Intervento di Tonio Dell'olio, Presidente della Pro Civitate Christiana.
La ricchezza di Economy of Francesco non sta tanto nei contenuti, nelle proposte e nel dibattito che è riuscito a esprimere o ad avviare e nemmeno nel testo del Patto che è stato firmato tra i giovani partecipanti e il Papa. Il vero patrimonio è nei volti e nelle storie di ciascuno dei giovani che vi hanno preso parte esprimendo studio, ingegno, freschezza, competenza, passione, creatività, intelligenza… D’altra parte il progetto ha l’ambizione di sovvertire quello che a molti appare come il verbo incontrovertibile che guida le relazioni tra le persone e tra i popoli: il profitto a tutti i costi, l’interesse di parte, la massimizzazione degli utili d’impresa. La posta in palio è far comprendere che si vive meglio tutti se al centro dell’azione economica vi è il bene comune e la dignità di ciascuna persona. La presenza di quei giovani ha rappresentato la certezza che è ancora possibile sognare un altro mondo e che, ancora di più, è possibile aprire cantieri diffusi per progettarlo e costruirlo. Ciascuno di quei giovani proveniva resilientemente da un’area del mondo o da una condizione che nell’immaginario collettivo dice una sconfitta e un fallimento. Ciascuna e ciascuno però ha coltivato l’ostinazione del riscatto e della ribellione alla rassegnazione, all’ineluttabilità, all’impossibilità di provocare un cambiamento. Dal giovane immigrato al detenuto presuntamente irrecuperabile, dal figlio dei contadini di un villaggio africano a quello che sogna un governo più giusto in Brasile per la salvaguardia dell’Amazzonia e di tutti i suoi abitanti (uomini, animali e piante…) sono stati capaci di elaborare un progetto che può divenire testimonianza e modello ma soprattutto volano di sviluppo per una comunità intera. Esattamente il contrario della “economia che uccide”, per dirla con le parole di papa Francesco. “Si tratta di trasformare un’economia che uccide in un’economia della vita, in tutte le sue dimensioni - ha affermato Bergoglio nel suo intervento -. Arrivare a quel “buon vivere”, che non è la dolce vita o passarla bene, no. Il buon vivere è quella mistica che i popoli aborigeni ci insegnano di avere in rapporto con la terra”. E per questo proprio i giovani “imprenditori ed economisti terra terra” che sono arrivati da quelle aree e che non subiscono affatto il fascino o il miraggio dell’economia capitalista e di mercato, sono saliti in cattedra per raccontare esperienze più che teorie economiche. Se una critica può essere mossa verso l’impostazione del percorso che fin qui ha caratterizzato Economy of Francesco è che non è stata in grado di denunciare le responsabilità, anzi per dirla con tutta franchezza, “i responsabili” della situazione di ingiustizia e di sofferenza in cui versano interi popoli, categorie di persone e la terra di cui ascoltiamo il grido di dolore e di protesta. Solo il Papa ha fatto un cenno significativo ma decisivo: “Dobbiamo accettare il principio etico universale– che però non piace – che i danni vanno riparati”. Insomma quello di Economy of Francesco è un bilancio lusinghiero – per usare un parametro economico - che non può circoscriversi ai giorni di Assisi che ne sono piuttosto il risultato o la “celebrazione” e nemmeno può fermarsi nella città serafica. Tutte e tutti hanno auspicato un prosieguo con nuove tappe e un rilancio che personalmente chiedo sia anche nell’ottica della denuncia e della riparazione.
di Tonio Dell'Olio