Una riflessione.
Capita a tutti di leggere distrattamente qualche articolo sui quotidiani: Ma un articolo di Pino Arlacchi, sul “Fatto Quotidiano”, mi ha fatto riflettere. Pino Arlacchi è conosciuto a livello mondiale per essere una eminente personalità che si occupa dei problemi della “sicurezza umana”. Ha ricoperto la carica di Vicesegretario dell’ ONU e di Direttore dell’UNDDC (United Nation Office on Drugs and Crime). È stato deputato italiano e parlamentare europeo. Sotto scorta per 13 anni a causa delle minacce e le intimidazioni per il suo impegno continuo e risoluto contro la criminalità organizzata planetaria. Fu amicissimo del compianto magistrato di mafia Giovanni Falcone che di Arlacchi ebbe a dire: «Potrei fare a meno di molte persone ma mai di Pino Arlacchi». Testimoniando quell’esaltante amicizia, lo scrittore/scienziato diede alle stampe il formidabile libro “Giovanni ed io”. E poi ancora, senza Pino Arlacchi non avremmo mai conosciuto la vita , il pensiero, i comportamenti umani e criminosi dell’organizzazione mafiosa mondiale. Scrisse infatti il libro, per certi versi insostituibile, “I padroni della finanza mondiale”.
La Cina di Pino Arlacchi.
«Perché la Cina sta vincendo tutte le guerre? Non ne ha fatta nessuna. Non il Kossovo, né l’Afghanistan, né Irak 1991-1993, Libia, Siria, Yemen e la guerra atroce per la distruzione della Jugoslavia. L’Occidente le ha perse quasi tutte. “La più grande delle vittorie, ci ha insegnato Sun Tzu 2600 anni fa, consiste nel vincere una guerra senza combattere”. Sembra che il Presidente americano Jimmy Carter abbia detto un giorno a Donald Trump, un po’ sull’ironico un po’ sul preoccupato: “La Cina non ha sprecato un solo centesimo per le guerre, ed è per questo che si trova più forte di noi quasi in ogni campo»! E fin qui Pino Arlacchi.
Soft Power.
Nella traduzione inglese significa “potere dolce”, ma in ambito politico può significare anche capacità di convincere, persuadere, attrarre. Appartiene, soprattutto, alla pratica propagandistica dell’intero Occidente (USA ed Europa, in primo luogo) ma, da qualche anno, anche la Repubblica Popolare Cinese non ne è immune. «Dobbiamo proseguire la pratica del Soft Power, come ha insegnato il mondo occidentale» ha avuto modo di annunciare il Presidente cinese Xi Jingping fin dal 1914. L’apertura di 525 Istituti confuciani, distribuiti in 146 stati del mondo, è una testimonianza della pratica di Soft Power alla cinese. Gli Istituti confuciani (Kongzi Xuey) si rivolgono a 1113 classi di studenti per insegnamento del cinese. La Cina oggi è diventata la terza nazione al mondo per numero di studenti stranieri presenti ogni anno per compiere la loro attività di studio nel “regno di mezzo”(Zong Guò-Cina). La TV cinese (China global Television Network) trasmette 6 canali televisivi in lingua straniera: tutta persuasione, opera di convincimento, esortazione, consiglio, potere dolce utilizzato nelle relazioni internazionali. Appunto Soft Power come in occidente! Tuttavia secondo il professore J.S. Nye, teorico stimatissimo dei tre poteri, Soft, Hard, Smart, la Repubblica popolare cinese usa il potere Soft per «mitigare l’immagine aggressiva del paese e rendere più fragile le possibili coalizioni fra gli Stati dell’est asiatico». Ma a noi conviene lasciar stare (per ora!) il professore J.S. Nye, l’altro teorico delle civiltà Huntington, l’altro ”birbante” Fukuyama della fine della storia e anche il nostro, dalle livide parole, Federico Rampini (lui chiama il Presidente cinese “quello lì”!). E ci piace, alla fine, citare il tanto amato Mahatma Gandhi: «Aprite le finestre della casa a tutte le culture del mondo, in modo che un vento piacevole possa spirare in tutta l’abitazione». Il “Vento dell’est…” s’intende! ◘
di Antonio Rolle