Venerdì, 29 Marzo 2024

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Dante ed Enea

CULTURA. La Commedia e l'Eneide.

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In biblioteca, mentre curiosavo tra gli scaffali, ha attirato la mia attenzione il titolo Enea lo straniero. Le origini di Roma: un bel libro scritto con garbo e sapienza da Giulio Guidorizzi, illustre classicista. Come invito alla lettura i versi di Allen Tate: “Issai il vecchio, mio padre, sulle spalle/ e nel fumo mi feci strada verso il mare/ e un mondo nuovo, portando in salvo poco:/ una mente imperitura – se mai tale è il tempo –/ e l’amore del passato, evanescente/come l’indugiare di un amore moribondo. (Allen Tate, Aeneas at Washington). Versi quanto mai suggestivi e meritevoli di approfondimento.

Comincia il racconto, con sullo sfondo lo scenario di Troia incendiata e cumuli di rovine: “I sopravvissuti si radunarono in uno spiazzo sul monte. Tutti scrutavano Enea. Anchise era seduto su un ceppo di legno, con la testa coperta da un lembo del mantello. Regnava un grande silenzio; nessuno piangeva. Enea iniziò  a parlare: – Ora non abbiamo più   niente, siamo profughi senza più  una patria. Ma qualcosa ci è  rimasto: i nostri Penati e la nostra memoria. Ripartiremo da lì  – (G. Guidorizzi, Enea lo straniero. Le origini di Roma, Einaudi, 2020, p. 27). Il passo è  tratto dal Prologo: seguono i capitoli Penates. La notte in cui Troia fu presa; Pater. Stranieri si è  sempre; Fatum. Un amore; Sacer. Il re del bosco; Manes. Il prato degli asfodeli; Humilis Italia. La gente del fiume e del bosco; Gens Una sumus. Un popolo solo; Epilogo.

Dalla storia di Enea, l’esule ed eroe, mi viene suggerita con forza l’associazione con Dante, anche lui esule ed eroe. Enea e Dante: a tenerli insieme è Virgilio, il grande poeta dell’età augustea, che ha creato l’Eneide. Come scrive Andrea Marcolongo “si scrive Divina Commedia, si legge Eneide” (A. Marcolongo, La lezione di Enea, Ed. Laterza, 2020, p. 179). Riscoprire o scoprire l’Eneide senza cui non avremmo la Commedia dantesca diventa un percorso indispensabile e ineludibile. Certo Enea non è Ulisse, non ha una Penelope che lo aspetti…, ha Didone e Didone non è  Calipso, non è  Circe! Insomma i personaggi dell’Eneide sono “umani”. Così anche i personaggi di Dante sono uomini  e donne  in perenne bilico tra inferno e paradiso, tra demoni e angeli. Tanti hanno scritto e parlato di Dante e della Commedia e tanti altri continueranno a farlo, in occasione dei 700 anni dalla morte, avvenuta nella notte tra 13 e 14 settembre 1321 a Ravenna. In quell’anno 1321 Dante aveva finito di comporre la sua Commedia! E così ho ripreso in mano il primo canto dell’Inferno, in cui Dante si raffigura come nuovo Enea, canto che io credo sia depositato nella memoria di ognuno con la sua drammaticità  e gli infiniti spunti di riflessione. Da rileggere i versi 61-90 e in particolare: “O de li altri poeti onore e lume,/ vagliami il lungo studio e ‘l grande amore/ che m’ha fatto cercar lo tuo volume./ Tu se’ lo mio maestro e ‘l mio autore,/ tu se’ solo colui da cu’ io tolsi/ lo bello stilo che m’ha fatto onore”. Solo Virgilio può essere la sua guida in questo viaggio che attraversa le dimensioni spazio-tempo. Quanti germi di idee presenti nell’Eneide sono assunti e sviluppati da Dante, nella rilettura della Storia antica e della poesia classica! Da qui la necessità  per noi lettori  di oggi di riscoprire o scoprire l’Eneide, senza cui non avremmo la Commedia dantesca. È un percorso indispensabile e ineludibile: la forza di ispirazione  che si sprigiona dalla poesia virgiliana attraversa i secoli per arrivare a Dante, che ce l’ha tramandata attraverso il filtro della sua forte personalità e della sua complessa e vastissima cultura, capace di collegare antico e moderno, nel crogiuolo dell’esperienza vissuta. L’esperienza  dell’esilio, della solitudine, dell’errare di luogo in luogo alla ricerca di aiuto e ricovero, dell’impegno a capire il proprio tempo e la Storia. Soprattutto l’esperienza dell’ “umano”, guidata dalla ricerca del soprannaturale. Virgilio, che si era presentato con queste parole al poeta fiorentino: “Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol di Anchise che venne di Troia,/ poi che ‘l superbo Ilion fu combusto” (Inf., I, vv. 73-75) e che dopo averlo aiutato a superare esitazione e timore, l’avrebbe incoraggiato: “Qui si convien lasciar ogni sospetto;/ ogne viltà convien che qui sia morta./ Noi siam venuti al loco ov’i’t’ho detto/ che tu vedrai le genti dolorose/ c’hanno perduto il ben de l’intelletto./ E poi che la sua mano a la mia puose/ con lieto volto, ond’io mi confortai,/ mi mise dentro a le segrete cose” (Inf., III, vv.14-21). Nell’Eneide esiste l’Italia, prima ancora che Roma, e per la sua posizione geografica, che la definisce come un ponte sul Mediterraneo tra Europa,  Asia e Africa,  non ha una compattezza etnica, ma nasce come insieme di popoli e la sua caratteristica è quella di essere realtà  composita, sua debolezza e sua ricchezza. E Dante  ci parla di Italia, il Bel Paese dove il sì suona, cioè  un ideale di patria dove la lingua mescola e unifica tutti i linguaggi, senza peraltro cancellarli. Virgilio e Dante, l’Eneide e la Commedia: abbiamo bisogno del pensiero e della parola poetica dei “maestri” per poter proseguire la nostra Storia e consegnarla ai secoli futuri. ◘

di Rossella Mercati


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