Martedì, 12 Novembre 2024

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La neutralità climatica

CLIMA. Contenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C, come stabilito dagli accordi di Parigi, è diventata una priorità assoluta.

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A proposito di cambiamenti climatici, non tutte le città si trovano ovviamente allo stesso punto per “situazione di partenza” e per strategie di contrasto e di riduzione dei danni connessi, ma nei programmi della UE tutte le città dovrebbero raggiungere la “neutralità climatica”. A Gabriele Bollini, urbanista ed esperto di valutazioni dei piani e di città sostenibili, professore alla Facoltà di Ingegneria di Modena (Unimore), abbiamo chiesto qualche approfondimento.

Che cosa si intende precisamente per “neutralità climatica”?

«Nel dicembre 2019 la Commissione europea ha annunciato il Green Deal per  raggiungere la “neutralità climatica” dell’UE entro il 2050: un bilancio netto tra le emissioni climalteranti (GHG) e il loro assorbimento. La scienza ci dice che il mondo deve agire con urgenza per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi, in particolare limitare il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2°C e proseguire gli sforzi per limitare tale riscaldamento a 1,5°C rispetto ai livelli del 1990.

In un’accezione più ampia la neutralità climatica (ma anche “neutralità carbonica” e “emissioni zero”) potrebbe essere intesa anche come un obiettivo desiderabile, per cui il complesso dei fattori di impatto climatico negativo (eventi critici eccezionali e altri fattori meteo-climatici che agiscono direttamente sulla vita degli abitanti e sulla biodiversità presente) vengono resi trascurabili attraverso l’adozione di adeguate e sufficienti soluzioni di resilienza ed adattamento».

In che cosa consiste in pratica il progetto “città climaticamente neutre”?

la neutralita climatica altrapagina aprile 2023 4«Le città svolgono un ruolo fondamentale nel raggiungimento della neutralità climatica entro il 2050. Occupano solo il 4% della superficie terrestre dell’UE, ma ospitano il 75% dei cittadini. Inoltre le città consumano oltre il 65% dell’energia mondiale e rappresentano oltre il 70% delle emissioni globali di CO2. Poiché la mitigazione del clima dipende fortemente dall’azione urbana, dobbiamo sostenere le città nell’accelerare la loro trasformazione verde e digitale. In particolare le città europee possono contribuire in modo sostanziale all’obiettivo del Green Deal di ridurre le emissioni del 55% entro il 2030 e di azzeramento delle stesse entro il 2050. In termini pratici si tratta di offrire aria più pulita, trasporti più sicuri e meno congestione e rumore ai propri cittadini.

La missione coinvolgerà autorità locali, abitanti, imprese, investitori, nonché autorità regionali e nazionali, per realizzare cento città intelligenti e a impatto climatico zero entro il 2030. Le nove città selezionate potranno “fare da apripista” e diventare dei veri e propri laboratori di innovazione per la trasformazione ecologica delle aree urbane e per sperimentare soluzioni di decarbonizzazione da estendere alle altre città europee entro il 2050.

Infatti sono nove le città italiane selezionate dalla Commissione europea nell’ambito delle cento città che partecipano alla missione “Climate-neutral & smart cities”: Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino».

Qualche esempio concreto per la città di Bologna?

la neutralita climatica altrapagina aprile 2023 5«Abbiamo già il Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima, e il Piano Urbano della Mobilità Sostenibile. Il problema è che i “Piani” non sono sufficienti. Quello che è necessario è il coinvolgimento della società civile, affinché l’intera comunità bolognese lo faccia proprio e tutti insieme lo si porti avanti. Per decarbonizzare i trasporti dobbiamo ridurre il numero e l’uso delle auto circolanti sviluppando una mobilità alternativa. Nella strategia della neutralità climatica anche gli assorbimenti della CO2 nei suoli, nei sistemi forestali e nelle infrastrutture verdi, insieme ai sistemi per la sua cattura, sequestro e utilizzo tecnologico, giocheranno un ruolo importante. Entro il 2030 gli assorbimenti dovrebbero almeno raddoppiare rispetto ai livelli attuali, per compensare le emissioni incomprimibili e consentire un bilancio di emissioni nette pari a zero.

E poi dovremo ridurre i consumi complessivi di energia entro il 2030 di almeno il 15% rispetto a quelli pre-pandemia e tagliare di circa il 40% i consumi di combustibili fossili. Il fabbisogno di energia soddisfatto da fonti rinnovabili dovrà più che raddoppiare, arrivando al 40% alla fine del decennio in corso. Le rinnovabili elettriche, in particolare, sono quelle che dovranno crescere di più nel prossimo decennio, arrivando a coprire circa il 70% della produzione di elettricità. Dovrà crescere anche il peso delle rinnovabili termiche, che dovranno arrivare a coprire circa il 50% della domanda di calore».

Che cosa altro deve fare la politica nazionale, che non sta facendo, per questo grave problema?

la neutralita climatica altrapagina aprile 2023 6«L’Europa sta operando in modo coerente e corretto per costruire una conversione ecologica della società attraverso, ad esempio, una transizione energetica. Ma è ora che tutte le nazioni la smettano di fare chiacchiere e passino all’azione “ora”, Italia compresa, che ha votato in Europa contro la direttiva sull’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare e contro la direttiva per vietare la vendita di nuove auto endotermiche dal 2035. Vogliamo parlare dei cosiddetti “sussidi ambientalmente dannosi” ovvero i sussidi ai combustibili fossili che devono essere interrotti a favore dei “sussidi ambientalmente favorevoli”? L’aspetto sconcertante è che rispetto al 2016 i sussidi ambientalmente dannosi sono passati da 16,1 miliardi di euro a 19,8 miliardi di euro del 2018, mentre i sussidi ambientalmente favorevoli sono calati da 15,6 miliardi di euro a 15,3».

Alcuni studiosi del tema parlano di Rivoluzione culturale. Cosa ne pensa?

«Per uscire dalla crisi serve un cambio di paradigma, una rivoluzione culturale, sociale, economica e politica. Bisogna adeguare il proprio sguardo a un modo nuovo di interpretare la realtà.

Il 2008 ha segnato l’inizio di una crisi economica che si è rivelata anche politica e culturale e ha portato alla fine di un’epoca. Fino ad allora il neoliberismo era stato il modello al quale avevamo affidato le nostre prospettive di crescita economica e di benessere. Ora quel modello è saturo, perché non più capace di rispondere alle esigenze di un mercato globale sempre più selvaggio e sregolato, né alla crisi climatica e ambientale che abbiamo iniziato inesorabilmente a vivere, né alla degenerazione della politica, sempre più populista e nazionalista. Ma questa è una grande occasione. Perché se le vecchie regole non sono più valide, questo è il momento in cui possiamo inventarne di nuove. È tempo di cambiare rotta e agire. Abbiamo sette anni di tempo per provare a contenere il riscaldamento del pianeta in 1,5°C, come ci ha detto il 20 marzo l’IPCC (Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico) nel suo ultimo rapporto». ◘

Di Daniela Mariotti


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