Fare la pace col pianeta

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Dossier.

silvia romano2

«Siamo su un’autostrada per l’inferno climatico col piede sull’acceleratore». L’espressione drammatica del Segretario generale dell’Onu fotografa alla perfezione l’impotenza della politica di fronte alla questione climatica. O sancire un patto di solidarietà per il clima o sprofondare in suicidio collettivo.

L’ultima conferenza fra le parti che si è tenuta in Egitto si è conclusa con un nulla di fatto, senza nessun impegno concreto per ridurre il consumo di combustibili fossili e senza risarcire gli impatti negativi dei cambiamenti climatici. Dopo un braccio di ferro tra i Paesi industrializzati e quelli del Sud si è ottenuto un meccanismo di compensazione per i paesi più poveri, che verrà discusso alla prossima Cop 28.

I paesi più vulnerabili, come il Pakistan, il Bangladesh, la zona del Sahel e le isole del Pacifico, vivono sotto l’incubo di un clima impazzito. Il deserto avanza, le popolazioni si spostano in cerca di cibo, il lago Ciad si sta prosciugando, la foresta viene devastata, la siccità flagella il Corno d’Africa.

In Etiopia milioni di persone vengono minacciate dalla fame e dalla insicurezza alimentare in una specie di indifferenza generalizzata.

I veri vincitori della Cop 27 sono i 600 lobbisti delle multinazionali che difendono gli interessi dell’estrazione e della commercializzazione dei combustibili fossili. Anche se ci troviamo sul ciglio di un baratro, non affrontiamo mai le scelte strutturali del sistema economico dominante. Ce lo chiedono il grido dei giovani e il collasso del pianeta.

di Achille Rossi