CULTURA EVENTI. Incontro pubblico.
Dopo un lungo digiuno di iniziative istituzionali sulla guerra in Ucraina, “Articolo 49”, associazione nata con lo scopo di promuovere proposte di rinnovamento culturale e politico, ha organizzato un’assemblea pubblica per approfondire le cause che hanno scatenato questo conflitto. Relatori: Fabrizio Maronta di “Limes” e Rosy Bindi, ex Ministro della Sanità e già Presidente della Commissione Antimafia. L’assemblea si è svolta alla presenza di un pubblico numeroso, cosa insolita in tempi di scarsa partecipazione a iniziative pubbliche, che testimonia il bisogno di uscire da una informazione spesso gridata o propagandata attraverso innumerevoli talk show, in cui, più che riflettere, conta lo schierarsi per l’uno o l’altro dei contendenti o la capacità di sovrastare l’interlocutore.
I due relatori sono stati introdotti dall’on. Franco Ciliberti, che ha motivato il senso della iniziativa per combattere il clima di assuefazione alla guerra, per contrastare l’idea che non si possa cambiare lo stato delle cose e quindi si tenda a delegare agli altri e ai potenti ciò che richiede l’impegno di tutti. Un adattamento passivo agli eventi in netto contrasto, invece, con la necessità di suscitare le energie migliori, di fronte a un evento che potrebbe degenerare in conflitto nucleare. E i numeri di questa guerra, ha aggiunto Ciliberti, giunta a 104 giorni di combatimenti, non lasciano spazio ai dubbi. Li ha diffusi recentemente l’Onu: 20 mila soldati russi morti, 13 mila quelli ucraini, 4,2 mila civili uccisi, 5 mila i feriti e 6,700 milioni di profughi. L’on. Ciliberti ha sottolineato l’impegno dell’Italia per l’accoglienza dei profughi ucraini in fuga, l’obbligo per la politica di misurarsi con i problemi internazionali, inscindibilmente legati a quelli nazionali, la necessità di sviluppare una cultura del confronto con altre culture, l’abitudine a elaborare pensieri lunghi in un mondo globalizzato. Infine, ha richiamando l’appello alla fratellanza universale lanciato da papa Bergoglio e ricordato dallo stesso Mattarella.
Fabrizio Maronta, responsabile delle relazioni internazionali della rivista di geopolitica “Limes”, ha spiegato come questa guerra abbia colto di sorpresa tutti gli osservatori internazionali, e, più di ogni altro, la stessa Russia, che non si aspettava una resistenza così determinata da parte dell’Ucraina, tale da infliggere così pesanti perdite tra i suoi militari e la distruzione di tanti mezzi. Una sconfitta pesante per uno degli eserciti più potenti del mondo, che ha impegnato nella campagna ucraina due terzi del suo esercito: 120 mila uomini su un totale di 180 mila. Il prezzo pagato dalla Russia, qualunque sarà l’esito di questa guerra, ha affermato Maronta, è altissimo e occorrerà molto tempo per essere assorbito. Ciò ha indotto Putin a cambiare strategia e a concentrare l’iniziativa bellica solo nel Donbass, rinunciando all’ipotesi originaria di determinare un cambio di Governo e soggiogare l’intero Paese. Ma ormai l’errore è stato fatto e l’attore russo non può più ritirarsi dal fronte bellico, perché tale scelta metterebbe a rischio la sopravvivenza della stessa Federazione russa. Quindi la situazione è in una fase critica, perché l’Occidente preme su Zelensky, ma non può forzare la mano oltre un certo limite per non indurre Putin a scelte ultimative e pericolose. Lo stesso Biden, alla luce degli ultimi cambiamenti avvenuti sul campo, sembra disposto a rivedere la strategia statunitense, consapevole che una Russia sconfitta e umiliata piuttosto che vincente potrebbe, in ambedue i casi, creare la stessa instabilità nel quadrante geopolitico che va dall’Europa alla Cina.
Il negoziato possibile è strettamente legato a quello che sta accadendo sul terreno e i due contendenti non si siederanno al tavolo delle trattative, se non avranno raggiunto risultati positivi che consentano a ognuno di non perdere la faccia davanti alle loro opinioni pubbliche. È inutile aggiungere che questa guerra ha scavato “una cortina di acciaio” tra Russia ed Europa, una Europa che si allontana sempre di più dagli Urali, con cui confina, mentre guarda verso l’Atlantico che appare sempre più lontano e divergente dagli interessi europei. Quindi è difficile dire come e quando si potrà uscire da questa situazione paralizzante, ma il prolungarsi del conflitto rende sempre più alto il rischio di una escalation incontrollabile. L’unico modo in cui la guerra non può concludersi è la chiusura dell’accesso al Mar Nero dell’Ucraina, perché ciò provocherebbe ripercussioni sociali di imprevedibile portata.
Rosy Bindi ha esordito affermando che dare le armi alla resistenza ucraina è stata una scelta dolorosa, per chi è pacifista convinto, ma necessaria e costituzionalmente coerente. Aiutare l’Ucraina è in linea con la nostra Costituzione che ripudia la guerra, ma garantisce anche il diritto all’autodifesa, purché tale diritto sia proporzionato all’offesa subita e al fatto che esiste anche il diritto del nostro popolo di essere tutelato dagli effetti negativi del conflitto in essere. E poi ha spiegato il suo cambiamento di posizione attuale su questo delicato punto, perché, ha aggiunto ancora, l’escalation della guerra non era nelle previsioni iniziali e la fornitura di armi sempre più pesanti rischia di portare a una situazione che modifica i rapporti di forza in campo: un conto è aiutare a difendersi, altra cosa è armare per affrontare una vera e propria guerra. Per questo si è dichiarata contraria all’innalzamento delle spese militari e all’invio di armi pesanti, mentre ha chiesto la riqualificazione del piano di difesa europeo che è la vera cosa che manca in questo momento.
A questo punto, diventa difficile stabilire quando le armi debbano tacere per dare spazio alla trattativa negoziale. L’ex ministra ha sottolineato l’asimmetria esistente tra impegno solidaristico, consistente e sempre attivo, e l’incapacità di usare altrettanta forza e determinazione per sviluppare un’adeguata azione negoziale. Prevedere il futuro in queste condizioni, hanno ammesso entrambi i relatori, è imponderabile.
Il dibattito seguito alle due relazioni è stato intenso e approfondito, ha chiamato i relatori a puntualizzare alcuni aspetti specifici e ha dimostrato quanto ampio e inevaso sia il bisogno di conoscere le cause del conflitto al di fuori dei facili schematismi e delle interpretazioni pretestuose. ◘
Redazione