Venerdì, 29 Marzo 2024

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L’uomo normale

Cinema. Una icona del cinema italiano.

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Nel panorama del cinema italiano nessuno rappresenta la normalità come Marcello Mastroianni. Sguardo onesto, temperamento pacato da cui traspare una velata malinconia e persino una certa timidezza. Anche se appartiene alla categoria dei “belli” non possiede niente del bello classico. Appartiene a quel modello di star post-divistica che Edgar Morin descrive in modo efficace: “La sua vita non rappresenta più la soluzione, ma la ricerca ansiosa, non più la soddisfazione, ma la sete”. Il suo debutto nel cinema avviene nel 1948 con I miserabili, di Riccardo Freda, tratto da Victor Hugo, dove impersona un giovane con idee rivoluzionarie. Poi al cinema nei primi tempi appare nelle vesti del giovanotto piuttosto simpatico ed estroverso in commedie come Domenica d’agosto (1949), Parigi è sempre Parigi (1951), Le ragazze di Piazza di Spagna (1952) di Luciano Emmer, e con Sophia Loren (con la quale in seguito formerà una delle coppie più famose del cinema italiano) in Peccato che sia una canaglia (1954) di Alessandro Blasetti. Ma affronta pure ruoli drammatici in film come Febbre di vivere (1953) di Claudio Gora, in Cronache di poveri amanti (1954) di Carlo Lizzani, in Le notti bianche (1957) di Luchino Visconi, dove è l’eroe malinconico del romanzo di Dostoevskij. La propria maturità avverrà in opere come I soliti ignoti (1958) di Mario Monicelli, e in Adua e le compagne (1960) di Antonio Pietrangeli. Con La dolce vita (1960) di Federico Fellini, inizia il periodo di grandi successi. Ne La dolce vita, acuto ritratto della fine anni cinquanta in un’Italia in cui il sacro è costantemente mescolato al profano, è un intellettuale disincantato che trascorre i giorni, e particolarmente le notti, nelle zone che ruotano attorno a via Veneto a Roma, in mezzo ad artisti, attori e altri intellettuali, alla ricerca di ispirazione per un romanzo. Ma tutto quello che scopre è un mondo privo di senso e di morale, una realtà senza alcun punto di appoggio a valori di qualsiasi tipo. Il suo, insomma, è “un viaggio nella notte durante il sonno della ragione”. Neanche la bellissima Anita Ekberg, che ad certo punto vedremo ripresa nella scena del bagno notturno nella fontana di Trevi (una delle più famose di tutto il cinema mondiale), potrà in qualche modo placare i suoi angosciosi dilemmi. Ne Il bell’Antonio (1960) di Mauro Bolognini, è il giovane che ha fama di dongiovanni, ma che in l uomo normale altrapagina mese maggio 2022 1realtà è un impotente. Ne L’assassino (1961), opera d’esordio di Elio Petri, è un antiquario privo di scrupoli sospettato dell’assassinio dell’amante. In Divorzio all’italiana (1961) di Pietro Germi, satira contro le legge che attribuisce attenuanti nelle pene per i delitti d’onore, è il barone che escogita un piano diabolico per eliminare l’ingombrante moglie. In Otto e mezzo (1963) di Fellini, un’opera che punta al rinnovamento dei modi epressivi tradizionali, è un regista in crisi esistenziale e creativa alle prese con un film da realizzare. I fatti reali si mescolano alle emozioni, ai ricordi della fanciullezza trascorsa nella casa romagnola e nella spiaggia con la selvaggia Saraghina, i sogni agli incubi, tutti elementi essenziali del film. Nel 1963 interpreta ne I compagni di Mario Monicelli, un professore di liceo impegnato intellettuale socialista nella Torino operaia degli inizi novecento che si pone alla guida delle rivolte delle fabbriche. Sotto la direzione di Vittorio De Sica, con Sophia Loren quale protagonista femminile, interpreta Ieri, oggi, domani (1963), Matrimonio all’italiana (1964), I girasoli (1969). Nel 1967, sotto la direzione di Visconti dà il volto all’uomo che si sente completamente estraniato dalla società in cui vive ne Lo straniero, dal romanzo esistenzialista di Albert Camus. Nel 1968 gira Amanti, con la direzione di Vittorio De Sica e con protagonista femminile Faye Dunaway, e nel 1972 lavora con Marco Ferreri ne La cagna insieme a Catherine Deneuve, sua compagna nella vita. Nel 1973, sempre con Ferreri, interpreta La grande abbuffata, una grottesca vicenda di individui che scelgono di morire ingozzandosi di cibo. Nel 1974, con i fratelli Taviani, lo vediamo in Allonsanfan, quale rivoluzionario che, in periodi della restaurazione del 1816, cerca opportunisticamente di distaccarsi dall’impegno e dalla lotta, abbandonando i compagni al loro destino. In Non toccare la donna bianca (1974), ancora di Marco Ferreri, è un generale Custer che affronta gli indiani che sono poi gli sfrattati e i diseredati viventi ai margini delle metropoli. Diretto da Ettore Scola in Una giornata particolare (1974), è un omosessuale destinato al confino durante il periodo fascista, e ne Il mondo nuovo (1982), è un Giacomo Casanova in là con gli anni e pieno di acciacchi. Ne Le due vite di Mattia Pascal (1985), di Mario Monicelli, è il protagonista tratto dal romanzo di Luigi Pirandello. In Oci ciornie (1987), di Nikita Michalkov, è il cameriere che racconta a un passeggero la sua passione per una donna misteriosa dai grandi occhi neri. ◘

Di Pietro Mencarelli


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