Supplemento al numero 12/2022
da l'altrapagina.it
Ideazione e coordinamento editoriale
Andrea Chioini
Direttore Responsabile
Antonio Guerrini


ENERGIA E TRASPARENZA DEI DATI
La conoscenza aiuta a ridurre i consumi
di Andrea Chioini
Una ricerca sui consumi energetici in ambito locale, ed in particolare sul versante elettrico, può fare da cartina di tornasole sui tabù che affliggono la società italiana nel suo insieme: la reperibilità dei dati sui servizi di rilevanza pubblica.
La “protezione” può sembrare ovvia (pur con tutte le riserve del caso) per le questioni “militari” da cui solo al Parlamento è consentito di attingere informazioni.
Idem per quello che riguarda il diritto alla riservatezza come presidio indiscutibile per la privacy delle singole persone (salute, orientamenti politici e di genere)… in proposito: chissà se qualche interrogativo sorge quando si accetta la profilazione delle proprie frequentazioni e utilizzazione dei servizi internet? Non a caso è stato sancito anche il diritto all’oblio, ovvero alla cancellazione dei dati presenti in rete quando si disponga di un pronunciamento dell’Autorità Garante della Privacy1.
Ma rientriamo nell’ipotesi espressa in apertura di questo scritto: nessuna giustificazione è accettabile davanti all’opacità voluta, tollerata, latente quando si tratta di informazioni su servizi di rilevanza pubblica e interesse sociale; servizi che siano erogati da soggetti con personalità giuridica pubblica sia da soggetti privati.
Ancor più quando le gestioni di tali servizi hanno l’obbligo formale di redigere dettagliati e tempestivi resoconti sulla propria attività annuale, rispettare la trasparenza nelle decisioni che vengono prese, mantenere chiara l’identità delle persone componenti le proprie strutture.
In proposito di ruoli e funzioni delle singole persone: quando si tratta di erogatori di servizi pubblici (emanazione diretta dell’istituzione titolare o soggetto concessionario) la definizione delle identità in relazione alle responsabilità dovrebbe essere totale e non limitata alle figure apicali.

Nota
I q-r-code
consentono
di:
1) consultare
le fonti delle
informazioni
riportate nei
testi e nelle
tabelle.
2) risalire alle
estensioni e
aggiornamenti
degli articoli
nel sito
altrapagina.it/
ecosistema
Un “movimento” per il diritto all’informazione...
Su questi aspetti è utile ricordare il Freedom of information act (F.o.i.a.)2 normativa “introdotta nell’ordinamento italiano dal decreto legislativo n. 97 del 2016, come parte integrante del processo di riforma della pubblica amministrazione, definito dalla legge 7 agosto 2015, n. 124.
L’accesso civico generalizzato garantisce a chiunque il diritto di accedere ai dati e ai documenti posseduti dalle pubbliche amministrazioni, se non c’è il pericolo di compromettere altri interessi pubblici o privati rilevanti, indicati dalla legge”. Questo si legge nel sito ufficiale del Ministro per la Pubblica Amministrazione Tutto ciò premesso passiamo all’itinerario di ricerca sviluppato in questo articolo che ricostruisce i meandri informativi e statistici su ciò che avviene in Umbria, alla ricerca di informazioni di dettaglio sulle singole municipalità, i loro consumi energetici, le loro emissioni in atmosfera.Il motivo alla base di questa ricognizione non è la pretesa di costituire un documento scientifico ma il lancio di una sollecitazione nei confronti di chi opera nel mondo della ricerca, nelle istituzioni, nel volontariato civico: pensare alla conoscenza dei dati come a un vero e proprio diritto di cittadinanza: dati completi, tempestivi, leggibili, usabili. Un tema che caratterizza l’azione di un numero crescente di soggetti: Openpolis, Ondata, Fondazione per la Sostenibilità Digitale con il suo “avatar”, ovvero Digital Transformation Institute.

UMBRIA “ELETTRICA”: LO STATO DELLE COSE
Per chi vuol conoscere i dettagli territoriali dei consumi di energia elettrica in Italia c’è un “mare magnum” di dati che si trova nel sito di Terna, società pubblica che gestisce la rete nazionale di trasmissione di elettricità e il dispacciamento, Transmission System Operator (TSO). Dati che permettono di cogliere alcune tendenze di rilevante interesse, riportate nei commenti riferiti alle tabelle che si trovano più avanti.
Questo articolo vorrebbe, però, sollecitare l’attenzione sui consumi elettrici in ogni comune; purtroppo il dettaglio a cui arriva Terna non ci porta alla definizione necessaria perché ogni comunità possa acquisire la conoscenza dello scenario in cui è immersa e a cui contribuisce con le proprie scelte quotidiane. Dati che andrebbero quantomeno integrati con le informazioni in possesso degli operatori della distribuzione locale, Enel in primis. Un’esperienza significativa in materia è quella dei “Patti dei sindaci” di cui si parla nella seconda parte di questo articolo.
Tuttavia una ripresa delle considerazioni sulla trasparenza che hanno aperto questo articolo appare necessario: infatti, un passaggio che fa pensare ad una dichiarazione di esplicita “velatura” dei dati si trova nella home page del sito di Terna: “A partire dal 2000 è stata utilizzata una nuova metodologia di acquisizione dei dati, attraverso un’applicazione dedicata sul web (GSTAT) con accesso riservato agli addetti alle statistiche del settore elettrico”. [https://www.terna.it/it/sistema-elettrico/statistiche]

Un primo confronto tra la tabella della produzione e la successiva sul consumo fa emergere un deficit di 1411,2 Gwh che arrivano dalle altre regioni italiane. Utile può risultare la serie storica visibile nel sito di Terna raggiungibile con il q-r code: nel 2004 l’Umbria produsse 6277,1 GWh di energia con il termoelettrico a 4640 Gwh, pari al 73,9. Nel 2017 quella percentuale si era ridotta al 7,2 risalendo al 26,4 nel 2020.


Di poco ma i consumi crescono in termini assoluti (+ 0,72%) e in quasi tutti i settori: indicano un andamento moderatamente espansivo dell’economia che, però, ha dovuto scontare i contraccolpi della pandemia nel settore servizi a causa delle fermate a cui è stato sottoposto il settore commerciale. Carenza compensata dal settore “agricoltura” che, tra il 2019 e il 2020 (in piena pandemia), registra un vero e proprio salto del 46% diventato il 56,6 nei 12 mesi successivi. Anche il settore industriale, dopo una frenata, ha ripreso e superato del 2,36% i livelli del 2019.

Con 1056,7 Mwh complessivi le fonti rinnovabili, nel 2021, arrivano a coprire il 65% della produzione “interna” dell’Umbria: erano il 58% quattro anni prima (1003 Mwh). I dati dell’energia elettrica richiedono una visione multi-angolare: scende infatti il potenziale produttivo dell’Umbria nonostante la domanda di energia elettrica sia in crescita con calo nelle importazioni dalle altre regioni.

Cosa fa il GSE
Spostiamoci nel sito del Gse, Gestore servizi energetici, società pubblica a cui spetta erogare i contributi ai produttori di energia da fonte rinnovabile.
Il Gse con un documento presente in rete delinea la serie storica 2012-2019 dei consumi finali lordi da fonti rinnovabili (elettrico, termico, trasporti) in tutte le regioni italiane: la misura è costituita da kilotep (1000 tonnellate equivalenti di petrolio) corrispondenti a 11,63 Gigawattora (secondo Translatorcafè)
Il confronto tra le due tabelle evidenzia una ripresa delle emissioni di CO2 negli ultimi tre anni considerati e un lieve calo percentuale dei consumi da fonti rinnovabili.
Sono scenari su cui riflettere e non indicazioni di carattere strettamente scientifico, proprio a riconfermare la necessità di un impegno istituzionale.
In proposito merita di essere menzionata l’esperienza della regione francese formata da Auvergne e Rhone-Alpes: hanno attivato un osservatorio dedicato alla misurazione dei flussi di energia integrati con i dati dei cambiamenti climatici. L’Osservatorio ha iniziato la sua attività nel 2002.
Proseguendo lungo l’itinerario di ricerca si leggono i dati Istat pubblicati da Ambientenonsolo con i consumi elettrici delle regioni italiane.
A seguire quelli delle due province dell’Umbria con relative città capoluogo



Le difficoltà nel reperimento dei dati riferite nella prima parte di questo articolo servono a spiegare quanto sia arduo descrivere la realtà riguardante un singolo comune: solo il sindaco è autorizzato a richiedere (e ottenere) i dati che definiamo “opachi” essendo titolare delle prerogative riguardanti la sicurezza (in senso ampio) nella realtà amministrata.
Da qui gli ostacoli incontrati per imbastire una qualsivoglia riflessione quanto a consumi energetici sui comportamenti e le scelte della comunità in cui ci si trova a vivere.
I PATTI DEI SINDACI PER IL CLIMA
Il ruolo delle amministrazioni comunali è determinante nella grande sfida per il contenimento delle emissioni di CO2 in atmosfera: questa considerazione è alla base del Patto dei Sindaci.
Iniziativa lanciata nel 2008 dall’Unione europea e che viene monitorata dal rapporto Ecosistema Urbano Umbria di Legambiente, riferito ai comuni più grandi.
Una rete di municipalità che si impegnano per contenere gli effetti dei cambiamenti climatici: costituiscono l’embrione di un movimento europeo che vede coinvolte le autorità locali e regionali che puntano ad una crescente efficienza energetica promuovendo l’utilizzo di fonti rinnovabili. Obiettivo abbassare del 40% (rispetto al 2004) le emissioni in atmosfera del proprio territorio entro il 2030, orizzonte dei 17 Obiettivi dell’Onu per lo sviluppo sostenibile.
Da qui la necessità di studiare fin nei minimi dettagli le città (e i paesi), misurare consumi energetici ed emissioni in atmosfera, riformare il funzionamento della macchina amministrativa e degli apparati tecnici che garantiscono il metabolismo sociale, culturale ed economico delle comunità.
Questi studi si trasformano in piani, i PAESC (Piani d’Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima), veri e propri manuali per gli interventi più svariati in tutti i settori della vita comunitaria: riqualificazione energetica degli edifici (pubblici e privati), delle scuole, degli ospedali, lotta agli sprechi idrici, politiche di economia circolare per i rifiuti, trasporto pubblico locale e via elencando.
Nei dossier che sono stati elaborati dai vari comuni si può recuperare una parte di quelle informazioni che, in apertura di questo scritto, venivano indicate come “nascoste”.
Il fatto che la loro preparazione risalga a qualche anno fa li rende ancora più interessanti perché con quei “patti” i sindaci si impegnavano a studiare e praticare azioni che contribuissero alla riduzione della CO2 in atmosfera: il tempo trascorso permette di verificare quanti degli impegni presi siano stati effettivamente mantenuti, sapendo che la loro concretizzazione coinvolge anche gli apparati tecnici e burocratici delle amministrazioni stesse.
Un esempio da studiare, in tal senso, è www.paesitalia.it sito di “consultazione pubblica sui piani d’azione per l’energia sostenibile e il clima”: contiene azioni e documenti dei comuni siciliani pur prevedendo di occuparsi di tutta Italia.
I comuni aderenti al Patto dei Sindaci in Umbria sono riportati dal sito Tuttitalia con i nomi di 20 comuni; quelli che hanno elaborato un piano sono solo alcuni sopra i 15mila abitanti: Foligno, Umbertide, Corciano, Assisi (il più recente), Narni e Città di Castello. Gli ultimi due hanno anche un rapporto di monitoraggio, un aggiornamento cioè dei dati “fotografati” inizialmente con i piani.
Pur non costituendo un riferimento aggiornato alla situazione degli ultimi due anni offrono un’idea, di quello che accade proprio intorno a noi anche come effetto delle nostre scelte quanto a emissioni di CO2.


Per coloro che risiedono nei comuni che hanno solo sottoscritto un Paesc il monitoraggio su come procede il “Patto” diventa uno strumento di azione civica di sollecitazione alle amministrazioni: a elaborare, finalmente, anche un piano d’azione oppure a manifestare coerenza con quanto proclamato svariati anni fa, a partire dalla riduzione delle emissioni.
Mai come in questo scorcio del decennio si è diffusa la consapevolezza su quello che sarebbe possibile fare e che spetta alle cittadinanze e alle amministrazioni agire insieme per mantenere la vivibilità del Pianeta che ci ospita.
(Un ringraziamento a Pierluigi Manna per i suoi suggerimenti e il tempo dedicato alla revisione dei dati contenuti in questo articolo).
UN "PATTO" PER OGNI COMUNE

NELLA RETE C’È ANCHE IL DIRITTO ALL’OBLIO
* Il diritto all'oblio è il diritto a essere dimenticati dal web: è stato esaminato nella sentenza della Corte di Giustizia UE del 13.05.14, la quale afferma che esiste il diritto a che il proprio nome non sia associato a un qualche risultato, evento e/o circostanza tramite una ricerca in rete.
Questo diritto si traduce, operativamente, in diritto alla cancellazione o alla de-indicizzazione del risultato.
Anche il Regolamento UE 2016/679, conosciuto come GDPR, imprime al diritto all'oblio ancora più forza, assegnando alla persona il potere di cancellarsi dal mondo digitale, tanto da potersi definire un diritto alla cancellazione dei propri dati presenti nel web

FREEDOM OF INFORMATION ACT, FOIA
Chiave del diritto alla trasparenza
** Con la normativa europea definita FOIA, ovvero Freedom of information Act, l’ordinamento italiano riconosce la libertà di accedere alle informazioni in possesso delle pubbliche amministrazioni come diritto fondamentale. Il principio che guida l’intera normativa è la tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo di tutti i soggetti della società civile: in assenza di ostacoli riconducibili ai limiti previsti dalla legge, le amministrazioni devono dare prevalenza al diritto di chiunque di conoscere e di accedere alle informazioni possedute dalla pubblica amministrazione.
Giornalisti, organizzazioni non governative, imprese, i cittadini italiani e stranieri possono richiedere dati e documenti, così da svolgere un ruolo attivo di controllo sulle attività delle pubbliche amministrazioni. L’obiettivo della norma, è anche quello di favorire una maggiore trasparenza nel rapporto tra le istituzioni e la società civile, e incoraggiare un dibattito pubblico informato su temi di interesse collettivo.
L’accesso civico generalizzato, istituito dalla normativa FOIA, differisce dalle altre due principali tipologie di accesso già previste dalla legislazione.
A differenza del diritto di accesso procedimentale o documentale (regolato dalla legge n. 241/1990), garantisce al cittadino la possibilità di richiedere dati e documenti alle pubbliche amministrazioni, senza dover dimostrare di possedere un interesse qualificato.
A differenza del diritto di accesso civico “semplice” (regolato dal d. lgs. n. 33/2013), che consente di accedere esclusivamente alle informazioni che rientrano negli obblighi di pubblicazione previsti dalla legge (in particolare, dal decreto legislativo n. 33 del 2013), l’accesso civico generalizzato si estende a tutti i dati e i documenti in possesso delle pubbliche amministrazioni, all’unica condizione che siano tutelati gli interessi pubblici e privati espressamente indicati dalla legge.