Editoriale. Mai così vicini alla mezzanotte nucleare.
Stiamo navigando velocemente verso la deflagrazione della Terza guerra mondiale come il Titanic viaggiava inconsapevole verso l’iceberg che l’avrebbe fatto affondare. La nave ormai naviga con il pilota automatico e i passeggeri lasciano che segua il suo percorso senza cercare di modificarne la rotta, preoccupandosi di fare ciò che si fa in un transatlantico: si balla, si canta, ci si diverte, si fa finta di governare, si viaggia in un mondo irreale, senza vedere quello reale. Così, mentre l’orologio dell’Apocalisse ha portato le lancette a 90 secondi dalla mezzanotte nucleare e mentre è uscito l’Atlante dei conflitti mondiali che elenca tutte le guerre attive sul pianeta, la Russia sta posizionando i missili ipersonici Zircon contro l’Ucraina, Germania e Usa decidono di impiegare i carri armati Leopard e Abrams, innalzando il punto di non ritorno, cosa che consente ai Russi di dichiarare ormai apertamente che la guerra non è più tra Russia e Ucraina, ma tra Russia e Stati Uniti. Gli stati maggiori delle grandi nazioni cominciano a parlare, di invasione possibile della Polonia e della Germania e del conflitto con l’Europa e si ritirano gli ambasciatori dai Paesi considerati nemici. Per completare il quadro, nella polveriera dei Balcani sta per esplodere nuovamente il conflitto tra Serbia e Kosovo, l’America latina è in preda a fibrillazioni tra desiderio di democrazia e ritorno delle dittature, l’Africa falcidiata dal Covid è presa d’assalto dalle potenze coloniali, Cina e Russia in testa, l’islam è in fiamme per la rivolta delle donne contro gli ayatollah, lo scontro Israele-Palestina si sta radicalizzando sempre più. Intanto la Nato si posiziona nel quadrante del Pacifico per limitare l’espansione della Cina che punta, in alleanza con la Russia, a monopolizzare la rotta dell’Artico, presto reso navigabile dai cambiamenti climatici in atto, aprendo una via nuova ai suoi traffici commerciali, una via che per ragioni geografiche sarà sotto il controllo della Russia. Mentre accade tutto questo – l’Armageddon per assicurarsi il dominio mondiale costi quel che costi – nel Titatnic-Italia si è discusso se far intervenire o meno Zelensky a Sanremo, si continua a litigare sulle armi da inviare o non inviare, si discute di intercettazioni, di inflazione, di chi sarà il segretario del Pd che non sarà più Pd, se costruire il ponte sullo stretto, ci si accanisce sulle Ong di soccorso agli immigrati raccolti in mare. Senza rendersi conto che la deflagrazione di un conflitto mondiale renderebbe questi aspetti del tutto inutili e insignificanti rispetto a una realtà che cambierebbe, insieme alla nostra, la vita complessiva sul pianeta. Ma il pilota automatico fa il suo dovere, quello di portarci a sbattere allegramente, senza pensarci, perché il solo pensarci ci fa star male, e ancora più male fa il senso di impotenza di fronte a una situazione percepita come impossibile da modificare. Per questo c’è il pilota automatico, perché ci consente di girare la testa da un’altra parte pensando di eternizzare il qui e ora e di esorcizzare il pericolo incombente. La storia, sotto questo profilo, è maestra. È stato così agli albori del ‘900 e prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.
La nostra psiche ragiona secondo criteri di sicurezza e sotto la spinta del principio di piacere. Non è fatta per tollerare a lungo un male senza poterlo eliminare o trasformare, perché la sofferenza che ne deriverebbe sarebbe insopportabile. E allora volge il suo interesse altrove, come se si trattasse di una cura palliativa. Ma è una scappatoia illusoria. Ci comportiamo come quei tedeschi che vivevano normalmente accanto ai campi di sterminio, mentre dai camini dei forni crematori uscivano le scorie di milioni di esseri umani bruciati e insieme a quei corpi si dissolveva l’umanità di tutti. ◘
Altrapagina.it