Venerdì, 29 Marzo 2024

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La trappola di Tucidide

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silvia romano2

La strategia del caos e la bar­barie dell’ordine mondiale attuale impongono ai movi­menti democratici, sociali, pacifisti l’urgenza di orga­nizzarsi, di unirsi nella loro plura­lità, per affermare un pensiero e una azione radicali, per fermare le guerre e promuovere una politica di pace. Adesso, prima che sia trop­po tardi. E non c’è altra possibilità se non rivitalizzare la democrazia come sistema di valori e regolamen­to internazionale di governo, e pun­tare sulla cultura come unica arma in grado di rispondere alla crisi di pensiero che l’umanità sta attra­versando e che costituisce il vero problema che sta portando l’umano sull’orlo dell’abisso.

E ribadisco quello che ho sempre af­fermato, dobbiamo farlo noi, i citta­dini, i movimenti, perché il mondo è pericolosamente caduto in quella che la letteratura e la storia hanno tramandato come la “trappola di Tucidide”. Cioè la geopolitica come azione degli Stati per garantire i propri “vitali interessi strategici e di sicurezza”. I propri contro quelli degli altri. È una concezione che porta dritti alla guerra.

Ci troviamo a un bivio della storia nel quale la costruzione di un siste­ma di regole e di istituzioni interna­zionali, a partire da una comunità di destino planetario, è l’unica soluzio­ne realistica, che non può che deri­vare dalla iniziativa dal basso delle genti e dei popoli. Politica dei popoli finalizzata a costruire rapporti coo­perativi tra Stati contro geopolitica dei potenti ossificata nel manteni­mento delle attuali e insostenibili conflittualità. Non c’è alternativa, non si sfugge a questo confronto.

Per comprendere quello che voglio affermare divido, semplificando, la storia in tre fasi: 1) Quella dell’asce­sa dell’Europa, della conquista del mondo cominciata con la coloniz­zazione delle Americhe nel 1492 e durata fino al XV secolo. È l’inizio della globalizzazione e le potenze europee sono padrone del mondo. 2) La seconda, rappresentata dall’a­scesa degli Stati Uniti che diventano la nazione più potente mai apparsa sulla Terra. 3) La terza, quella nella quale siamo immersi, che definirei “l’ascesa degli altri”.

È la negazione dell’essenza di que­sta terza fase, caratterizzata dal multilateralismo, che fa scattare la “trappola di Tucidide”. E che potrebbe far esplodere una guerra tra Stati Uniti e Cina, con effetti devastanti per gli umani su questo pianeta.

La guerra in Ucraina è prodromo e pezzo non secondario di questa “guerra grande”. Questo lo aveva capito già nel V secolo avanti Cri­sto lo storico ateniese che, analiz­zando la guerra del Peloponneso tra Sparta ed Atene, attribuiva lo scoppio della guerra alla crescita della potenza ateniese e al terrore che questo ingenerava nella rivale, e fino ad allora egemone, Sparta. È comprensibile a chiunque la pe­ricolosa analogia con l’attuale fase storica, con una potenza a lungo dominante come gli Stati Uniti che si trova a fronteggiare una potenza emergente, la Cina.

Il paradosso è che in tempi come in quelli in cui viviamo, con una dota­zione di armamenti convenzionali e nucleari capaci di produrre effetti devastanti a livello globale, il para­digma che guida l’azione dei gover­nanti è lo stesso di 2.500 anni fa. È evidente che oggi abbiamo bisogno di democratizzare il sistema di re­lazioni internazionali e di un nuo­vo ordine mondiale. La Cina non è in grado di rappresentare da sola il nuovo centro dell’ordine mondiale. Ma senza il dialogo con la Cina, un nuovo ordine mondiale, inevitabil­mente multilaterale e policentrico, non potrà nascere. L’idiozia analiti­ca del professore americano Francis Fukuyama è stata spazzata via dalla realtà, e la narrazione autogratifi­cante che come occidente ci siamo fatti sulla “fine della storia” si è ri­velato un bias, processo che la psi­cologia definisce come distorsione cognitiva che crea una propria real­tà soggettiva non corrispondente al reale.

Nel 2023 il 50% dell’intero Pil mon­diale sarà prodotto da due soli Paesi, l’India e la Cina. L’Europa e gli Stati Uniti produrranno il 10%. Il 40% sarà prodotto dai restanti Paesi. Cambia­menti così profondi non possono es­sere gestiti con la tradizionale visione della politica internazionale, quel­la che considera il mondo il luogo dell’anarchia senza regole, popolato da nemici concorrenti con i quali è possibile solo competere e scontrarsi. Anche con la guerra. Ma questo non è vero. Mai come oggi le crisi sistemiche globali stanno dimostrando che le esi­genze di popoli e nazioni non solo non sono incompatibili, ma che si possono affrontare solo cooperando. ◘

di Daniela Mariotti


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