Città di castello. Da anni si deuncia uno stato di crisi duratura, ma non si riesce a capire dove si discuta il tema e chi ne discuta. Proviamo ad aprire un dibattito.
Guardiamo in faccia la realtà. Che la nostra città, e così la valle, stia vivendo un fase storica di grave difficoltà è inoppugnabile. Ce lo dicono gli indicatori economici, la persistente incapacità di risolvere le grandi questioni delle comunicazioni stradali e ferroviarie, la crisi dei centri storici e le incongruenze dello sviluppo urbanistico, la decadenza della Sanità pubblica, i disagi del mondo giovanile, i condizionamenti da parte di centri di potere opachi, incapaci di proporre prospettive di crescita a beneficio della comunità.
Un quadro nebuloso, talvolta oscuro, che però è rischiarato da delle luci. La valle nonostante tutti i suoi problemi, piace e attrae visitatori, è ospitale, mantiene intatte delle eccellenze culturali, ha un tessuto associativo di qualità, continua a essere operosa e riesce a esprimere pure qualche importante esperienza imprenditoriale. Tuttavia il quadro complessivo preoccupa.
Sia chiaro che le problematiche locali si intrecciano con quelle regionali e nazionali; spesso sono il riflesso di questioni irrisolte, o di crisi minacciose, che incombono da piani ben più alti di quello tifernate e altotiberino. Però spetta a noi interrogarci sui problemi del nostro territorio. E tocca farlo con umiltà e schiettezza: l’umiltà di chi sa di non poter avere le soluzioni per tutto; la schiettezza che dovrebbe alimentare un confronto costruttivo.
Nel suo piccolo, questo giornale cerca da tempo di porre interrogativi al riguardo. È il “piccolo” di un periodico abituato da 39 anni a prendere posizione e per questo talvolta inviso a chi, occupando cariche pubbliche, si sente messo in discussione; un giornale, inoltre, che esce una volta al mese e che quindi non può che limitarsi all’approfondimento delle varie tematiche. Da questo angolo di visuale, si ha la netta impressione di una “stanchezza” della cosiddetta opinione pubblica, persino di un suo scoramento. Raccogliamo un coro di lamenti, analisi pessimistiche da parte di acuti osservatori della nostra realtà, inviti a denunciare le cose che non vanno; ma percepiamo pure il preoccupante scoraggiamento di chi non crede più possibile cambiare le cose, l’eccessivo timore di sbilanciarsi e di dire pubblicamente le cose come stanno, l’apatia e l’autocommiserazione di chi sembra ormai rassegnato a chiudersi nel proprio orticello.
Un esempio concreto. Abbiamo cercato di porre la questione della crisi del centro storico tifernate. Un problema sentitissimo, da tutti. Ringraziamo i due magistrati, l’avvocato e il professore che ci hanno fatto avere le loro opinioni. Per il resto, silenzio. I partiti? I rappresentanti della cosiddetta “società civile”? Silenzio. O al massimo qualcosa sussurrato in tutta confidenza. Magari, pur snobbando l’altrapagina, le forze (forze?!?) politiche e la “società civile” dibattessero tale tema in altre sedi, più competenti e autorevoli! Questo tema, come altri di grande rilievo, non viene dibattuto pubblicamente e in modo approfondito in consessi politici e amministrativi, in sedi pubbliche, in luoghi di aggregazione sociale.
Pare proprio che sia in atto un processo di declino. La questione politica è centrale. Sembra che la politica si stia atrofizzando; sta diventando solo un momento elettorale, che per di più interessa solo la metà o poco più della popolazione. Per sua natura, dovrebbe essere ben altro: partiti, o comunque gruppi organizzati, che funzionano, aggregano, producono idee e progetti, rappresentano legittimamente e alla luce del sole interessi sociali ed economici, contestano se necessario. E i leader? Dovrebbero essere persone autorevoli, competenti, carismatiche, capaci di fungere da punto di riferimento della cittadinanza, di confrontarsi ad alto livello con chi ha idee, progetti e opinioni diverse.
Invece c’è una diffusa sensazione di “stanca” della politica. Di declino, appunto. Va ben oltre l’ambito locale, ma noi siamo tenuti ad affrontare il problema qui. Ecco quindi la domanda: ci sono idee e progetti di spessore riguardo alle grandi tematiche indicate all’inizio di questo articolo? Se sì, dove vengono illustrati e dibattuti? In quali sedi si cerca di coinvolgere nel confronto quanto di meglio esprime la nostra realtà? È davvero nostro auspicio dare spazio a queste idee e contribuire ad approfondirle, a divulgarle. Se ci sono, ovviamente.
Se invece non ci sono idee o progetti sui quali confrontarsi pubblicamente, allora la percezione di un declino avrebbe fondamento. Significherebbe che, di fronte alla vastità delle sfide che incombono, invece dell’impegno per costruire “insieme” uno scenario di rinascita prevalga il mediocre soddisfacimento di interessi personali, di categoria, o comunque di piccoli “orticelli”. Un approccio quanto meno miope, che non scuoterà di certo il torpore di cittadini delusi e smarriti, per quanto talora colpevolmente apatici.
Se qualcuno vorrà intervenire su questi temi, dando concreta dimostrazione che il declino può essere arrestato, ospiteremo volentieri la sua opinione. ◘
Di Alvaro Tacchini