la periferia. Cosa che determinò diversi attriti tra Coop e Amministrazione comunale. Ma le cose, come sempre avviene, non stanno ferme e tutte le strade portano a Roma. E quelle della politica prima o poi arrivano in porto. Infatti pare che attualmente si stia lavorando a una revisione progettuale per far passare il cammello attraverso la cruna dell’ago. ◘
Di Antonio Guerrini