Rubrica. Il corpo delle donne
Forse qualcuno ricorderà i fatti, le denunce e le polemiche susseguenti al raduno degli Alpini a Rimini quasi un anno fa, quando molte ragazze furono molestate durante il loro lavoro nei bar e nei ristoranti della città. A buon titolo dunque l’Associazione nazionale delle penne nere ha pubblicato un manuale di consapevolezza, un vero e proprio manifesto che rientra nel programma di sensibilizzazione e divulgazione contro le molestie e la violenza di genere e che coinvolge tutte le sezioni del corpo d’arma.
Nel documento si legge che non si esprimono appezzamenti fisici ad alta voce: questi non sono approcci consentiti e nemmeno atti di goliardia. Sono molestie vere e proprie, che creano insicurezza soprattutto in certe situazioni. Ovviamente non si tocca qualcuno senza il suo consenso esplicito.
Molto importante è analizzare la relazione dentro il cui perimetro si compiono certe azioni: se si ha un rapporto di conoscenza o di amicizia o di lavoro con il possibile molestatore oppure no. Se quest’ultimo ha ricevuto il consenso esplicito della donna interessata per inoltrare complimenti, per fare avances di natura sessuale o per avere un contatto fisico. Se la risposta è “no” ad almeno una di queste situazioni, simili comportamenti sono considerati molestie. Del tutto rilevante inoltre è il contesto, cioè il “dove” ci si trova e “con chi”. Essere da sole per strada oppure in un luogo affollato, trovarsi di fronte a uno o a più uomini invadenti, fa la differenza. Chi è presente all’atto indesiderato, sebbene non coinvolto direttamente, è sollecitato a intervenire in difesa delle vittime, perché restare indifferenti significa schierarsi dalla parte dei molestatori. E infine non giustificare i malfattori con le solite frasi “gli uomini sono fatti così”.
In effetti di decaloghi su questo stesso tema ce ne sono diversi, sottoscritti da numerosi soggetti: la CGIL Toscana, l’Unione Nazionale Interpreti Teatro e Audiovisivo, l’Ospedale Niguarda, Telefono donna… per citarne solo alcuni. Forse il Ministero delle Pari Opportunità potrebbe redigerne uno “nazionale”, ben fatto (se è lecita la sottolineatura, visti alcuni precedenti) da diffondere almeno nelle scuole e nelle amministrazioni pubbliche? ◘
Di Daniela Mariotti