La vergogna

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Città di Castello. Documentare lo stato del patrimonio mobiliare Franchetti.

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Ecco dove è andato a finire il patrimonio mobiliare di Leopoldo e Alice Franchetti. Le immagini, ancora poche, documentano lo stato di degrado dei mobili, dei telai, degli arredi asportati dalle scuole e da Villa Montesca. Di questo materiale esiste un inventario, anche se incomplleto. Quando gli edifici e le scuole furono svuotate per consentire i lavori di recupero e restauro dopo il terremoto del 1984, nessuno si preoccupò di stilare un elenco, di fare un inventario del materiale che veniva trasferito dalle sedi proprie, né di indicare dove ognuno di esso venisse riposto. Solo successivamente fu ricostruito da Luciano Neri durante la sua presidenza di Tela Umbra. Quello che si vede è stato fotografato presso Solomeo. Si possono notare banchi di scuola assieme a telai ammassati disordinatamente, ricoperti di polvere e di sporcizia tale da renderli irriconoscibili. Dopo che l’imprenditore Cucinelli ha deciso di allargare i suoi laboratori, questo materiale è stato trasferito nella sede della Protezione civile di Foligno e, in parte, in altre sedi. Con tutti gli stabili industriali vuoti per dismissione delle proprie attività non si è stati capaci di trovarne uno per far tornare quel materiale nella città a cui appartengono. Recentemente abbiamo fatto richiesta formale alla Regione di poter effettuare un sopralluogo nelle sedi dove si trova attualmente quello che resta dell’intero patrimonio Franchetti, per poter verificare lo stato di conservazione dei mobili, ma anche degli arredi e delle opere d’arte che furono portate via. Abbiamo usato la locuzione “quello che resta” perché osservatori oculari, ormai scomparsi, lasciarono detto ai propri famigliari che parte dello svuotamento avvenne in ore notturne per opera di camion che venivano riempiti di materiale che nessuno sapeva se prendesse la strada di Perugia o deviasse per altre destinazioni. Non sappiamo se si tratta di una leggenda metropolitana, ma è certo che le sottovalutazioni, gli occhi che si sono chiusi per non vedere e le teste che si sono girate da un’altra parte in quel periodo furono molte, come molte sono state le responsabilità pubbliche degli amministratori di allora. L’unica voce che si alzò per denunciare lo scempio che si stava compiendo fu quella del Direttore Didattico Stanislao Segapeli con una documentata lettera rivolta agli amministratori in carica. Nessuno ascoltò. Ma nessuno mosse una paglia.

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Tale negligenza non è solo imputabile a una sottovalutazione della classe dirigente di allora, ma fu anche la conseguenza di un abbassamento culturale complessivo della città che non aveva compreso il valore straordinario dell’opera franchettiana. Recuperare quella memoria non è soltanto un atto doveroso, ma anche l'occasione per recuperare lo spirito che ha ispirato la molteplice progettualità dei coniugi Franchetti. ◘

A cura della redazione.

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