AGRICOLTURA. La produzione biologica sta vivendo un momento difficile per l’attacco speculativo della grande distribuzione.
Incontriamo Luca Stalteri, agronomo dell’Azienda Biologica che si trova a pochi chilometri da Città di Castello: “Il Lombrico Felice”. Si tratta di un'azienda agricola di circa 50 ha, che coltiva ortaggi, cereali, frutta e da poco anche luppolo di qualità, operativa dal 2002.
Il Lombrico Felice, inoltre, è una “fattoria didattica” per i più piccoli e una “fattoria aperta” per i più grandi (anche adulti), che vogliono capire e sperimentare cosa è una agricoltura sostenibile, concludendo anche “dopo tanto lavoro” con una degustazione di prodotti biologici prodotti in fattoria.
Il dr. Stalteri e i suoi collaboratori sono giovani che amano l’agricoltura e (come scritto nel sito) ancora tanto idealisti da insistere nella difesa dell’ambiente, nell’attenzione ai problemi sociali, nel rispettare la salute della Terra, dell’acqua e delle persone.
Questo, però, fa presente Stalteri, è sempre più difficile.
I piccoli produttori stanno scomparendo, l’industria, anche di medie dimensioni, esternalizza e nel circuito di vendita si trovano prodotti biologici con materie prime che vengono dall’estero come pomodoro, ceci, fagioli, cereali.
Inoltre l’agricoltura, soprattutto biologica, ha bisogno di contributi che vengono erogati, ma l’accesso è sempre più difficoltoso.
Senza contributi è difficile andare avanti, ma per le aziende medie questo rischia di diventare assistenzialismo. La maggior parte delle aziende sono sotto i 10 ha, spesso gestite da anziani che coltivano per la sola soddisfazione personale (quindi non sono imprese) oppure sono date ai terzisti.
Promuovere, da parte delle aziende, la creatività e l’innovazione con investimenti finalizzati, fa dei contributi un modo sano per far crescere l’azienda e permettere all’agricoltore di camminare con le proprie gambe, quindi più ce ne sono meglio è.
I contributi a superficie possono diventare tossici e spesso non promuovono l’iniziativa degli agricoltori.
I sindacati agricoli, nati per difendere la categoria, oggi espletano, per conto degli agricoltori, un’enormità di pratiche burocratiche che gravano sulle aziende agricole. Questo carico di lavoro necessita di tempo e denaro per svolgerlo e toglie necessariamente risorse al ruolo chiave dei sindacati, che è la difesa politica della categoria.
Il costo del carico burocratico è inversamente proporzionale alla dimensione delle aziende, quindi le aziende grandi e strutturate sopportano molto meglio questi carichi, rispetto a quelle piccole o a conduzione familiare.
Molto spesso, però, le grandi aziende sono quelle che più di tutti hanno come fine ultimo esclusivamente il profitto. Infatti le piccole aziende, magari a conduzione familiare, più facilmente si legano al territorio e ai collaboratori. Non è raro che nelle piccole aziende l’imprenditore rinunci a una cospicua parte di profitto pur di mandare avanti, finché è possibile, l’azienda e riuscire quindi a pagare gli stipendi dei collaboratori. Difficilmente una grande azienda sopporta riduzioni di margini a lungo, quindi cercherà, in caso di difficoltà, nuovi business oppure di abbattere i costi di produzione delocalizzando o fondendosi con altre grandi aziende oppure chiude semplicemente i battenti, con tragiche conseguenze per i lavoratori.
Se si esaminano i prezzi dei prodotti al dettaglio, passando al biologico, fino a qualche anno fa venivano definiti in base a un sano principio, ovvero domanda ed offerta. Questo principio è divenuto insalubre nel momento in cui l’offerta veniva fatta tra aziende in cui c’era una concorrenza sleale e la domanda veniva costituita da consumatori disinformati.
Questo ha creato il declino di un sistema sano che era quello del mercato dei prodotti biologici.
Questo declino è iniziato nel momento in cui la Gdo (Grande distribuzione organizzata) ha percepito ottime possibilità di business nel prodotto bio. Queste grandi catene hanno approfittato di importantissime richieste da parte del mercato interno ed hanno soddisfatto la domanda con prodotti importati dall’estero. Chiaramente le piccole aziende italiane hanno notato l’incremento di prodotti biologici sullo scaffale dei supermercati, ma si sono trovate in enorme difficoltà nel praticare i prezzi di concorrenti quali Cina, Canada, Turchia ed altri (concorrenza sleale).
Oggi assistiamo a due listini completamente separati, ovvero quello italiano e quello estero, ma comunque la dicitura sul fronte dell’etichetta del prodotto è la medesima (es. “fagioli biologici") e possiamo solo accorgerci dell’origine del prodotto andando a spulciare il retro dell’etichetta nelle diciture col carattere più piccolo.
A questo punto dipende dal consumatore fare la scelta e non è cosa semplice, soprattutto oggi con queste nuove emergenze generate dalla guerra, il caro energia e la siccità con i prezzi delle materie prime (vedi i cereali), impazziti.
Il dr. Stalteri ha richiamato tanti mondi e tante problematiche che avrebbero bisogno di essere approfondite, ma c’è una certezza: noi consumatori possiamo fare la differenza, informandoci, cercando di capire le regole del mercato, per renderci più consapevoli del nostro ruolo e quindi scegliere per partecipare a un mondo più sostenibile.
Quante volte abbiamo sentito: “consumare meno ma consumare meglio”
Oggi non è così facile, troppe congetture spingono il consumatore verso scelte diverse ed è per questo che è importante conoscere queste realtà, presenti nella nostra valle come il Lombrico Felice che ci possono fornire prodotti di qualità salvaguardando il territorio, promuovendo educazione alimentare e sociale e il mantenimento in vita di buone pratiche e il lavoro di piccoli produttori. ◘
di Maria Grazia Goretti