Dossier
Il Brasile è un gigante dai piedi di argilla sottoposto a tutte le intemperie, come dimostrano i colpi di Stato che ha subìto nel corso del tempo. Ha costituito per gli europei un terreno di conquista sfruttando le enormi ricchezze del territorio e riducendo le popolazioni indigene in schiavitù. La colonizzazione è una lunga storia di sofferenze e di soprusi di cui non si conosce ancora la fine. Eppure il Brasile rappresenta l’intreccio di molteplici culture che potrebbero costituire il tesoro più prezioso delle diversità umane. L’ Amazzonia ne è l’espressione più evidente.
In Brasile, comunque, cresce la violenza nei confronti delle minoranze indigene e afrodiscendenti e il sistema economico dominante continua a distruggere l’Amazzonia calpestando ogni forma di biodiversità. È l’eterna logica colonialista che riduce le persone a scarti e la natura a un bene di cui ci si può approfittare all’infinito in nome del profitto.
Quello che è accaduto a Brasilia dopo l’insediamento del nuovo Governo fotografa un Paese diviso a metà tra i sostenitori di Lula e quelli di Bolsonaro, anche perché il deposto presidente si è appoggiato alle chiese evangeliche negando il volto laico dello Stato. Se il buongiorno si vede dal mattino, Lula è più sensibile al diritto degli esclusi che politiche fiscali, ha incrementato la Bolsa Familia, ha aumentato il salario minimo per far uscire 60 milioni di persone dalla povertà.
Le sfide del Brasile sono enormi e poggiano sulla partecipazione politica della società. Lula tenta di espellere dall’Amazzonia i narcotrafficanti e i cercatori d’oro nelle riserve indigene. Querida Amazzonia rappresenta un sogno e un grido.
di Achille Rossi