Editoriale.
Il Covid non solo ha falcidiato milioni di persone nel mondo, ma ha fatto esplodere il problema degli anziani che hanno bisogno di cure e di assistenza. Ogni tanto emergono inchieste giornalistiche che raccontano anziani stipati in case di cura troppo piccole, assistiti alla meglio, con un personale sottoposto a turni stressanti, con un numero di pazienti al di là dei limiti.
Sono proprio i familiari a protestare perché gli anziani hanno perduto qualsiasi rapporto con il mondo esterno e passano la vita a letto nelle Rsa. Accade che i più fragili finiscano al pronto soccorso scompensati e disidratati. La qualità della vita degli ospiti non è migliorata, anzi il Covid l’ha peggiorata. Le terapie occupazionali sono state sospese e le persone possono vedersi nel soggiorno per fare attività insieme.
Eppure la retta mensile per un anziano è di 3.000 euro, metà a carico della famiglia, metà a carico della Regione. Ma la situazione economica delle Rsa sta precipitando; l’aumento dei costi, l’inflazione, il rincaro delle bollette ha costretto molte strutture a ridurre i posti letto o addirittura a chiudere. Significa per molti anziani la fine dell’assistenza sanitaria e il ricorso a quella familiare, che diventa per molte famiglie un peso insostenibile. Gli ospiti delle Rsa non ricevono un trattamento adeguato, mentre gli anziani aspettano un aiuto esterno che migliori le loro condizioni. Purtroppo la politica è impegnata in tutt’altre faccende per prendersi cura dei fragili e dei bambini e sta perdendo l’anima, inseguendo il profitto. ◘
Redazione l'Altrapagina.it