Recensioni.
Sulla falsariga del famosissimo Frammenti di un discorso amoroso di R. Barthes, l’Autore si serve del “frammento” per tracciare un viaggio di esplorazione, cioè un discorso (discutere, correre qua e là, vagare con le parole) su più temi e problemi che incontriamo nel corso della nostra vita, soprattutto in un momento di crisi, come quello attuale.
Lo psicanalista ci accompagna in questo cammino con la sua esperienza personale e professionale, attraverso una serie di riflessioni, approfondimenti e citazioni; sapendo bene che l’unico modo di essere è essere tra gli altri, come spiega efficacemente l’etimologia latina.
I temi affrontati sono molti (26) e agiscono come un contagio delle idee in cui siamo tutti coinvolti.
Ne elenchiamo solo alcuni (ma sono tutti molto coinvolgenti) per lasciare ai lettori la sorpresa di scoprirli: A proposito di influenza … L’influenza dei mass media; Classificare non è pensare; lla vita; La crisi; Sulla crisi dei valori; Rachitismo affettivo; Il Dio denaro; Un nuovo paio di occhiali.
In ogni caso non c’è alcun frammento che risulti meno profondo e illuminante di un altro: parlano tutti con la stessa mente e lo stesso cuore a chi vuole ascoltare. Ci sono pagine che riportano le frasi salienti di ogni riflessione e piccoli riquadri che si agganciano al frammento per approfondirlo. Notevole è il ricorso, molto attuale, a dei QR-code che espandono la ricerca sul tema affrontato.
Il testo è ricchissimo di citazioni che spaziano dalla sociologia alla filosofia, dalla religione alla letteratura e alla scienza. Sempre molto pertinenti, luminose e adatte a segnalare il cammino che stiamo facendo mentre assimiliamo le parole di questo libro.
L’ Autore ci offre un’opera preziosissima per scoprire e portare alla luce la nostra potenzialità di umani. Un diamante, un caleidoscopio che con le sue sfaccettature riverbera la realtà e la riconduce alla sua vera fonte.
Leggetelo e regalatelo questo” piccolo” libro! Soprattutto tenetelo sempre accanto al letto per meditare, prima di dormire, sul frammento della vostra giornata!
E, infine, un grazie all’Autore che ci sta offrendo questa bellissima opportunità di crescere in armonia. ◘
di Ambra Bambini
Daniele Finzi da sempre si è interrogato sulla storia degli Ebrei, a partire dallo studio delle vicende della sua famiglia, per sviluppare ricerche che hanno registrato anche la ricostruzione della storia del campo di concentramento di Renicci nei pressi di Anghiari.
Questa volta, dopo almeno un ventennio di studi ci consegna un volume che intende ricostruire la storia degli Ebrei in 12 lezioni, indirizzate agli insegnanti e ai ragazzi che desiderino ricevere informazioni su vicende che hanno preceduto e seguito la Shoah.
La Prima Lezione inizia la ricostruzione della storia ebraica partendo dalle Tavole della legge dettate da Dio a Mosè sul Monte Sinai e custodite nel tempio di Gerusalemme, diventato «nei secoli l’obiettivo privilegiato delle violenze straniere contro di giudei». Viene illustrato il monoteismo ebraico; si spiega il significato storico della comparsa delle sinagoghe, luogo centrale per lo svolgimento delle attività laiche e religiose; si invita al rispetto delle norme e dei precetti, evidenziando la natura maschilista del monoteismo.
La Prima lezione si sofferma anche sulla «straordinaria importanza che il popolo ebraico» ha da sempre attribuito allo studio. Apprendiamo che lo studio della Torah è fondamentale per ogni ebreo, che così impara «ciò che è permesso e ciò che è vietato». Prendiamo atto che da sempre gli Ebrei non hanno goduto di «rapporti di pacifica convivenza con le popolazioni locali» e che i sacerdoti odiavano i giudei e soffiavano, fin dal Medio Evo, «sul fuoco del malcontento popolare». E che, tuttavia, almeno fino al 1492, i giudei hanno servito «fedelmente i loro governanti» e spesso hanno operato come «esattori delle tasse e finanziatori», «come consiglieri, diplomatici, traduttori, matematici e medici».
Eppure gli Ebrei furono odiati non solo dai pagani, ma soprattutto dai cristiani e dagli islamici, che hanno coltivato come «punto in comune» «l’odio contro i giudei, perseguitati e soggetti a pogrom anche in ogni area del Medio Oriente» (cfr. p. 68).
Perché? In parte perché gli Ebrei nello svolgersi della storia dei popoli sono stati vittime di pregiudizi, in parte per l’ostinata difesa delle loro abitudini alimentari e dei loro riti (per es. la circoncisione), che li isolavano nei contesti politici e sociali. Sarà, comunque, la diffusione del Cristianesimo a sviluppare repulsione e odio contro gli Ebrei. Benché la Chiesa condannasse esplicitamente la violenza antigiudaica, non impedì la manifestazione dell’odio cristiano. Assunse varie forme e innanzitutto si sviluppò con la ghettizzazione (1516, ghetto di Venezia), quando falliva l’opera di conversione alla religione cattolica, tante volte praticata con la violenza.
La grande illusione illuminista e la Dichiarazione dei diritti fondamentali dell’uomo e del cittadino (1789), che per la prima volta nella storia ha riconosciuto che «gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti», non cancellarono l’antisemitismo e non modificarono l’atteggiamento dei popoli nei confronti degli Ebrei. Anzi, il secolo XIX e il secolo XX registrarono – soprattutto in Francia e in Germania – l’esplosione dell’antisemitismo, che non colpì soltanto singole personalità della cultura e della società, ma diventò un fenomeno di massa.
Anche in Italia, dove la Chiesa cattolica aveva da sempre “screditato” gli Ebrei, non si tardò a perseguitare gli Ebrei, cacciandoli dalle scuole e dagli uffici, vietando l’esercizio delle professioni, la gestione di attività rivolte al pubblico.
Il Novecento registra anche l’affermazione e lo sviluppo del sionismo e, nel secondo dopoguerra, la nascita contrastata dello Stato palestinese nella Terra promessa (la Palestina), dopo che i giudei d’Europa, e non solo, furono oggetto della “soluzione finale”: perseguitati, uccisi nei campi di concentramento. Fu la Shoah: 6 milioni di giudei sterminati “come pecore al macello”.
L’autore del saggio non dimentica di raccontare tempi e modi della nascita dello Stato di Israele (1948), realizzato nel territorio abitato da secoli da popolazioni arabe, e soprattutto non omette le guerre combattute negli ultimi settant’anni. Non giustifica le violenze israeliane (avrebbe auspicato una Federazione israelo-palestinese), ma ora è per due Stati “rigidamente separati”.
Il mondo non ha guadagnato alcunché dallo “tsunami di odio che ha cancellato milioni di ebrei”. Ma il mondo e la civiltà non guadagnano nulla sia dalle iniziative di Hamas sia dalle azioni distruttive dello Stato di Israele. Non si tratta di buoni e cattivi. È necessario e urgente che organismi come l’ONU svolgano con efficacia il loro ruolo e che i crimini di guerra, chiunque li commetta, siano perseguiti a livello internazionale. E i criminali isolati, condannati e sconfitti. ◘
di M.M
Il saggio di Marcella Monicchi Il Ministero della donna nella Chiesa. Storia, teologia, attualità) passa in rassegna – come ha osservato in Prefazione il Vescovo Domenico Cancian – l’evoluzione del ruolo della donna nella storia della Chiesa cattolica dalle origini ai nostri giorni. In Premessa l’Autrice ricorda le finalità della sua ricerca, sviluppata nell’ambito degli studi condotti presso l’Istituto Teologico di Assisi, e – in particolare – collega il suo lavoro alla necessità di liberare i sessi «dal giogo dei ruoli», una volta presa coscienza che «la differenza sessuale non è solo un fatto biologico, ma anche simbolico». Consapevole che «la Chiesa cattolica presenta ancora un volto prettamente maschile».
Il saggio è articolato in tre parti. La prima è dedicata alla vicenda delle donne nella Chiesa delle origini. La seconda segue le vicende ecclesiastiche dalla tarda antichità al Vaticano II. L’ultima parte ricostruisce il dibattito soprattutto sulla ministerialità di genere e sul diaconato delle donne.
Partita dal riconoscimento che la presenza delle donne nella storia della Chiesa cattolica «è stata “silenziata” o riconfinata in ambiti molto circoscritti (decisi dalle “autorità” maschili) e funzionali agli obiettivi di queste», già in premessa avverte che l’apertura alle donne anche da parte del Concilio Vaticano II è stata “timida”, come conferma l’esame dei documenti approvati, nei quali «i riferimenti alle donne sono minimi».
Sant’Ambrogio e Sant’Agostino hanno teorizzato l’inferiorità della donna; per secoli la condizione femminile non ha registrato cambiamenti; San Tommaso d’Aquino ha elaborato la teoria dell’inadeguatezza delle donne a svolgere funzioni ecclesiali; il Concilio di Trento ha dichiarato la necessità della sottomissione delle donne agli uomini, la dipendenza della moglie dal marito, in definitiva la subordinazione del sesso femminile a quello maschile. E i secoli della modernità, nella “evoluta” Europa, hanno imposto l’esclusione delle donne dai diritti civili e sociali e da ogni forma di esercizio e responsabilità ecclesiale.
Nell’ultima parte del saggio Marcella Monicchi affronta direttamente il tema dell’ammissione delle donne al sacerdozio e quello del Diaconato delle donne. Parte dalla Dichiarazione sulla questione pubblicata nel 1976 dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, confermata nel 1994 da Papa Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotali, per osservare che la questione così impostata sembra legata alla dimensione sessuale e si fonda su un’antropologia superata. Per quanto riguarda il Diaconato, la studiosa ricorda che la figura delle diacone era presente nella Chiesa almeno fino al VI-VIII secolo e che Papa Giovanni XXIII aveva riconosciuto la figura della donna-diacono e aveva ritenuto opportuno ridare vita, “in forme nuove”, a un ministero antico; documenta le difficoltà incontrate negli anni successivi, e nel primo ventennio del secolo XXI, e – soprattutto – le forti spinte verso il riconoscimento dell’opera di evangelizzazione che compiono le donne.
A conclusione del lungo viaggio «compiuto alla ricerca dei ruoli e degli spazi del “femminile” nella vita della Chiesa», Monicchi ricorda i grandi cambiamenti che hanno segnato profondamente la vita degli esseri umani; osserva che la Chiesa cattolica ha bisogno di “una vera riforma” che tenga conto finalmente del ruolo che svolgono le donne fuori e dentro il mondo cattolico. Non c’è che da sperare che venga ascoltata nei palazzi del potere ecclesiastico! ◘
di M.M.