Giovedì, 28 Marzo 2024

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Tanti auguri pe ’l Natale!

Rubrica: di(a)lettiamoci. Parlate castellane e dintorni di Matteo Nunzi.

silvia romano2

Per questo primo Natale che passiamo insieme, vorrei proporre ancora una mia poesia dalla raccolta ScreenHunter 02 Jan. 04 08.33Fòjji (nella versione riscritta in periodo pandemico, di nuovo nella parlata di Lugnano). Si tratta d’un testo molto semplice, ma che offre lo spunto per alcuni pensieri.

Nei versi s’accenna a tradizioni locali e ad altre più «internazionali», nonché allo spirito che possiamo dimostrare nei confronti delle prime e delle seconde. Si nomina il Bambino (Gesù Bambino, ovviamente), che porta doni con la trëggia trainata da un asinello, così come il Cëppo, che veniva percosso con un bastone per fargli «cacare» qualche mandarino e simili1; su un altro versante, invece, si trova tutto ciò che può venire dall’esterno, comprese le proposte maggiormente «commerciali».

L’unico commento che vorrei fare, prima di lasciarvi alla filastrocca, è questo: forse, parlando di tradizioni, spesso ci si chiude un po’ troppo in noi stessi, e la paura del «diverso» può diventare più grande dell’affetto che si ha per ciò che ci appartiene (affetto che, da parte mia, è sconfinato, certamente). Non dimentichiamoci, allora, che ognuno di noi è «il diverso» per qualcun altro; e «diversi» non sono solo coloro che vengono da un’altra parte del mondo. Appariamo differenti, infatti, da una generazione all’altra, da un nucleo abitato a un altro, o da una classe sociale a un’altra, e l’identità non risulta costante (né soltanto una) in alcun luogo2.

Se volessimo ricercare l’origine dei pericoli più gravi che insidiano le abitudini del territorio, quindi, non la troveremmo nelle realtà che hanno la «colpa» di non essere esattamente uguali alla nostra (credendo, magari, che quelle possano nuocere per il semplice fatto d’esistere), ma in ciò che nega la pluralità, ossia in tutto quello che appiattisce e ingrigisce il volto del mondo (per sua natura coloratissimo) – e ci accorgeremmo anche che, tante volte, siamo noi in prima persona gli esecutori di tali misfatti.

Tornando più strettamente al tema linguistico, quanto detto non perde validità: pure le lingue subiscono gli attacchi di chi nega la molteplicità, soprattutto quelle più minute, sotto i colpi che sferzano contro di esse la spinta al consumo cieco o certe distorte ideologie nazionalistiche o meramente utilitaristiche. Ricordiamoci, dunque, che anche attraverso l’uso (e la scelta) d’un idioma possiamo fare battaglie grandi, pur agendo nel piccolo. ◘

1 La tradizione del Cëppo che «caca» era piuttosto radicata in numerose famiglie rurali delle nostre zone. Quest’usanza, nelle modalità che ho conosciuto da bambino, non trova molti eguali lungo lo Stivale, ma la si ritrova quasi identica fuori d’Italia. Su tale singolare consuetudine ho scritto un articolo, che è possibile leggere anche nel sito «www.voxminima.it», nel quale si citano diversi costumi natalizi (e si dice pure cos’è la trëggia, per chi non lo sapesse).

2 È in effetti per questo che preferisco il termine «condivisione», al posto del più diffuso «difesa», quando si parla di tradizioni e identità (altrimenti ognuno dovrebbe «muovere guerra» al resto dell’umanità!).

di Matteo Nunzi | Matìo de Nunzi

 


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