DOSSIER
Se l’epidemia di Covid sta perdendo forza dopo aver mietuto milioni di vittime in ogni parte del mondo, un altro incubo incombe sugli esseri umani: quello della fame. I tre mesi di guerra in Ucraina hanno provocato una perdita del raccolto annuale di grano che serviva alle popolazioni del Medio Oriente e dell’Africa per la propria sussistenza. Lasciare senza grano e senza pane è un autentico delitto perpetrato a danno dei più poveri.
La Federazione Russa si comporta con l’atteggiamento tipico dell’invasore: sottrae il grano degli ucraini, lo rivende magari in Siria, lo fa marcire in silos dopo averli bombardati, impedisce alle navi di trasportare le derrate alimentari. Inquinare i terreni, bruciare i raccolti, ostacolare le semine fa parte di una strategia collaudata per spingere l’avversario alla resa.
Viene in mente la grande carestia degli anni Trenta del secolo scorso, che ha costretto alla fame milioni di persone a causa delle politiche staliniane, eppure l’Ucraina costituisce ancora il granaio del mondo. Se questo grano non viene esportato si deteriora, perde il suo valore nutritivo. Per questo la FAO pensa di utilizzare una serie di vecchi mulini per trasformarlo in farina e studia di allestire una carovana di camion che possano trasportare il grano oltre il confine rumeno e imbarcarlo su chiatte fino al delta del Danubio.
La carestia è più micidiale delle bombe e Putin l’adopera senza ritegno, senza preoccuparsi del prezzo che pagano gli innocenti.
Di Achille Rossi