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Aperti alle nuove sfide

Solidarietà. "50 anni di Caritas".

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Si è da poco chiuso il Convegno che ha festeggiato i cinquant’anni di vita della Caritas diocesana di Città di Castello.

A dire il vero, se guardiamo alle persone che hanno partecipato nella giornata di sabato 2 aprile al Teatro degli Illuminati alla celebrazione di questi cinquant’anni di Caritas, si può affermare che erano inferiori alle aspettative, nonostante il grande lavoro svolto da parte di tutto il gruppo Caritas, durato mesi, per dare visibilità al convegno. In un territorio come quello di Città di Castello, dove sono presenti tante associazioni e, tenendo conto delle personalità intervenute, da Don Marco Pagniello, nuovo direttore nazionale di Caritas, e Marco Tarquinio, direttore del giornale “Avvenire” (solo per nominarne alcune), c’è da chiedersi come mai questa scarsa presenza dei cittadini, anche del mondo cattolico: forse la risposta si può trovare nella disattenzione che caratterizza l’attuale clima culturale e civico.

Eppure, la Caritas, in questi cinquant’anni, ha svolto un ruolo determinante nella nostra comunità, senza mai perdere di vista che la carità non è una prestazione.

traniPer renderci meglio conto, non solo delle nuove sfide che la Caritas si propone di affrontare e del fatto che  non ci si possa accontentare di una sempice prestazione, abbiamo incontrato il dottor Gaetano Zucchini, attuale direttore, e don Paolino Trani che, per anni, ha svolto lo stesso ruolo.

Il dottor Zucchini rimarca con fermezza che l’obiettivo principale è riuscire a dare un senso alla carità, che non sia solo beneficienza, ma riesca a costruire una relazione. Una relazione che possa accompagnare la persona, non limitandosi a sopperire ai suoi bisogni materiali, ma contribuisca a sviluppare la sua umanità, in modo che si integri a pieno nella comunità.

La Caritas deve avere uno stile, perché la carità è impegnativa, deve essere capace di un ascolto vero, saper guardare alla povertà nel suo insieme e gestirla all’interno della comunità. Questa è la sfida più importante, ribadisce il dottor Zucchini, creare nella comunità sinodalità, lavorare insieme e accompagnare chi è in difficoltà, senza fermarsi alla semplice segnalazione dei bisogni, ma camminare a «fianco» per creare un legame vero, che non ha bisogno di ricompense e non si accontenta di un gesto.

Don Paolino, con una certa amarezza, constata che al momento questo obiettivo non è stato raggiunto.

Non c’è sinodalità nella Chiesa, non siamo riusciti neanche come Caritas ad animare la carità nelle parrocchie, nei centri di ascolto. Ancora oggi, nelle comunità parrocchiali è «il prete che fa». La comunità non prende iniziative autonome.

È una questione culturale, che vede nella figura del sacerdote e del Vescovo il traino, e a lui si affida.

zucchiniQuesta forma, però, sta morendo: basta guardare alle chiese più o meno vuote, i giovani sempre più lontani, le famiglie poco presenti. Ed è questa la vera sfida del futuro, ribadisce Don Paolino: la sinodalità, che nella Caritas potrebbe avere un motore per creare una comunità che anima, motiva le persone e ha un ruolo nella società senza nessun referenzialismo. Lavorare insieme agli amministratori, alle associazioni presenti nel territorio, alle parrocchie per stendere i fili che siano di sostegno alla genitorialità, all’occupazione, all’ambiente, ai giovani. Serve uno slancio di creatività, per reinventarsi, afferma con convinzione il dottor Zucchini, per essere un richiamo per i giovani e per gestire situazioni nuove e difficili, come ora sta richiedendo la guerra in Ucraina.

In questo momento, abbiamo accolto 44 bambini nel nostro territorio, 38 indicati da Caritas, collaborando con la «Comunità educante», l’amministrazione e le associazioni, sono stati inseriti nelle scuole e nel territorio sociale. Una sfida che aveva bisogno di tempi brevi e si è risolta con successo grazie alla sinergia e alla collaborazione di più enti, dunque con un po’ di buona volontà e fantasia si può fare comunità, ma, oggi più che mai, c’è bisogno di una Caritas che sappia accogliere nuove sfide.

La pandemia, inoltre, ha lasciato una forte impronta: dal 2019 al 2020 gli aiuti forniti dalla Caritas sono raddoppiati (solo all’emporio solidale 1078 presenze), supportano per il 48% italiani ed europei e il 52% extracomunitari. La Caritas non si ferma all’assistenza ma va oltre, va alla ricerca delle difficoltà, creando una relazione diretta e con ancora più convinzione cerca di rispondere all’ art. 1 del suo Statuto: «Promuovere la carità in forme consone ai tempi e ai bisogni». La nostra è una città generosa, la comunità tifernate è ricca di associazioni che si spendono per gli altri, in più settori e, se si affianca alla Caritas, si può superare il senso di abbandono all’indifferenza e diventare una comunità capace di creare relazioni, che sa accompagnare, che pone le basi per la sinodalità.

Lavorare insieme è quello che si auspicano il dottor Zucchini e don Paolino, e ora la sfida è anche nostra, di cittadini comuni, basta «allargare lo sguardo partendo dagli occhi del povero» (Papa Francesco). ◘

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di Maria Grazia Goretti


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