Pasolini e le ceneri di Gramsci

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Rubrica: e sia poesia A cura di GIO2. POESIA DELL'ESPERIENZA.

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Cento anni fa, Il 5 marzo 2022, nasceva a Casarza Pier Paolo Pasolini. Ricorrenza fondamentale per tornare al grande intellettuale italiano. Il torto più grande in questo “Centenario” sarebbe quello di fare di questo poeta, saggista, scrittore e artista un “santino” senza tentare di far tesoro del suo pensiero, delle sue domande, dei suoi dubbi così necessari nel tempo che ci è dato di vivere.

“Gramsci è sepolto in una piccola tomba del Cimitero degli Inglesi, tra Porta San Paolo e Testaccio, non lontano dalla tomba di Shelley. Sul cippo si leggono solo le parole: ‘Cinera Gramsci’, con le date” (Pier Paolo Pasolini)

Pasolini è un gigante che obbliga a pensare; la potenza delle sue idee, la forza con la quale dichiarava i suoi convincimenti, la passione e la tenacia con la quale manifestava il suo pensiero seminavano dubbi, costringevano e tuttora costringono a discutere. Oggi, in Italia, dove lo trovi un intellettuale con la sua capacità di vedere cose che gli altri non vedono; che dica senza timore ciò che pensa; che abbia la sua volontà di dare voce ai pensieri di chi è messo fuori dalla Storia? Chi lotta con la sua stessa tenacia contro l’omologazione e dice a voce spiegata che corrisponde alla perdita dell’identità culturale e personale? E chi è contemporaneamente poeta, narratore, saggista e regista svolgendo queste attività senza mai rinnegare il suo modo di esistere, di pensare e di esprimersi?

Pasolini, un gigante che non ci siamo meritati. Tutti pronti dopo la sua morte a giudicarlo, divisi tra chi vuole beatificarlo accaparrandoselo senza approfondire il suo pensiero, senza osservare il mondo dalle finestre che lui ha aperto; e spicci liquidatori che vorrebbero sbarazzarsene, spaventati da quello che diceva, da quello che faceva vedere, da quello che era. Gli uni e gli altri uniti nel creare il personaggio “Pasolini”, oscurandone così il genio e condizionandone la lettura.

Gli anni ‘50 dal punto di vista letterario sono i più intensi di Pasolini: escono Ragazzi di vita (per il quale fu processato), Una vita violenta e Le ceneri di Gramsci. E siccome Pasolini ha detto che “non soltanto si lavora in poesia, ma si vive in poesia” sforziamoci di capire qualche cosa di lui a partire da Le ceneri di Gramsci. Pubblicata nel 1957, questa raccolta di undici poemetti è il punto più alto della poesia pasoliniana. Un volo radente sulla cultura, la Storia, il paesaggio italiano nel quale si profila la visione pasoliniana di popolo, comincia a definirsi e a caricarsi di preciso significato politico, un pensiero del quale Pasolini si farà garante, divulgatore e testimone oggettivo. È un’opera di impegno civile in cui il poeta espone in tutta la loro drammaticità le contraddizioni, consapevolmente vissute, del proprio pensiero: «Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro di te». Per Pasolini la distinzione di classe non era soltanto materialistica, stabilita dai rapporti di produzione, c’era anche una differenza antropologica e in questa raccolta c’è il confronto irrisolto tra ideologia e passione, tra il materialismo storico marxiano e il popolo visto nel suo essere istinto e passione.

Le ceneri di Gramsci è il poemetto centrale della raccolta cui dà il nome. In esso tutto ruota intorno al Cimitero degli Inglesi detto “acattolico”, nel quartiere romano allora popolare, del Testaccio. E si nota subito il contrasto tra il battere delle incudini che sale dal quartiere e il silenzio del laico cimitero in cui è sepolto – emarginato, esiliato anche da morto – Gramsci. Dietro o in Gramsci s’individua la funzione attiva, rivoluzionaria, dell’ideologia marxista; le sue ragioni sono vere, ma per Pasolini fredde come il cimitero, mentre la vita del sottoproletariato “testaccino”, pur se impura, è più calda. Gramsci rappresenta la dimensione storica, la coscienza proletaria con la quale il poeta si confronta: Pasolini ritiene che non sia portatrice di progresso, che vede, invece, nella natura e vitalità prorompente del popolo la cui forza primitiva assume una valenza quasi religiosa. A un certo punto scrive del capo comunista: “non padre, ma umile fratello”. Fratello come Guido, partigiano di Giustizia e libertà nella Brigata Osoppo, ammazzato da partigiani delle Brigate Garibaldi che combattevano con i “titini”. Gramsci indifeso e solitario come Guido, che come Guido ebbe nemici nel suo campo: «non padre, ma umile / fratello – già con la tua magra mano / delineavi l’ideale che illumina / (ma non per noi: tu morto, e noi / morti ugualmente, con te, nell’umido / giardino) questo silenzio. Non puoi, / lo vedi?, che riposare in questo sito / estraneo, ancora confinato.

Gramsci viene più volte preso, ripreso e abbandonato, quasi a testimoniare la difficoltà di una sua precisa definizione. Il centro delle Ceneri, invece, è la figura del poeta. Come se Pasolini, centrando lo sguardo su di sé, trovi la forza di confrontarsi con la storia ed il pensiero di Antonio Gramsci: Lo scandalo del contraddirmi, dell’essere / con te e contro di te; con te nel cuore, / in luce, contro te nelle buie viscere. A pochi metri dal cimitero un’altra vita alla quale Gramsci e il Partito Comunista hanno sbagliato a non dare importanza, un mondo “altro”, sottoproletario e subalterno, con il quale Pasolini sente di avere un legame psicologico e ideologico che descrive con commossa partecipazione e intensità: una “collettiva presenza” verso la quale se ne va: «Me ne vado, ti lascio nella sera”. Consapevole del fatto che, come ebbe modo di scrivere, «Soltanto solo, sperduto, muto, a piedi riesco a riconoscere le cose». Lascia il cimitero e Gramsci con una domanda, un dubbio: «potrò mai più con pura passione operare, / se so che la nostra storia è finita?».

Paolo e Testaccio, non lontano dalla tomba di Shelley. Sul cippo si leggono solo le parole: ‘Cinera Gramsci’, con le date” (Pier Paolo Pasolini) ◘

di Vanni Capoccia