DOSSIER - Nucleare? No grazie!
C’ è voluto un giornalismo d'inchiesta per sapere quale fine abbiano fatto le scorie radioattive delle quattro centrali atomiche italiane. Una cosa è certa, non stanno ferme e possono inquinare le falde acquifere creando un disastro irrimediabile.
Lo ha previsto Carlo Rubbia già nel 2001, che aveva invitato il governo dell’epoca a sistemare le scorie perché non diventassero un pericolo pubblico.
Con l'atavica pigrizia che ci contraddistingue, la Sogin, una impresa pubblica dedicata allo smaltimento, non ha trovato di meglio di subappaltare il lavoro a una impresa di pulizie, dopo aver incassato 7 miliardi di euro. Sembra un episodio incredibile, quanto le esternazioni del ministro Cingolani di ritornare al nucleare.
I fisici che se ne intendono sanno che il nucleare è vecchio come il cucco ed è sempre rischioso. Le tragedie di Chernobyl e Fukushima ci ricordano che il plutonio dura 140.000 anni e non siamo riusciti a seppellirne le scorie. A Fukushima i giapponesi raffreddano il reattore con acqua del mare, creando un disastro ambientale che si spinge fino alle coste del Cile e della California.
C’è una completa incompatibilità tra i tempi biologici della vita e la durata delle scorie radioattive. Forse ha ragione un dirigente tedesco che ha dichiarato: “il nucleare è un business morto, la Germania non tornerà indietro”. Bisognerebbe ricordare al ministro Cingolani che equiparare gas e nucleare con le fonti rinnovabili è un atteggiamento scellerato che non tiene conto delle nuove generazioni. Ma i tecnocrati puntano al profitto e dell’etica non ne percepiscono nemmeno l’orizzonte.
di Achille Rossi