Venerdì, 04 Ottobre 2024

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La visione corale di Ernesto Balducci

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Tranne poche primavere storiche, l’Italia ha sempre trovato il contraltare alla bellezza del suo paesaggio e della sua arte nella sconsolante mediocrità della sua politica. Il nostro è un Paese greve, infelice, percorso da correnti ideologiche mortifere. La principale proviene dalle falde di un fascismo endemico, sempre pronto a risvegliarsi in ampi strati di popolazione. Basta uno sguardo ai sondaggi sui partiti attualmente preferiti dagli italiani e se ne ha conferma.

Le cose non vanno meglio sul piano della tradizione religiosa, resa spesso asfittica da una mentalità clericale che resiste tenacemente, anche a fronte della perdita di rilevanza sociale della religione. Tale mentalità induce gran parte del mondo cattolico a sabotare le primavere ecclesiali dischiuse da papi come Giovanni XXIII o come Francesco.

In un Paese dove è così ardua l’elevazione della coscienza collettiva sino al valore della democrazia e a quello del legame universale costituito dalla fraternità e dalla sororità, la testimonianza di padre Ernesto Balducci è per noi aria pura da respirare e luce da seguire. La ragione della forza profetica del suo pensiero non risiede solo nella coerenza tra il modo di vivere e il lavoro culturale, interpretati con salutare ironia. La ragione risiede essenzialmente nella profonda tendenza evangelica che in lui animava esistenza e pensiero. È la tendenza all’universalità concreta.

Non si tratta dell’universalità astratta del concetto, ma di quella incarnata che nasce dall’accoglienza e dalla cura per le relazioni vitali. È l’universalità propria della comunione creaturale, che mantiene in un vincolo amorevole indistruttibile il Creatore, l’umanità intera e tutti gli esseri viventi.

Questa prospettiva comporta la critica di ogni schema dualista che instauri la separazione tra spiritualità e politica, tra credenti e non credenti, tra uomini e donne, tra l’Occidente e gli altri popoli, tra umanità e natura. Balducci è venuto maturando sempre più una visione corale della vita, convinto del fatto che siamo una sola umanità sulla stessa terra. Questo spirito di superamento delle barriere religiose e ideologiche fu espresso dalla rivista “Testimonianze”, di cui Balducci fu fondatore e animatore dal 1958 fino all’anno della sua morte, il 1992. La rivista fu una fonte cruciale per il cristianesimo critico ed evangelico in Italia.

Egli ha fatto trasparire la verità della comunione, sovvertitrice di ogni ordinamento dominativo e separatore, soprattutto nella figura esemplare delle persone corali. Sono le persone che sanno vivere secondo la comunione universale e la rispecchiano affinché tutti possano riconoscerla. Per questo Balducci ha dedicato le sue opere più intense a Lorenzo Milani, Giorgio La Pira, Mohandas Gandhi e Francesco d’Assisi. La sintesi della sua visione è poi custodita nel libro L’uomo planetario, mentre l’apertura interculturale ed educativa della sua concezione ha trovato una insuperata formulazione didattica nel manuale Storia del pensiero umano (Edizioni Cremonese, 1986), nel quale sono ricostruite le diverse tradizioni filosofiche del mondo.

Il confronto con don Milani, sviluppato in scritti che vanno dal 1967 al 1992 (raccolti nel volume L’insegnamento di don Lorenzo Milani, Laterza, 1995) lo incoraggia sulla via di un cristianesimo non clericale e libero dalla complicità con le classi dominanti, nella consapevolezza che la prima delle rivoluzioni da compiere è la rivoluzione culturale e questa è eminentemente la rivoluzione della pace. Con il passare degli anni Balducci imprime con forza al suo pensiero e a tutta la sua testimonianza il sigillo della coltivazione sistematica della pace, di cui resta documento la fondazione delle Edizioni Cultura della Pace.

L’altra figura di persona corale che, come don Milani, incontra nella sua Toscana è Giorgio La Pira, a cui dedica un efficace ritratto nel libro Giorgio La Pira (Edizioni Cultura della Pace, 1986). Di lui Balducci sottolinea soprattutto l’intuizione di unire le città per unire il mondo, con una tessitura di relazioni di pace che oggi ci sarebbe preziosissima, se solo ci fossero governi capaci di comprenderla.

Allargando lo sguardo alla vita del mondo, egli non può non meditare sulla lezione di Mohandas Gandhi, che racconta nel libro Gandhi (Edizioni Cultura della Pace, 1988). Grazie al confronto con lui, Balducci comprende che, se non c’è umanizzazione della società senza una rivoluzione culturale, questa a sua volta è una profonda conversione alla verità dell’amore. Ormai è chiaro che il pacifismo autentico è adesione alla nonviolenza ed essa è una forma di vita caratterizzata dalla pratica dell’amore politico, con una laicità che si fonda non sulla privatizzazione delle fedi, ma sulla stessa relazione personale con il Dio vivente.

A questo punto Balducci risale alla sorgente della sua fede superando ogni idealizzazione apologetica e ogni confinamento della sequela di Gesù in una sfera separata dalla nostra esistenza concreta. Qui la persona corale più esemplare e ispiratrice è Francesco d’Assisi. Egli ne rilegge la storia evidenziando che il modo d’essere di Francesco è tuttora un potenziale di umanizzazione e di futuro che interpella tutti. Ciò in quanto Francesco ha mostrato che la fraternità è non una condizione privilegiata per pochi eletti, ma è la forma della nuova società universale non più fondata sul potere.

Muta così anche il senso della nostra esperienza del tempo, che assume intensità e durata grazie alla capacità di aderire con amore corale alla vita. Scrive Balducci: «c’è un tempo qualitativo che si misura verticalmente lungo l’asse che segna dalla sua condizione di bruta forza competitiva alla condizione di centro cosciente degli intrecci cosmici, chiamato a provvedere, senza violenza ma con amore, alla piena maturazione della creazione. Secondo questa misura, Francesco non è un uomo del passato, è un uomo del futuro» (Francesco d’Assisi, Edizioni cultura della Pace, 1989, p. 177).

Con l’aggravarsi della rivalità ideologico-militare e politico-economica tra Stati Uniti e Unione Sovietica, negli anni Ottanta del secolo scorso, Balducci declina la profezia della comunione universale nei termini dell’urgenza della salvezza storica dell’umanità e del pianeta. Ma la sollecitazione viene, oltre che dalla contingenza storica, dalla chiara consapevolezza di una precisa legge vitale: per la specie umana disattendere l’umanizzazione, spezzando la fraternità creaturale, significa consegnarsi a potenti pulsioni autodistruttive.

A questo punto la rivoluzione culturale, che deve inverarsi come conversione spirituale, si delinea come una conversione di civiltà. La figura dell’uomo planetario, sin qui rimasta per lo più solo latente nella storia collettiva, si annuncia come soggettività plurale concreta che deve spezzare la spirale dell’autodistruzione per aderire invece a una nuova universalità, quella di una comunione creaturale rispetto alla quale tutte le appartenenze (comprese le identità religiose) sono secondarie e provvisorie.

In opere come L’uomo planetario (Edizioni Camunia, 1985) e La terra del tramonto. Saggio sulla transizione (Edizioni Cultura della Pace, 1992) Balducci esplicita l’indicazione profetica per la salvezza comune: l’umanità deve uscire dalla spirale dell’autodistruzione scegliendo una conversione di civiltà. Si tratta della transizione dalla logica mortifera del potere e delle identità particolari in lotta tra loro verso la sapienza biofila della custodia del mondo. È l’unica via per un mondo aggredito dalla geopolitica criminale, dalle pandemie dovute alla violazione degli equilibri della natura, dalla devastazione climatica e ambientale, dalla voracità del neoliberismo, dai nazionalismi e dai razzismi, dal maschilismo e dai fascismi.

All’opera di Ernesto Balducci bisogna attingere oggi, perché ha la lucidità e il respiro adatti a ispirare il nostro cammino. E l’ironia del suo sorriso ci ricorda di intraprenderlo con fiducia, senza cedere alla disperazione. ◘

di Roberto Mancini


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