Domenica, 10 Novembre 2024

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Pace e rivoluzione

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silvia romano2

Fausto Bertinotti, già Presidente della Camera dei Deputati (2006), direttore della rivista «Alternative per il socialismo»; Marco Guzzi, poeta, filosofo e docente presso l’Università Lateranense e l’Università Salesiana; Giulio Di Donato, dottore di ricerca in Filosofia del Diritto e redattore della rivista di politica e cultura «La Fionda», hanno pubblicato per le Edizioni Mariù il volume Pace e rivoluzione, che riporta un intenso dialogo tra Bertinotti e Guzzi, dedicato alla crisi del mondo occidentale, drammaticamente testimoniata dalla guerra in atto tra la Russia e l’Ucraina, con la partecipazione del mondo occidentale, dell’Europa e degli Stati Uniti.

Comincia Fausto Bertinotti illustrando il mondo culturale e politico del quale è stato parte attiva: nello specifico il movimento operaio della seconda metà del Novecento, privilegiando il riferimento alle condizioni dell’uomo e del lavoratore nella società capitalistica. Consapevole della differenza culturale e politica che lo segna rispetto all’interlocutore, si sofferma innanzitutto nella lettura del testo della Costituzione della Repubblica Italiana (art. 3) per sottolineare l’importanza di collegare la rimozione degli ostacoli di ordine economico e sociale alla realizzazione della libertà e dell’uguaglianza dei cittadini.

Il confronto a questo punto si svolge su altri temi fondamentali come la pace, la fede, la rivoluzione e Marco Guzzi osserva che il regno della pace non è nei cieli, ma «si è incarnato, inseminato sulla terra, e il nostro compito è far sì che i suoi principi di uguaglianza, pace e giustizia … siano promossi». E Bertinotti, nel dissentire in parte, non può non riconoscere che «l’arrivo del Messia sulla terra rappresenta una novità di dimensioni colossali» e che nel Novecento abbiamo assistito al fallimento delle rivoluzioni socialiste e alla sconfitta del movimento operaio nella società occidentale. Evidenzia, tuttavia, come Papa Francesco abbia riconosciuto che si sta combattendo una guerra mondiale a pezzi e che il nuovo capitalismo abbia una tendenza totalitaria e coltivi la cultura della guerra. Guzzi estende il discorso all’esame delle religioni e delle cultura del mondo e invita ad affrontare il dialogo con altre culture e altre fedi, «da cui abbiamo molto da imparare e a cui allo stesso tempo tanto da dare». Purtroppo – osserva –, la tensione del mondo attuale «è verso un eterno inferno di guerra digitalizzato, verso un sistema tecnocratico di intelligenze artificiali». E Bertinotti riporta la riflessione sull’Italia, dove più che altrove «le culture politiche» sono «più permeabili all’idea del nuovo mondo costruito sulla pace, sulla giustizia sociale e sul senso dell’autonomia della politica».

La sfida è nel riconoscimento che le tre grandi questioni (spoliazione, sfruttamento, alienazione) «sono le tre forme in cui l’oppressione neocapitalistica si estrinseca» e che da qui occorre ripartire, per promuovere un processo «di ricostruzione di un’identità che sia aperta, non ereditata da una forza esteriore, ma continuamente in fieri».

Il volume è arricchito da una Premessa e da una Postfazione: la prima specifica le ragioni del dialogo che sviluppano sulla pace e sulla rivoluzione Bertinotti, un uomo politico «che pensa alla pace nell’ottica della rivoluzione sociale», e Guzzi, un poeta-pensatore impegnato a riflettere su questi temi «con un afflato spirituale e una prospettiva antropologico-esistenziale»; la Postfazione riporta – invece – le riflessioni di Giulio Di Donato a commento del ricco confronto sviluppato nelle pagine precedenti dai due protagonisti e si sviluppa come un vero e proprio saggio storico-politico, in cui - dopo aver riconosciuto il ruolo svolto da Papa Francesco contro la «terza guerra mondiale combattuta a pezzi» - osserva che la pace può non derivare da «un bilanciamento fra le potenze mondiali, che devono imparare il più possibile a coesistere pacificamente e a cooperare in vista di alcune grandi sfide comuni». Ricostruiti i rapporti internazionali, invalsi dopo il crollo dell’Unione Sovietica (1991), riconosciuto che l’americanizzazione del mondo e l’occidentalizzazione del pianeta negli ultimi trent’anni hanno coinciso con la globalizzazione, Di Donato indica nella pace il destino al quale non ci si può sottrarre, pensa alla «valorizzazione della cultura del limes… contro l’integralismo occidentale e il fondamentalismo della tecno-economia» e conclude perorando l’affermazione di un «nuovo umanesimo che sappia attingere dal bagaglio di energia spirituale custodito nella predicazione cristiana» e sappia rilanciare «un’idea di ragione larga, oltre i confini della razionalità del calcolante, strumentale e industriale».

di Matteo Martelli


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