Celebrare 50 anni di una vicenda di cui ciascuno ha contribuito a costruire un capitolo.
È stata questa la sensazione che si respirava in un venerdì sera di maggio dell›anno scorso quando a Riosecco persone di tutte le età si sono incontrate per riguardare le diapositive di 50 anni di Doposcuola: ognuno si riconosceva in qualche immagine, partendo da chi esclamava di gusto nel rivedersi ragazzo in campeggio negli anni Settanta e Ottanta, per arrivare – scorrendo di anno in anno - a chi il Doposcuola lo ha vissuto negli ultimi periodi.
È iniziato così un fine settimana il cui intento non era solo ricordare il passato, ma proiettare sul presente i frutti di un›esperienza avviata da Achille Rossi nella periferia di Città di Castello mezzo secolo fa, che ha segnato l’adolescenza di numerose persone e continua a proporsi alla comunità come luogo di crescita e di relazione.
L’iniziativa è proseguita nella giornata di sabato 14 maggio con un dialogo sull’educazione con Goffredo Fofi, Mauro Luciani, Alessia Bartolini e Stefano Casulli, per poi concludersi domenica 15 con una camminata a piedi da Riosecco a Vallurbana accompagnati da Giovanni Cangi.
Il Doposcuola per molti è stato questo: incontrarsi, discutere, confrontarsi, camminare.
Se ripenso a ciò che ha rappresentato frequentarlo per 8 anni, realizzo che probabilmente a tante di queste attività ci saremmo arrivati lo stesso nel corso della vita: dal leggere i quotidiani all’ascoltare i pensatori del nostro tempo, dal coltivare l’orto al pulire gli ambienti che occupavamo, dal fare il cammino di Santiago all’arrivare a quota 3000 metri in Val d’Aosta.
Ma il bello è stato farlo durante gli anni delle scuole medie e superiori, quando tutto sembra possibile e niente spaventa, quando si gettano i semi della vita che verrà. Ridendo più del dovuto e creando mitologie di soprannomi e aneddoti, arrabbiandoci per ciò che ci pareva ingiusto, cantando ai bordi del fuoco, arrovellandoci intorno all’essenza dell’amicizia. Esprimendo le nostre idee e imparando ad ascoltare. Vivendo, senza quasi accorgercene, l’esperienza quotidiana della diversità, finendo così per considerarla parte integrante e arricchente delle nostre giornate.
Presumibilmente a quell’età avevamo già in noi inclinazioni che poi si sono espresse nel corso degli anni con le scelte di vita, studio e lavoro, ma allo stesso tempo è come se lo stare insieme quotidiano del Doposcuola ci abbia aiutato a identificarle e dar loro valore.
Recentemente ho appreso il significato della parola valore: dal latino valeo, indica ciò che è robusto, consistente, sta in piedi da solo. Ciò che non ha bisogno di essere giustificato. Mi sembra che il Doposcuola ci abbia insegnato ad apprezzare e difendere ciò che nella nostra vita c’è di più indiscutibile.
In questo processo, con sapienza Achille non ci ha offerto un programma totalizzante, a senso unico, ma una strada da percorrere in cui ognuno ha trovato i suoi tesori. In cui questa possibilità si accompagna alla responsabilità verso gli altri, alla decisione comune, all’iniziare ogni giornata sedendosi in cerchio. In cui la scoperta di se stessi va di pari passo con l’accoglienza degli altri. In cui non ci sono metodi precostituiti da attuare ma una convivenza costruita giorno dopo giorno.
E sia nel festeggiarne i 50 anni o nel riformulare ciò che il Doposcuola ha rappresentato per noi che lo abbiamo vissuto, continua a emergere che questo modo di stare insieme non ha solo la capacità di sprigionare un’incredibile energia negli anni giovanili, ma si rivela prezioso anche per la vita che viene dopo: oggi come cinquant’anni fa, a tredici anni come a ottanta, siamo fatti per parlare, per interrogarci, per camminare, per provare a fare la differenza, per convivere. Aderire a queste esperienze essenziali con profondità e partecipazione è qualcosa che può cambiare il senso, oltre che il gusto, di ciò che viviamo. ◘
di Giulia Grassini