ARMI NUCLEARI. Intervista a Maurizio Simoncelli.
Ne parliamo con il vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo
Professore, la guerra in Ucraina ha tra i suoi molteplici effetti collaterali anche quello di sdoganare un possibile uso di armi nucleari “’tattiche” da parte russa. Dal suo punto di vista ritiene possibile questa follia immane?
In guerra tutto può avvenire... La Russia al momento attuale è in palese difficoltà e la mobilitazione parziale ne è uno dei tanti segnali. Considerata poi la tipologia di regime monocratico, c’è da aspettarsi di tutto da un Putin che non riesce a concludere la sua “operazione militare speciale” in Ucraina e vede vacillare il suo potere all’interno della Russia...
Diamo qualche numero: quanti sono gli ordigni nucleari tattici nel mondo e quante ne possiede la Russia?
Nel mondo vi sono circa 13.000 ordigni nucleari tra tattici e strategici, per lo più negli arsenali statunitensi (5.428) e russi (5.977), mentre i rimanenti sono presenti in quelli di Cina (350), Gran Bretagna (225), Francia (290), India (160), Pakistan (165), Israele (90) e Corea del Nord (20). La Russia ha 1.912 testate tattiche o di teatro, non schierate e presenti nei depositi. Da parte statunitense se ne hanno circa 200, di cui la metà è nei depositi oltre oceano, mentre altre 100 sono in basi europee (Italia, Belgio, Olanda Germania e Turchia). La differenza numerica delle testate tattiche è dovuta alle scelte connesse alla diversa posizione geopolitica delle due superpotenze, una – la Russia – posizionata sul territorio europeo, l’altra – gli Stati Uniti – collocati oltreoceano, seppur presenti in Europa in numerose basi.
Cosa significa che: “la Russia rende possibile usare il nucleare secondo la sua dottrina”. Qual è questa dottrina?
Secondo la dottrina militare russa l’arma nucleare dovrebbe servire per difendere in casi estremi la sicurezza del paese, ma secondo alcuni essa sarebbe finalizzata ad un possibile utilizzo del proprio arsenale con lo scopo di “escalate to de-escalate”, cioè minacciarne l’uso per bloccare USA e NATO per ottenere condizioni favorevoli al Cremlino nell’ambito di un conflitto (in questo caso in Ucraina). Personalmente non ne sono convinto e il gioco d’azzardo con le armi nucleari mi sembra assai rischioso. Dall’epoca di guerra fredda esiste la cosiddetta clausola del no first-use, cioè l’impegno a non usare per primi l’arma nucleare, ma essa è solo un impegno che può essere revocato in qualsiasi momento. L’ultima Nuclear Posture Review 2022 statunitense, ad esempio, contrariamente al passato è stata secretata e non è pubblica. Insomma, i possessori di queste armi le possono usare quando vogliono.
Quali sono le differenze tra armi nucleari “tattiche” e “strategiche”?
Le armi nucleari tattiche o di teatro sono di potenza limitata (max 50 kt), montate su vettori a raggio limitato (pochi km) e con un fallout radioattivo anch’esso ridotto. Come è comprensibile, però, tali ordigni tattici potrebbero comunque essere veicolati da missili o da aerei a vasto raggio d’azione arrivando anche su obiettivi più distanti. Esse dovrebbero teoricamente servire di supporto nell’ambito di una guerra convenzionale per colpire sul campo di battaglia aree ristrette e recare danni ed effetti limitati. Quelle strategiche sono più potenti, capaci di colpire da un continente all’altro...
Quanto pesa la capacità esplosiva nella differenza tra “tattiche” e strategiche”?
Come già detto, la differenza consiste anche nella potenza esplosiva. Comunque va ricordato che le bombe sganciate sulle due città giapponesi (tra i 15 e i 20 kt) potrebbero rientrare nella categoria delle armi tattiche o di teatro. Comunque, negli anni sono state realizzate armi di potenza assai minore (meno di 1 kt) proprio per poterle usare più facilmente. Basta pensare alle statunitensi B-61 presenti anche in Italia nelle basi di Ghedi (BS) e di Aviano (PN).
antimissile, ma se, per fare un esempio, un attacco di centinaia di missili venisse sventato al 90% (un successo, statisticamente parlando), ne rimarrebbe un 10% sufficiente per una distruzione diffusa.
Qual è lo scenario apocalittico per l’Europa e per il Pianeta (persone, clima)?
Secondo una stima dell’Università di Princeton una guerra nucleare globale nel giro di poche ore porterebbe a 90 milioni di morti, immaginando un attacco su alcune decine di città a seguito dell’escalation partendo da una guerra convenzionale. A breve pubblicheremo sulla nostra rivista “IRIAD Review” una sintesi di questa simulazione realizzata con un apposito programma, che poi abbiamo voluto anche utilizzare per verificarne le conseguenze su alcune città italiane. Il quadro è certamente apocalittico, dato che i risultati si limitano a fornirci il dato dei morti e dei feriti, ma andrebbero contati anche gli effetti postumi sull’uomo e sull’ambiente, nonché i danni economici e strutturali. Gli effetti di Chernobyl e di Fukushima sono la testimonianza di quel che potrebbero essere le conseguenze. Il fallout radioattivo entrerebbe nell’atmosfera con ricadute in territori anche assai lontani dal teatro dell’ipotetico conflitto.
di Pierluigi Miele (ricevuto da Archivio Disarmo)