GUERRA. Città di Castello non sembra toccata dall’evento che cambia il mondo.
C’è una strana asimmetria a Città di Castello tra ciò che accade all’interno del suo perimetro e ciò che accade fuori e nel mondo. Non si tratta della asimmetria che caratterizza lo strapotere militare della Russia nei confronti dell’Ucraina, ma in qualche modo ha a che fare con essa. Fuori dalle sue mura si discute di Terza guerra mondiale, di una guerra drammatica alle porte di casa, di milioni di profughi, eppure in città non si muove foglia. Tutto scorre normalmente come se la cosa non riguardasse alcuno. Nel Paese si discute se inviare armi a sostegno della resistenza ucraina, il Parlamento decide l’aumento delle spese militari, i deputati da noi eletti votano a favore o non sono presenti in aula e nessuno chiede loro conto né discute se abbiano fatto bene o abbiano sbagliato. L’Anpi si dibatte su una questione di lana caprina, ovvero stabilire se la resistenza del popolo ucraino debba essere paragonata alla nostra Resistenza, cosa che agli ucraini non interessa nulla; i pacifisti manifestano nelle grandi città paralizzati dallo slogan né per l’uno né per l’altro dei contendenti, e a Castello si vive di calcio, di sport, di trofei e quant’altro. Le nostre scuole si stanno riempiendo di bambini ucraini fuggiti dai massacri perpetrati contro il loro Paese, famiglie di profughi vengono ospitate nei vari Comuni del comprensorio e la politica tace. È muta. Non riesce a dire una parola: nemmeno a mobilitare le persone, a portare in piazza un nucleo di militanti per dire “siamo contro la guerra e l’aggressione”.
La stessa cosa accade nell’altra grande istituzione pubblica cittadina: la Chiesa. Dopo la preghiera per la pace voluta dal Papa e partecipata da un discreto numero di persone, non si è visto più nulla. La guerra non scuote le coscienza dei credenti, non vibra nelle parole dei sacerdoti e nelle prediche domenicali; solo qualche giaculatoria e molti oremus. Nonostante il Papa parli ogni giorno di guerra, intraprenda azioni diplomatiche, continui a richiamare i belligeranti perché depongano le armi, il popolo di Dio cittadino tace in una perturbante, aulica, spirituale assenza.
Anche la scuola, la massima istituzione educativa, è rimasta impermeabile al tema della guerra, impedendo, con la maggior parte del suo corpo docente, di sottoporre agli studenti un tema che interpella le coscienze e scuote il mondo. Ma se la guerra non interessa alla scuola, chi spiega ai ragazzi che la nostra Costituzione la ripudia? E se non ora quando?
Si segnala qualche, invece, molte iniziative solidaristiche elle scuole primarie e delle associazioni culturali e caritative, la cartina di tornasole attuale: il volontariato sostituisce la politica a cui interessa solo la gestione.
Eppure la guerra entra in tutte le case: tutti i telegiornali ne parlano, i palinsesti televisivi sono concentrati su questo tema, la stampa abbonda di articoli sulla guerra, il flusso informativo è continuo. Il senso di impotenza è palpabile; l’assenza di dibattito si trasforma in connivenza con il clima di disinteresse pervasivo e imperante.
La Sinistra è muta per inconsistenza. La Destra tace per convenienza. I giovani eletti nella Pubblica amministrazioni sono imbambolati. Eppure in gioco c’è il loro futuro, interessi concreti, ripercussioni nel mondo del lavoro, sull’economia, sullo stile di vita, sull’aumento dei costi di ogni genere alimentare. E non solo di questo si tratta, ma soprattutto di valori fondamentali, simbolici, concreti come la libertà, la solidarietà, la prossimità, la giustizia, la vita.
Sembra di vivere in un limbo sospeso, come quei viaggiatori del Titanic che ballavano e ridevano mentre la nave andava a sbattere contro un enorme iceberg che l’avrebbe inabissato. Noi siamo lì, sulla tolda della nave: le sirene squillano a gran voce, gli allarmi sono tutti in azione e si continua a ballare la danza macabra dell’indifferenza. ◘
di Antonio Guerrini.