Intervista a Maria Gaglione, scrittrice, membro della segreteria scientifica di The Economy of Francesco.
Il Papa ha lanciato un appello a tutti i giovani del mondo per gettare le basi di una economia "dal volto umano". Ne parliamo con Maria Gaglione che fa parte della segreteria scientifica di The Economy of Francesco.
Qual è il senso dell’incontro di Assisi che ha raccolto giovani economisti da ogni parte del mondo su invito di papa Francesco?
«The Economy of Francesco (EoF) non è semplicemente un evento ma un processo, da vivere come cultura, vocazione, patto, ci ha raccomandato Papa Francesco. Quando il Papa ha scritto la lettera del maggio 2019, chiamando i giovani a dare un’anima all’economia, la crisi ambientale era già da tempo esplosa, e un capitalismo logoro e stanco era già sotto gli occhi di molti. Papa Francesco capì che un processo per ‘ridare anima’ all’economia e ‘ricostruire una casa (oikos) che stava andando in rovina’, doveva partire dai giovani. Fu una intuizione profetica e decisiva. Perché i giovani hanno alcune risorse speciali: gratuità, entusiasmo, idealismo e concretezza insieme. I giovani sono soltanto processo: per loro il tempo è superiore allo spazio per vocazione naturale. Ecco perché l’EoF prima di essere un insieme di idee, di proposte, di teorie economiche, è un mosaico di volti e storie, una comunità aperta di persone».
Questi giovani non sono venuti solo per presentare idee nuove, ma a presentare progetti concreti che cambino la realtà economica. Sono piccoli semi di trasformazione dell’economia attuale?
«Nei giorni di Assisi abbiamo potuto sperimentare la gratuità, la qualità, la speranza con cui i giovani sono capaci di pensare e interpretare il presente e il loro impegno di cambiamento nei luoghi dove si concentrano le sfide del nostro tempo. I protagonisti di EoF sono giovani uomini e giovani donne che si occupano di economia, management, filosofia, innovazione, lavoro, finanza, pace e cooperazione internazionale, sviluppo, diseguaglianze, educazione, nuove tecnologie e molto altro. L’insieme delle loro storie, iniziative e idee ha costituito - fin da subito - una dimostrazione dell’agire dei giovani in diverse parti del mondo a favore del proprio contesto sociale e di quello dell’intera umanità. Hanno dimostrato di avere un rapporto molto speciale con il ‘principio di realtà’; che negli adulti blocca sul nascere quasi tutti i progetti grandi e innovativi. Davanti all’evidenza che ‘il mondo è così’ i giovani rispondono: ‘è vero, ma se non ci piace cambiamolo’. La grande crisi ambientale per loro è questione di vita o di morte. E quindi vogliono cambiare l’economia, che vedono come la prima responsabile della profanazione del pianeta. Questi giovani si incontrano perché si sentono chiamati ad un impegno di cambiamento in ambiti precisi della vita, in questo caso l’economia e l’ecologia».
Qual è il disegno di elaborare una nuova economia?
«Nel settecento illuminista l’economia politica rinasce e la riflessione economica raggiunge una certa massa critica. Si sviluppano diverse scuole di pensiero in Europa che prendono forma dalla cultura dominante in quelle nazioni. Il modello anglosassone, di stampo protestante, calvinista, punta sull’individuo e sulla sua ricchezza e libertà. Nasce la scuola di economia politica di Adam Smith, il cui più grande scopo è l’aumento della ricchezza. Baluardo ne è The Wealth of Nations (La ricchezza delle Nazioni) scritto nel 1776 da Smith. A Napoli e in Italia prevale un modello latino, di stampo cattolico, che punta ad avere un approccio più comunitario, basato sulla tradizione del bene comune inteso come bene collettivo e non del singolo: si chiamerà economia civile. Civile è l’aggettivo che Antonio Genovesi, economista di grande ingegno, sceglie per il titolo dell’opera Lezioni di Commercio o di Economia Civile. Civile dà il nome alla prima cattedra di “commercio e meccanica”, a Napoli, prima cattedra di economia di cui si abbia traccia in Europa. Una tradizione continentale e latina che comprende Dragonetti, Gioja, Fuà e che si riannoda alle radici di quella fiducia che vede nel mercato un luogo di relazione, prima che un campo di scambi astratti».
La crisi climatica ci propone sfide inedite. Come possiamo ancora parlare di “sviluppo sostenibile” di fronte al degrado ambientale e sociale delle nostre società?
«Il XXI secolo sta mostrando che i beni comuni e i beni relazionali non sono gestibili con la logica capitalistica, e se non cambiamo presto e velocemente non faremo altro che distruggerli. I movimenti giovanili che in questi ultimi tempi stanno animando (dando anima) il mondo, dicono, in vari modi, questa stessa cosa. Il senso di Economy of Francesco riguarda anche questo: un processo avviato per offrire ai giovani – economisti e imprenditori del mondo – una patria ideale (Assisi) da dove partire per trovare un rapporto integrale con l’oikos. Una nuova ecologia è possibile solo insieme a una economia nuova – se l’oikos è uno solo, non è né concepibile né realizzabile una ecologia integrale senza una economia integrale. La pandemia ha reso tutto ciò ancora più evidente facendo emergere con durezza anche i limiti dell’economia attuale. Rianimare significa letteralmente “ridare un’anima”, perché ridare l’anima all’economia è uno dei grandi temi del magistero di Francesco. Ma significa anche “rianimare” qualcuno che sta male e - sempre nel pensiero del Papa - l’economia oggi è una “malata” da guarire. Quindi “ri-animare” l’economia è un gioco di parole che significa entrambe le cose: ridare un’anima e curare un’economia malata. Con il terzo millennio siamo entrati decisamente nell’era dei beni comuni. I beni economici e sociali decisivi per la qualità della vita sulla Terra e per la sua stessa sopravvivenza sono e saranno beni che utilizziamo contemporaneamente in tanti (tutti, in alcuni casi) e che sottostanno a leggi ben diverse da quelle che regolano la produzione e il consumo dei beni privati. In questa nuova-antica era, la regola saranno i beni comuni, l’eccezione i beni privati. La pandemia da Covid-19, le crescenti diseguaglianze e il peso dell’economia nella vita sociale e politica, ci chiamano oggi ad un serio ripensamento di alcune categorie su cui abbiamo fondato la nostra società di mercato.
L’economia di Francesco indica la strada per un’autentica conversione ecologica, che spinga alla solidarietà tra gli esseri umani e al rispetto della natura, distanziandosi dal consumismo dello sfruttamento forsennato delle risorse. È solo un’utopia o l’unica strada possibile?
«Il Patto dei giovani EoF, firmato anche da Papa Francesco ad Assisi, recita – fra l’altro: “Noi, giovani economisti, imprenditori, changemakers, […] ci impegniamo ora, singolarmente e tutti insieme, a spendere la nostra vita affinché l’economia di oggi e di domani diventi: un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda, … un’economia che combatte la miseria in tutte le sue forme, riduce le diseguaglianze, un’economia che crea ricchezza per tutti, che genera gioia e non solo benessere perché una felicità non condivisa è troppo poco. Noi in questa economia crediamo. Non è un’utopia, perché la stiamo già costruendo”. Oggi non si può fare economia senza occuparsi direttamente di ecologia. L’economia è ecologica o anti-ecologica, non può essere neutrale. C’è una forte unità tra queste due dimensioni. Da troppo tempo invece vige una “logica dei tempi” dicotomica – che ci ha portato nelle condizioni ecologiche che tutti vediamo – in cui l’economia e la finanza agiscono secondo le loro regole autonome (cioè condoni fiscali, rilancio del gioco d’azzardo, etc.) e parallelamente altri dovrebbero orientare all’ecologia quell’economia che è concepita e guidata senza essere dall’inizio ecologica. Noi invece sappiamo che se l’economia non è «da subito» e dall’inizio ecologica diventa da subito diseconomia. L’ecologia va inserita dentro l’economia, in quella ecologia-economia integrale che è il grande messaggio della Laudato si’».
di Achille Rossi