Arte.
Iniziamo da un luogo di dantesca memoria, il Castello dei Conti Guidi a Poppi (Arezzo), dove, fino al 1 novembre (tel 0575 520516), una mostra illustra la maternità, intesa come principio del mondo ed essenza dell’amore. Fulcro dell’esposizione è il dipinto raffigurante l’Eremita Torello da Poppi nell’atto di benedire una donna incinta, iconografia unica nel panorama pittorico toscano. La tela, commissionata per la chiesa di Santa Trinita di Firenze, è attribuita al pittore fiorentino Santi Pacini ed è datata alla fine degli anni Settanta del Settecento, quando l’artista era impegnato ad eseguire gli affreschi nella volta e nel coro della chiesa di Camaldoli.
Fondata mille anni fa da san Romualdo, Camaldoli è una comunità di monaci benedettini. L’eremo e il monastero, immersi nella pace della foresta, rappresentano due dimensioni fondamentali dell’esperienza monastica, la solitudine e la comunione.
La comunità vive nella ricerca di Dio, nella preghiera e nel lavoro, e si apre alla condivisione con le persone attraverso l’ospitalità.
La foresteria offre infatti uno spazio aperto a tutti, di approfondimento spirituale e culturale.
Ma torniamo a Torello, eremita di Avellaneto nei pressi di Poppi, che visse nel Duecento, noto come protettore delle partorienti. Per esaltare la raffigurazione di questo momento di vita quale metafora teologica del percorso di salvezza dell’umanità, nella mostra al Castello di Poppi è presentato un gruppo di opere in prestito dagli Uffizi.
La fertilità è un concetto antico. A San Casciano dei Bagni (Siena) gli archeologi stanno attualmente studiando un Santuario: negli scavi dell’agosto scorso è stato rinvenuto un utero in bronzo risalente agli anni tra la fine della Repubblica e l’inizio dell’Impero romano. Nei santuari etruschi e romani dedicati alla fertilità è frequente trovare uteri in terracotta, ma quelli in bronzo sono rarissimi. Le scoperte comprendono anche un orecchio in bronzo (che un certo Aulus Nonnius aveva dedicato agli dei per ringraziarli della guarigione) ed oltre tremila monete di fresco conio. Il Santuario, di grandi dimensioni, presenta infatti una “vasca sacra”: in epoca romana vi si portavano offerte votive e monete preziose affinché le divinità vegliassero sulla salute dell’imperatore.
E ora tappa a Firenze, dove Palazzo Strozzi presenta (fino al 29 gennaio) un’ampia panoramica sulla ricerca dell’artista islandese-danese Olafur Eliasson (nato nel 1967), che lavora con diversi mezzi: scultura, pittura, fotografia, video, installazioni, media digitali.
Interessato alla percezione e al movimento, Eliasson immette nei suoi lavori l’esperienza vissuta, i propri sentimenti e quelli della comunità in cui opera. La sua pratica mira a coinvolgere il pubblico tramite progetti architettonici, interventi negli spazi pubblici, azioni di educazione artistica, sociale e ambientale.
Utilizzando materiali come luce, acqua e nebbia, Eliasson riflette sull’idea di percezione, in cui lo spettatore, al centro dell’esperienza, diviene protagonista attivo.
Attraverso scultura, installazione, pittura, fotografia, architettura, design, Eliasson esplora il ruolo dell’arte nel mondo contemporaneo come campo interdisciplinare, che mette insieme ricerca scientifica, politica e tutela dell’ambiente.
Situato a Berlino, lo Studio Eliasson riunisce infatti un ampio gruppo di artigiani, architetti, archivisti, ricercatori, amministratori, cuochi, storici dell’arte e tecnici specializzati. ◘
di Maria Sensi