Giovedì, 28 Marzo 2024

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La propaganda di guerra e politica

Intervento di MICHELE MARTELLI, docente, politologo.

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La propaganda di guerra si è scatenata. A est come a ovest. La prima vittima è la verità. La «verità di fatto». Che, come diceva il filosofo Leibniz nella sua Monadologie, §§ 31-34, riguarda la sfera dei «contingenti», di ciò che accade, di ciò che è, ma potrebbe non essere o essere altrimenti; ma se è o accade, c’è una «ragion sufficiente» perché è o accade così e non altrimenti, ed è questa «ragione» che va indagata, per quanto talvolta oscura. La propaganda di guerra, soprattutto oggi, in cui la guerra è ibrida, distorce i fatti, li nasconde o sopprime, o li sostituisce con «immagini» false, mutilando o rovesciando di senso lo stesso linguaggio, abolendo ogni criterio empirico di distinzione tra vero e falso. Si tratta della «defattualizzazione» (Hannah Arendt) della realtà empirica: un fatto, poiché contingente, poteva non accadere, quindi per il propagandista di guerra non è accaduto, o è accaduto diversamente da come accertato o accertabile. La «ragion sufficiente» è buona per ogni pseudo-giustificazione, per ogni invenzione, menzogna o mistificazione.

Per Putin, orwellianamente, «la guerra è pace». Ha abolito la parola «guerra», chi la pronuncia o scrive, nelle scuole, nelle piazze reali o virtuali, è punibile col carcere; si chè i pacifisti russi, per aggirare la repressione, manifestano con cartelli e striscioni senza scritte. Il despota del Cremlino ha tentato di giustificare la guerra di aggressione all’Ucraina con espressioni tipo «peacekeeping», «operazione speciale o militare», «regime change». Parole, va detto, mutuate dalla politica estera Usa, dilagata nel «secolo americano» in ogni angolo del mondo, dal Nicaragua, all’Argentina, al Cile, all’Indonesia, alla Somalia, all’Iraq, all’Afghanistan, alla Serbia. Questa politica è intervenuta anche in Ucraina, nel 2014-2015. Joe Biden, allora vice di Obama, era a Kiev dopo i fatti di sangue dell’EuroMaidan, che portò al colpo di Stato antirusso. Che ci faceva? Il turista americano a zonzo per la città? Qual era la «ragion sufficiente» della sua presenza proprio lì e proprio allora? Risulta che abbia fatto comizi anche nel Donbass, dove le organizzazioni paramilitari neo-nazi aggredivano i russofoni. Un’indagine fattuale andrebbe fatta. O no?

Per l’Ue, la Nato e gli Usa, orwellianamente, «la pace è guerra». Si dice di voler la pace, ma si prepara la guerra, anzi la si fa, per procura, per interposta Ucraina, con l’invio di mercenari e armi – che ne l’«Avvenire» Letta nel colmo dell’ipocrisia ha ridicolmente definito «non letali», dimenticando che perfino la fionda di Davide ha ucciso Golia –, con le sanzioni economiche e finanziarie, e infine con l’(ab)uso propagandistico della Storia. Putin, facendo leva sulla «Guerra patriottica antinazista» del 1941-1945, ha sventolato la bandiera della «denazificazione» dell’Ucraina. Se l’Ucraina è nazista, l’aggressione diventa «guerra di liberazione», e il gioco è fatto. Zelensky ha rovesciato la narrazione: certo, quella dell’Ucraina, comunque si giudichi il suo Governo, è una guerra di resistenza e liberazione dall’aggressore, ma egli ha parlato di «nazismo» russo, fino a paragonare la situazione del suo Paese all’Olocausto ebraico. Dove è la «verità di fatto»? In ambedue i casi c’è l’(ab)uso propagandistico della Storia. Ferma restando, ovviamente, la distinzione fattuale tra aggredito e aggressore, e l’ingiustificabilità etica e politica dell’aggressione.

Lo stravolgimento dei fatti, e della Storia, ha toccato forse il suo apice negli house-organ dell’italica «disinformazia». Il Tg1 ha attribuito il massacro zarista di Odessa compiuto nel 1905 dalla corazzata Potiomkin ai «bolscevichi» antizaristi, saliti al potere nell’Ottobre 1917; il famoso film omonimo, capolavoro del regista Ejzenstejn, fu girato nel 1925, guarda caso, nella neonata Urss. Si scrive nel Rep «armata rossa», invece che «russa». Lapsus calami, o antisovietismo d’antan, spia nostalgica della Guerra fredda? Si sbandiera che questa guerra è la prima in Europa da settant’anni. E la guerra in Jugoslavia? Non c’è mai stata? E i bombardamenti Nato su Belgrado chi li ha fatti? Gli ufo? Certo, oggi è vietato parlare dell’espansione Nato a est. Chi osa, come il giornalista Marc Innaro, o Alessandro Orsini, docente della Luiss, o lo storico Luciano Canfora, o la filosofa Donatella Di Cesare, è immediatamente accusato di «filo-putinismo»; Innaro è stato oggetto persino di interrogazione parlamentare e Letta, – sempre lui! oh come è buono democratico pluralista lui!, – ne ha chiesto la rimozione dalla Rai.

L’ordine di scuderia è duplice: a) raffigurare Putin come la reincarnazione a un tempo di Hitler, Stalin e lo Zar di tutte le Russie; b) contrapporre l’autocrazia putiniana alla democrazia zelenskyana, avamposto dell’Occidente.

In ambedue i casi, le analogie fumose, ideologiche, annebbiano le differenze fattuali. Stalin, comunque lo si giudichi, è stato di fatto il capo di un sistema politico nato dal rovesciamento dello zarismo, e sopravvissuto all’invasione di Hitler, della cui sconfitta è stato uno dei principali artefici. Putin, all’opposto, è a capo di un sistema autocratico, reazionario, non socialista e anticapitalista, ma capitalista e antisocialista, nato dal crollo dell’Urss nel 1991. Dove un pugno eltsiniano di capitalisti oligarchi rapaci e corrotti si sono impadroniti delle ricchezze del Paese, gettando nella miseria milioni di lavoratori, donne e pensionati. E dove ora il comandante in capo persegue da oltre un decennio il suo perverso progetto oscurantista «nazional-imperiale» con misure illiberali, antisociali e liberticide, connesse all’esterno con criminali guerre, aggressioni, invasioni e annessioni.

L’Ucraina ex sovietica di Zelensky, dominata anch’essa al pari della Russia dopo il 1991 da un capitalismo selvaggio e oligarchico, è stata teatro nel 2015 del colpo di Stato che portò al potere l’oligarca ultramiliardario Petro Poroshenko, poi sconfitto nel ballottaggio dell’ottobre 2019 dall’ex comico. Ma i ricchi oligarchi, i nazionalisti dell’ultra-Destra e i (para)militari neonazi son tutti lì. E Zelensky che fa? In nome dell’emergenza guerra, mette al bando ben 11 partiti dell’opposizione. La nostra Costituzione e le democrazie ovest-europee, nate dall’anti-fascismo, non vi pare che siano un po’ diverse? ◘

di Michele Martelli


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