Rubrica di Maria Sensi.
In questo mese di marzo molte sono le mostre interessanti da visitare nel capoluogo lombardo. Una (Palazzo Reale, fino al 5 giugno) è dedicata all’immagine della donna nel Cinquecento nella pittura di Tiziano, Giorgione, Lotto, Palma il Vecchio, Veronese e Tintoretto. Partendo dal ritratto realistico di donne appartenenti a diverse classi sociali, si passa a quello idealizzato delle cosidette “belle veneziane”, poi a eroine e sante, fino alle divinità del mito e alle allegorie. Nel Cinquecento, a Venezia, le donne - che non potevano accedere alla vita politica e finanziaria - rivestivano comunque un ruolo importante nell’immagine legata al cerimoniale della potente Repubblica. Le vedove potevano continuare a disporre della propria dote e distribuirla tra i figli. Moderata Fonte, con il dialogo “Il merito delle donne”, e Lucrezia Marinella, con il discorso su “La nobiltá et l’eccellenza delle donne”, iniziarono a contestare la superiorità dell’uomo. Le cortigiane, la cui vita non era certo da invidiare, erano spesso donne colte; alcune diventarono famose per i loro scritti, come ad esempio Veronica Franco (che, fra l’altro, in una lettera ringraziò Tintoretto per averla ritratta).
Sempre dedicata alle donne, e ancora negli spazi di Palazzo Reale, è visibile una mostra fotografica che ritrae le direttrici di vari musei italiani, promossa dalla fondazione Bracco per sostenere le attività femminili in tutti i campi, da quello scientifico a quello artistico.
Fino al 26 giugno lo scrigno di Palazzo Reale disvela anche una mostra dello spagnolo Joaquín Sorolla (1863-1923), attivo durante la Belle Époque, particolarmente apprezzato per il suo talento di ritrattista e per gli straordinari effetti di luce dei suoi dipinti, che rielaborano in maniera personale la lezione impressionista appresa durante i soggiorni parigini. Non mancano quadri rappresentanti il folclore e i costumi iberici, produzione che raggiunse l’apice nei pannelli creati per la Hispanic Society of America (New York, 1913-19).
Fino al 31 marzo, al Museo del Novecento, una retrospettiva indaga le ricerche di Mario Sironi (1885-1961) che, influenzato da Boccioni, si avvicinò al Futurismo, dedicandosi allo studio del rapporto tra spazio-volume e del colore e a una nuova sperimentazione tecnica. Noto per i paesaggi urbani e le vedute cittadine (in cui è evidente il rapporto tra Milano e la sua periferia), negli anni ´20 Sironi si avvicinò alla metafisica di Carrà e De Chirico, dandone un’interpretazione molto personale. I paesaggi riflettono infatti la sua angoscia e il suo disagio esistenziale.
Per “risollevare lo spirito”, niente di meglio della mostra (fino al 27 marzo alle Gallerie d’Italia, in Piazza della Scala) sul Grand Tour (che interessò l’Italia tra Sei e Ottocento), viaggio itinerante considerato occasione di formazione culturale e segno distintivo di un’elevata classe sociale. Tanti, tra cui Goethe e Stendhal, apprezzarono la penisola per le sue peculiarità: Venezia per il paesaggio lagunare, Firenze per le testimonianze rinascimentali, Roma per le antiche vestigia, la Sicilia ricca di storia millenaria.
Infine, tappa al Mudec dove, fino al 27 marzo, si svolge una mostra di Piet Mondrian (1872-1944), in cui si può seguire la sua evoluzione da una pittura figurativa fino all’astrattismo e la fase più nota della sua produzione, il Neoplasticismo. Sempre al Mudec, dal 16 marzo al 31 luglio è visibile un’esposizione di Marc Chagall che, tramite disegni, olii, gouache, litografie, acqueforti, acquerelli e materiali documentari, ricostruisce la carriera e la travagliata biografia dell’artista nato nel 1887 a Vitebsk (attuale Bielorussia). Durante la sua vita, nonostante guerre, lutti personali, rivoluzioni artistiche e politiche, Chagall (deceduto in Francia nel 1985), riuscì a creare un linguaggio originale, fantastico e poetico, fondendo nella propria opera tutte le culture con cui entrò in contatto. Un linguaggio universale che, ancora oggi, parla a tutti. ◘
di Maria Sensi