Venerdì, 04 Ottobre 2024

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Diario di viaggio a Mostar

A seguito del dossier del mese di marzo dedicato ai 30 anni dalla guerra nella ex Jugoslavia, riceviamo questa lettera che volentieri pubblichiamo.

silvia romano2

Durante l’autunno scorso, proprio nelle settimane in cui stavo seguendo il corso universitario di Storia dell’Europa orientale, ho visitato mia sorella che studia nel Collegio del Mondo Unito di Mostar. Armato dei miei pregiudizi da giovane occidentale ero eccitato di visitare per la prima volta un paese di cui avevo sentito così tanto parlare e mi sentivo come un etnografo ottocentesco di fronte alla prospettiva di viaggiare verso qualche isola sperduta e utopicamente primitiva. La realtà si è rivelata ben diversa. La stupefacente bellezza di quel «sospiro blu chiamato Neretva», la soggezione provata al cospetto dello Stari Most da cui la città prende il suo nome, i palazzi ristrutturati e colorati affiancati da ruderi coperti di fori di pallottole, o divenuti base di magnifici murales, hanno prodotto in me un effetto di immenso rispetto e ammirazione per le persone conosciute durante il viaggio. Nello squallore della stazione principale di Sarajevo, un signore dal sorriso gentilissimo che non parlava una parola di inglese mi ha consegnato un biglietto scritto a mano. Adnan, il bosgnacco musulmano che mi ha ospitato, ha riempito le mie colazioni di racconti sulla guerra che ho ascoltato in uno stato di shock. Il gioviale autista Benjamin mi ha parlato della sua esperienza durante l’assedio di Sarajevo, e mi ha guidato a visitare il tunnel con il quale veniva rifornita la Sarajevo assediata dei primi anni Novanta. Tutto questo, in fase di preparazione di un esame di Storia, ha reso la lettura delle sezioni del manuale sull’affascinante esperimento alternativo titoista e sulla catastrofe jugoslava particolarmente struggente. Da ogni paragrafo balenavano nella mia mente le ricche esperienze vissute in quella parte del mondo di cui stavo studiando il trauma assoluto. Questa casuale congiuntura mi ha portato ad apprezzare immensamente il percorso fatto nella preparazione di uno dei tanti esami del mio percorso di storico e a desiderare ardentemente di approfondire la conoscenza di un mondo, superficialmente così diverso, ma in profondità così simile al nostro, perché abitato da esseri umani e non da cifre di morti, vittime di una guerra che ancora fatico a comprendere.

di Simone O’Farrell


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