Un gabinetto di guerra

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Politica. I primi 100 giorni di Governo sono stati segnati dalla fedeltà atlantica della premier.

silvia romano2

A 100 giorni dal suo insediamento, come definire, malgrado le sue contraddizioni interne e le sue marce e retromarce, il governo MbS, Meloni-berlusconi-Salvini, solo casualmente omonimo – ci mancherebbe – di Muhammad bin Salman? Non c’è dubbio: un Gabinetto di Guerra. Il suo principale tratto distintivo? La scelta bellicista. Alcuni tra i primi atti di governo? La telefonata di Meloni a Zelensky e la promessa di un suo quasi immediato viaggio a Kiev, presto disatteso. Definitiva comunque la garanzia meloniana – sia all’attore-presidente-eroe sia a Biden, il canuto Signore degli Anelli della Casa Bianca – sulla fedeltà neo-atlantista e co-bellicista dell’Italia. O meglio, soprattutto del primo partito di governo, i Fratelli d’Ita(g)lia neo o para-fascista.

In questo quadro, ovvio che, dopo SoyGiorgia, il personaggio più importante sia il gigantesco polifemico Crosetto, ministro della Difesa per giuramento, ministro della Guerra di fatto. In aperta violazione della Costituzione art. 41. Come il mitico Polifemo, sembra avere un occhio solo. Strabico peraltro, perché, con il Capo- o Capa-Gabinetto, confonde pace e guerra. Per porre fine alla guerra in Ucraina bisogna alimentarla con le armi, ossia con l’escalation militare, ossia con la guerra? Per spegnere il fuoco bisogna attizzarlo? È la stolta ipocrita teoria di Stoltenberg, delle riunioni della Nato, del Pentagono che ne tira le fila. E dietro, dell’oligarchia militar-industrial-finanziaria Usa.

Al recente ottavo vertice Nato di Ramstein, il 20/01/23, erano rappresentati 50 Stati, di cui membri Nato solo 30. Perché 50, un quarto dei membri Onu? Perché l’Onu è oramai svilita, delegittimata, sempre più surrogata dalla Nato allargata sotto il comando Usa. L’obiettivo è solo la Russia? O anche la Cina, già sotto tiro della flotta militare navale Usa nell’Indo-Pacifico? O anche il Nord-Corea, l’Iran degli Ayatollah, il Pakistan, la Siria di Assad, l’eterna Cuba, e, perché no?, prima o poi il Brasile di Lula, e così via all’infinito? È la paranoia dell’impossibile americanizzazione del mondo, dell’instauratio magna di un solo unico Impero distopico globale, planetario? Sull’Ucraina, la conclusione del vertice è stata: «Vincere la guerra», con l’invio di nuove armi. Presente, sull’attenti, anche il mitico Crosetto, che, – schizofrenico alter ego di Lavrov e Medvedev, assatanati pronti un giorno sì e l’altro pure a minacciare l’Occidente con i missili atomici tra i denti, – in caso di vittoria della Russia ha evocato la Terza guerra mondiale. Come fosse un pranzo di gala, anziché l’Olocausto, il suicidio nucleare collettivo di homo (in)sapiens (in)sapiens. Non sarebbe più saggio intraprendere la via negoziale e diplomatica, magari valorizzando la proposta di pace bergogliana, riassunta di recente dal vaticanista Marco Politi su MicroMega?

Certo è che la scelta bellicista del governo MbS si irradia sul complesso delle sue politiche, sì da meritare la definizione di Gabinetto di Guerra. Semplice la ragione. Se si porta rapidamente il budget militare al 2% del Pil, con una spesa, peraltro in deficit, di circa 10 miliardi all’anno, aggravata dall’invio di armi che vanno rimpiazzate, – sempre sia lodata la lobby delle armi! –, inevitabilmente bisogna ancora comprimere il welfare, scuola, pensioni, università, sanità. Ridurre e abolire il RdC, abbandonando al loro misero destino disoccupati e «in-occupabili». Smontare il Decreto Dignità, reintroducendo flessibilità e precarietà, a gloria eterna dell’orrendo Jobs Act padronal-renziano. Intestarsi insomma politicamente, all’interno, la feroce guerra neoliberista dei ricchi contro i poveri.

Allo stesso fine mirano, con tutta evidenza, sia l’estensibilità delle misure repressive tipo anti-rave contro eventuali futuri critici, dissidenti e oppositori di piazza (lo stato di guerra richiede ferrea compattezza interna); sia il disegno di irreggimentazione già in fieri di stampa, radio e tv per propinare il «pensiero unico», anzi no, l’ideologia unica bellicista; sia la controriforma giudiziaria in corso, che vuole l’abolizione della legge Severino contro i politici corrotti, lo svuotamento del Decreto Bonafede sulla prescrizione, già deturpato dalla Legge Cartabia, e infine l’indecoroso e confusionario, ma deciso e irremovibile attacco ai Pm, per tentare di asservire la magistratura al governo. Il tutto a beneficio della «libertà» extra legem di potenti, abbienti e strafottenti, parti di un certo mondo politico-partitico e del capitale industrial-finanziario interno e internazionale, – libertà di fare e/o disfare ciò che vogliono, se, quando e come vogliono, incensurati e incensurabili, impuniti e impunibili –. È il fascio-neoliberismo bellezza, sottoprodotto interno del bellicismo ultratlantista all’esterno. Meloni? Più draghista di Draghi, più bidonista di Biden. ◘

di Michele Martelli