Lunedì, 02 Dicembre 2024

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Cantiere Tiferno

Città di Castello. Intervista al Sindaco Luca Secondi.

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Non è un Vangelo, ma è la parola del primo cittadino, Luca Secondi, Sindaco da poco più di un anno, sulle prospettive di cambiamento della città. Gli abbiamo sottoposto alcune domande su argomenti di carattere generale e su come intenda operare.

L’inchiesta giudiziaria aperta sul Lascito Mariani e sull’ex ospedale a carico della Giunta regionale, dell’ex Sindaco Bacchetta e di alcuni tecnici è un atto di accusa di un’intera classe dirigente.

«Le inchieste di carattere giudiziario non spetta a me valutarle e ritengo non idoneo trarre da esse giudizi politici. Per il resto, in tema di infrastrutture l’attività di questa amministrazione è stata capace di ottenere con il Pnrr 5 milioni di euro per interventi nel centro storico, in aggiunta a quelli utilizzati per le mura urbiche, con i quali sono previsti varie opere: restauro di Piazza del Marchese Paolo, del Loggiato Gildoni, del Mercato coperto ecc. (nove interventi), oltre alla “variante del Cassero” (già in atto), ottenuta con altri finanziamenti. Ulteriori risorse arriveranno dalla “Seconda agenda urbana”.

Poi ci sono strutture di proprietà pubblica e/o privata situate nel centro storico. L’ex ospedale è di proprietà regionale, e spetta a essa la responsabilità amministrativa. La situazione non è tuttora gestita in modo adeguato dall’attuale Amministrazione regionale, ma anche quelle precedenti si sono distinte per continui ritardi».

Ma il problema viene da lontano!

cantiere tiferno altrapagina aprile 2023 evidenza 2«Nel 2019 è stata approvata dalla Regione una delibera che delineava un percorso per arrivare al recupero di una porzione dell’ex ospedale per la Casa della Salute, con contributi della Asl e della Regione in aggiunta al Lascito Mariani, per un valore di circa 10 milioni di euro. Poi la Presidente Marini è stata costretta alle dimissioni per le vicende note e la nuova amministrazione Tesei non ha ritenuto di dare corso a quella delibera. Tuttavia questo percorso era stato contrastato sia dal Centro destra sia dal Centro sinistra. Castello Cambia si era opposto all’impiego del Lascito in quella forma».

Perché contraddiceva la volontà dei donatori.

«Se quella scelta politica aveva messo in campo un percorso fattibile, significa che valutazioni di carattere giuridico erano state fatte».

Era già stato chiarito giuridicamente che il Lascito non poteva essere utilizzato per opere murarie. In ogni caso proposte di recupero ne sono state fatte molte in 23 anni, senza mai approdare a nulla di concreto.

«Ciò che rimprovero alla Regione è di non aver inserito, all’inizio del 2022, l’immobile dell’ex Ospedale nei bandi del Pnrr. Non averci nemmeno provato è stato un errore: una occasione simile capita una volta nella vita. Il Comune è riuscito a ottenere 10 milioni per il recupero della scuola Dante Alighieri; la Regione avrebbe potuto fare la stessa cosa: almeno tentare! E nel Piano regolatore sono state previste destinazioni urbanistiche di qualsiasi tipo. Eppure non abbiamo avuto risposta. Tuttavia reputo che aver destinato 3 milioni di euro per la messa in sicurezza del tetto sia una buona notizia. Ciò può aprire la strada a una indagine di mercato (tramite una manifestazione di interesse di carattere europeo) attraverso cui si può capire se esista la possibilità di aprire uno scenario di recupero possibile della struttura».

Perché non avete puntato i piedi sulla questione dei bandi?

«Nella fase iniziale la Regione aveva addirittura inserito una scheda, per circa 2 milioni di euro, indicando come immobile da recuperare San Domenico invece dell’ex ospedale, non capendo nemmeno quali fossero le sue proprietà. A quel punto, abbiamo scritto una lettera ufficiale indicando l’immobile da inserire, ma non c’è stata la volontà di percorrere questa strada».

E la Casa della Salute che fine ha fatto?

Noi avevamo fatto una scelta politica precisa e trovato 10 milioni di euro».

Ma era palesemente sproporzionata tale cifra per un intervento sull’intero immobile.

«Con 10 milioni si poteva recuperare un’area di 2500 mq e mettere in sicurezza l’intero immobile. Perché la problematicità è costituita principalmente dal tetto: la struttura in sé è solida. Non sono io a dirlo, ma le valutazioni tecniche».

Rimango dell’idea che già allora si trattava di una ipotesi velleitaria per vari motivi: carenza di risorse, mancanza di un progetto funzionale complessivo, piano della mobilità, un nuovo servizio accanto a una struttura fatiscente... Ma passiamo all’ex Cinema Vittoria, altra cariatide che da oltre 20 anni contribuisce al degrado di quell’area urbana: qual è lo stato dell’arte?

«Ho richiesto recentemente l’incontro ai proprietari che, in società, gestiscono l’immobile. Lo stallo è stato determinato da vicende interne alla società stessa che ora si sono appianate, e presto riprenderanno i lavori».

Per farvi cosa?

«Appartamenti e uffici. Gli appartamenti saranno ai piani alti, mentre la parte sottostante verrà adibita a terziario: uffici prevalentemente».

È credibile questa ipotesi?

«Io devo basarmi sulle cose che vengono dette ufficialmente: certo è che è stato investito più di un milione di euro su quella struttura, per cui sarebbe assurdo non andare avanti».

A un certo punto il Comune propose ai proprietari di farvi una piazza in cambio di terreni edificabili concessi altrove. Come è andata a finire?

«Era una ipotesi avanzata dagli uffici tecnici per sbloccare la situazione, ma non è stata mai presa in considerazione dalla proprietà».

Piazza Burri. Sul suo recupero sono state dette molte cose  e doveva essere pronta a giugno del 2020. Poi gli Emiri, poi il Covid e siamo al punto zero. Perché questi continui rinvii?

«È ancora in essere l’accordo di Programma siglato nel 2018 che prevede il rifacimento della piazza, la demolizione della ex scuola Garibaldi e la costruzione, al suo posto, di una struttura per attività culturali. Appena mi sono insediato ho fatto presente alla Fondazione Burri che avrei rinunciato a inserire la ex scuola Garibaldi nei bandi del Pnrr purché si mantenesse fede agli accordi presi. La Fondazione ha risposto positivamente e abbiamo rinunciato al Pnrr».

E cosa manca per poter procedere?

«Credo che rimangano da superare alcune difficoltà inerenti la gestione della struttura che dovrà sorgere al posto della ex scuola Garibaldi. Il Comune ha confermato la disponibilità a trovare le soluzioni possibili e abbiamo chiesto, in cambio, di dare un segnale ai cittadini con la demolizione dell’edificio scolastico e la ripulitura di tutta quell’area, in attesa di costruire quello nuovo. Poi se ci sono dei problemi, nessuno sta con il fucile puntato».

I tempi di realizzazione sono stati indicati?

«Verranno indicati all’interno del progetto definitivo».

cantiere tiferno altrapagina aprile 2023 evidenza 4Per la gestione era stata proposta l’Associazione Alveare.

«Probabilmente i problemi cui accennavo riguardano proprio l’affidamento della gestione, perché i costi funzionali di un edificio così grande e così complesso per le attività che dovrà ospitare sono molto alti, circa un milione di euro all’anno, e quindi dovranno essere ridefinite in termini precisi le modalità operative. Ma questi sono problemi interni loro, per noi e per la città è importante che siano stati riconfermati gli obiettivi sottoscritti».

Per completare il quadro bisogna tenere conto che l’intervento di Piazza Burri non può essere disgiunto dal recupero di tutta la fascia retrostante che va dai Molini Brighigna, Consorzio Agrario, Coop.

«Si tratta di un intervento complesso di riqualificazione urbana per il quale ci è stata fatta una proposta di recupero dell’intera area».

Da parte di chi?

«Da alcuni tecnici – di cui non è corretto fare nomi –, referenti di più proprietari, che stanno collaborando alla elaborazione di un progetto unitario che rappresenti gli interessi di tutte le parti coinvolte, perché il comparto va riqualificato a livello urbanistico nella sua interezza: spazi verdi, aree attrezzate, ecc., e non è quindi pensabile che ognuno agisca in proprio senza un progetto condiviso».

Quale sarà la destinazione d’uso dell’area?

«Attualmente le costruzioni ad alta densità non sono appetibili dal mercato, è quindi opportuno che una destinazione a quell’area vada data. Al Comune è stata rappresentata solo l’idea di una volontà progettuale congiunta e condivisa, quindi aspettiamo le carte per farci un’idea. In via informale sappiamo che la destinazione sarà prevalentemente residenziale».

La città porta ancora i segni di interventi edilizi non del tutto integrati né metabolizzati: ex Bacchi appartamenti invenduti, ex Fat ha i negozi vuoti, all’ex Cinema Vittoria si costruiranno appartamenti e servizi, idem nell’area Molini, Consorzio, Coop: per chi si costruisce?

«Questo dipende dal mercato immobiliare. Se c’è offerta significa che c’è domanda, perché costruire e non vendere è un’operazione fallimentare. La destinazione si modula sulle esigenze di mercato a cui i privati sono molto attenti. L’obiettivo per il Comune rimane la riqualificazione urbanistica di tutta l’area».

L’ex Consorzio Agrario quale destino avrà? Non esistono dei vincoli su quell’immobile?

«Può darsi che esistano, ma finora non è stato fatto alcun progetto, per cui la Soprintendenza non è mai intervenuta. Si tratta di situazioni che si potranno appurare solo in presenza di un elaborato complessivo, dove si dovrà tener conto anche di altri vincoli: rispetto delle distanze dalla ferrovia, dal torrente Scatorbia, ecc.».

Il centro storico vive una sorta di snaturamento a causa della proliferazione di aree urbane distaccate, scollegate, prive di piste ciclabili, un policentrismo che ha svuotato la città storica a vantaggio di luoghi vocati solo al consumo.

«L’evoluzione normativa europea (Bolkestein) ha in qualche modo imbrigliato i Comuni che, molto spesso, assistono a trasformazioni di aree senza poter opporre “resistenza”. Altre normative sovracomunali concorrono in questo senso. L’unico modo per arginare il fenomeno è quello di creare le cosiddette aree sature. Con questa norma, introdotta nel Piano regolatore tre anni fa, si prevedono dei meccanismi tecnici che impediscono ulteriori trasformazioni di aree industriali in commerciali».

È stata chiusa la stalla quando i buoi erano già scappati?

«Si tratta di uno strumento regolatorio che prova a limitare certi eccessi, ma non ha potere interdittivo di norme sovra-comunali che danno ampia libertà alla iniziativa privata. Con esso si prova ad arginare, ma non si può impedire».

Questo tipo di sviluppo che ha privilegiato il costruttivismo, la terziarizzazione di vaste aree urbane ha penalizzato il centro storico non solo con la perdita di popolazione, ma inducendo anche una specie di smarrimento della sua identità. Come pensa di contrastare questo fenomeno comune a molte città?

«Quando penso alle numerose associazioni di volontariato e di solidarietà che noi abbiamo, sento che questa città ha un’anima resiliente e duratura. Per il centro storico il Comune sta promuovendo molte attività di animazione culturale ed eventi. Occorre anche, e di questo abbiamo parlato con le associazioni dei commercianti, una offerta commerciale adeguata alla situazione attuale. Il centro storico non è solo dei residenti o dei tifernati, ma ha una particolarità in più: deve rispondere prevalentemente alla domanda turistica. Dal momento che la città è ricca di storia e di arte bisogna essere attrattivi soprattutto sotto questo profilo. Deve quindi migliorare la capacità di accoglienza, magari concentrandosi più sui giorni festivi, tenendo aperto nei fine settimana quando il flusso turistico si mette in movimento. Noi facciamo la nostra parte creando eventi, ma le associazioni di categoria devono aiutarci a entrare in questo nuovo modo di operare, che può tornare utile sia ai commercianti sia alla città». 

Il programma è molto vasto e “Luca il pragmatico” si muove alzando le bandierine di molti progetti che, nella maggior parte, non hanno preso il largo, tranne la variante del Cassero. Su tutto aleggia il senso di un grande attivismo tecnico-amministrativo e dietro l’angolo c’è molto privato che  scalpita per entrare in campo.

Si stanno dunque intrecciando iniziative e interessi di grande portata rispetto ai quali latita il dibattito politico. Tutto si gioca, come ha dimostrato la ex Fat e non solo, nel rapporto pubblico/privato e sulla capacità di saper trovare il giusto equilibrio tra gli interessi legittimi di pochi e quelli della comunità. ◘

di A.G.


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