Solidarietà.
Il viaggio di Papa Francesco in Africa ha acceso un grosso faro sulle difficili condizioni di vita delle popolazioni del Congo e del Sud-Sudan. Il Papa ha pronunciato parole forti: «Giù le mani dall’Africa», «Basta arricchirsi con i soldi sporchi di sangue».
Nel nostro territorio, da anni, è presente un’associazione di nome “Zuki”, che ha attivato in molti villaggi attorno alla città di Bukavu, capoluogo del Sud-Kivu, dei progetti per aiutare le popolazioni locali, con particolare riguardo alle condizioni dei bambini. Vista l’attenzione che ha destato il viaggio del Papa su questo enorme paese, abbiamo voluto incontrare Elia Ciliberti, attuale presidente di Zuki, per capire quali progetti sono in atto nel territorio di Bukavu e quali risultati riescono a portare avanti.
Elia, da quanto tempo fai parte dell’associazione?
Dal 2016 sono entrato in contatto con Davide Tacchini che mi ha parlato dell’associazione e della possibilità di fare il viaggio in Congo nell’agosto di quell’anno. Da quel viaggio è iniziata la mia collaborazione con Zuki anche in Italia, e dal 2018 sono diventato Presidente.
Quando è nata l’associazione?
Zuki, che in lingua swahili significa “alzati”, è nata nel 2001 da un incontro fortuito di alcuni ragazzi di Città di Castello e padre Giustino che opera in Congo. Nel suo viaggio da Roma a Sansepolcro è sceso erroneamente a Città di Castello e, qui, ha incontrato Davide e Nicola che lo hanno accompagnato a destinazione. Durante il percorso ha raccontato della sua esperienza in Congo e quanto fosse necessario reperire fondi per migliorare le condizioni di vita, soprattutto dei bambini.
Da questo momento nasce il progetto di Zuki?
Sì, con l’entusiasmo e la collaborazione di tanti ragazzi, nasce il progetto di adozione a distanza per garantire una istruzione ai bambini e fornire anche una assicurazione sanitaria.
Come riuscite a finanziare i progetti?
Grazie alle donazioni delle famiglie italiane e al lavoro degli operatori congolesi possiamo garantire il diritto allo studio a 400 bambini con 280 adozioni nel territorio di Città di Castello e 120 a Treviso. A essi, oltre al pagamento dell’iscrizione scolastica, vengono fornite le uniformi, lo zaino, le scarpe e il materiale didattico. Inoltre aggiungiamo aiuti e cure ai bambini malati.
Quante persone fanno parte di Zuki?
Ci sono 10 volontari con un impegno attivo e tante persone che contribuiscono a dare una mano. La pandemia ha penalizzato molto le attività dell’associazione per reperire i fondi e non ha reso possibile il viaggio che annualmente facevamo in Congo per verificare come proseguono i progetti.
Chi è il referente dei progetti in Africa?
Padre Giustino, che speriamo possa tornare in Italia ad Aprile, e che ci tiene aggiornati sulle necessità dei bambini più poveri. Molti ragazzi del posto, inoltre, si prendono cura di seguire i bambini nell’attività educativa. Attualmente i costi gestionali sono aumentati, a causa dell’incremento dei prezzi dei beni di prima necessità: cibo, farmaci, scarpe, vestiti… e con le donazioni, che non sono sempre consistenti, non sempre si riesce a far fronte a tutte le spese.
Oltre a promuovere l’istruzione vi occupate anche di altri progetti?
L’associazione si è fatta carico di bambini nati dalle violenze subite dalle donne da parte delle milizie e dei guerriglieri. Donne isolate dalla comunità assieme ai loro bambini che venivano definiti maledetti. Zuki ha conosciuto una trentina di queste donne e ha creato per loro un progetto con le macchine da cucire per garantirgli un minimo di sostentamento.
Come vive in generale la popolazione nel Sud-Kivu?
La popolazione di queste aree vive enormi problemi di sfruttamento da parte delle multinazionali che rapinano il territorio sia dal punto di vista agricolo che delle risorse minerarie. Nelle miniere di diamanti, coltan e cobalto vengono impiegati i bambini per l’estrazione, lavorano in condizioni disumane e spesso muoiono. Altra piaga è il fenomeno dei bambini soldato che è sempre più diffusa. La popolazione nelle aree rurali vive di allevamento e agricoltura, anche se le difficoltà non mancano: spesso devono difendersi dalle incursioni dei guerriglieri che fanno razzìe nei villaggi. Chi abita in città si “arrabatta” con piccoli commerci e la pesca, mentre la maggior parte della popolazione vive nelle baraccopoli.
L’arrivo del Covid ha contribuito ad aumentare la crisi alimentare: una persona su tre soffre di fame acuta. Quali obiettivi vi proponete per il futuro?
Gli obiettivi dell’associazione sono diversi: primo fra tutti dobbiamo riprendere la formazione e la sensibilizzazione nelle scuole sui problemi che riguardano la popolazione congolese ed estendere questi interventi anche alla popolazione adulta della nostra città. Riattivare progetti di volontariato e promuovere la pace come obiettivo fondamentale. ◘
di Maria Grazia Goretti
Associazione Zukionlus
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