Sabato, 20 Aprile 2024

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Supplemento al numero 1/2023
da l'altrapagina.it

Ideazione e coordinamento editoriale
Andrea Chioini

Direttore Responsabile
Antonio Guerrini

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Anche le città costituiscono un ecosistema in cui le matrici ambientali si intrecciano con quelle dell’urbanistica, della storia, della cultura, dell’economia. In questo numero il focus è su Gubbio, con un presente problematico, a cominciare dal fatto di essere la città che registra il più alto incremento della temperatura media annuale dell’Umbria: più 3,2 gradi centigradi negli ultimi 60 anni- Vedi dati

È il contesto in cui una comunità di 35mila persone vive tra due stabilimenti per la produzione di cemento classificati come “insalubri di prima classe” collocati a meno di 10 chilometri l’uno dall’altro e a circa 5 km dal centro della città. È la comunità a cui vengono negate le informazioni epidemiologiche sulla salute effettiva della popolazione su cui incombono anche dati dell’ultimo rapporto Ecomafie di Legambiente che colloca il ciclo illegale del cemento al primo posto nel numero di reati ambientali commessi in Italia nel 2021, seguito da quello dei rifiuti.

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Appennini terra di scorrerie per il “partito della monnezza”

Una “tempesta di fuoco” alimentata “a monezza”: è quella che si va profilando per l’area Appenninica tra Umbria e Marche se verranno confermate le ipotesi secondo cui l’inceneritore pensato dal nuovo “Piano regionale dei rifiuti” verrà costruito tra Gualdo Tadino e Nocera Umbra… (per caso al posto dei defunti stabilimenti Merloni?)... Sarà il terzo bruciatore ad alta capacità in un raggio di 15 chilometri visto che si sommerà ai forni delle cementerie eugubine autorizzate a utilizzare il Css. Le ragioni della salute, ambientale e umana, non sembra riescano a trovare spazio nelle menti di chi si trova a “governare” questi processi con criteri esattamente opposti a quelli raccomandati dall’Unione europea a proposito di economia circolare. Ragioni che non trovano cittadinanza nemmeno nelle aule della giustizia amministrativa: il 12 gennaio 2023 il Tar dell’Umbria ha rigettato il ricorso presentato dal Comune di Gubbio per l’annullamento della determinazione dirigenziale (n. 13411/2021) con cui la Regione Umbria ha autorizzato l’uso del Combustibile solido secondario (Css) nei forni delle cementerie Barbetti. Un pronunciamento che non scoraggia il vasto movimento civico nato per chiedere chiarezza sull’impronta ambientale dei due cementifici eugubini. Richiesta supportata da una vasta letteratura scientifica e da svariate sentenze, nelle varie regioni italiane, esattamente di senso opposto a quella del Tar Umbria.

I l rapporto Ecosistema urbano Umbria di Legambiente è in fase di completamento anche per l’edizione che riporta i dati del 2022 e siamo in grado di anticipare alcuni elementi riguardanti Gubbio. La città dei ceri mantiene la 7ma posizione nella graduatoria generale che aveva conquistato lo scorso anno e sale anche di punteggio corrispondente: 95,2 a fronte di 93,7 a conferma di uno sforzo per migliorare le qualità ambientali, per di più in un contesto caratterizzato dalla presenza di “industrie insalubri di prima classe”.

I l rapporto Ecosistema urbano Umbria di Legambiente è in fase di completamento anche per l’edizione che riporta i dati del 2022 e siamo in grado di anticipare alcuni elementi riguardanti Gubbio. La città dei ceri mantiene la 7ma posizione nella graduatoria generale che aveva conquistato lo scorso anno e sale anche di punteggio corrispondente: 95,2 a fronte di 93,7 a conferma di uno sforzo per migliorare le qualità ambientali, per di più in un contesto caratterizzato dalla presenza di “industrie insalubri di prima classe”.

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ARIA – Da evidenziare la presenza di una rete per il monitoraggio dell’aria costituita da 5 centraline: quella di competenza dell’Agenzia regionale di protezione ambientale (Arpa) - collocata in piazza 40 Martiri - offre dati aggiornati su biossido di zolfo, biossido di azoto, ossido di carbonio, ozono, Pm10, Pm 2,5. Ulteriori misurazioni riguardano benzene, metalli (arsenico, cadmio, nichel, piombo), idrocarburi policiclici aromatici (Ipa). A Gubbio non vengono misurate le diossine su Pm10 tantomeno le deposizioni al suolo.

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Altre quattro stazioni di rilevamento sono riferibili alla gestione delle cementerie Barbetti e Colacem e si trovano in prossimità degli stabilimenti. Non raccolgono ed elaborano dati sui metalli bensì su: polveri, ossido di azoto, carbonio organico totale, biossido di zolfo, ammoniaca, volume delle emissioni in atmosfera, ossigeno, umidità, pressione, temperatura esterna, temperatura interna (solo Barbetti). Quanto agli Ipa sono monitorati anche su via Leonardo da Vinci (Barbetti) per quello che riguarda la presenza (deposizione) sulle particelle Pm 10, mentre a Ghigiano (Colacem) vengono misurate le deposizioni al suolo.

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ACQUA – Scende ma rimane sempre preoccupante la quota d’acqua persa durante il trasferimento dalle sorgenti alle utenze: oltre a trattarsi di un vero e proprio “peccato mortale” per la cattiva utilizzazione di un prodotto di pregio diventa anche un aggravio complessivo nei costi del servizio.

Da salutare con senso di sollievo il calo dei consumi domestici: 6 litri al giorno risparmiati vogliono dire oltre 2000 litri all’anno pro-capite.

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RIFIUTI – I risultati del 2022 non eguagliano l’ottima prestazione registrata l’anno precedente.

Pur contenuta l’inversione di tendenza manifesta significative difficoltà nel sistema di raccolta e differenziazione che, per essere in salute dovrebbe progredire anno dopo anno, anche se di pochi punti percentuali, per agguantare la quota 70

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raggiunta e superata da 7 comuni con più di 15mila abitanti: Narni, Terni, Todi, Bastia Umbra, Assisi, Perugia, Umbertide.

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SUOLO – Segnale doppiamente virtuoso il decremento di suolo cementificato e impermeabilizzato. I quasi due ettari di superficie ritornata “allo stato naturale” meritano di essere identificati e valorizzati anche come buona pratica amministrativa.

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MOBILITA' – L’aumento della spesa per il trasporto pubblico locale fa ben sperare in un alleggerimento della città dall’andirivieni di veicoli privati. Purtroppo il buon calo alla voce incidenti stradali registrato l’anno scorso mostra una lieve tendenza al rialzo.

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ENERGIA – Dopo l’adozione del Pacchetto europeo su clima ed energia nel 2008, la Commissione europea ha lanciato il Patto dei Sindaci considerato dalle istituzioni europee come un eccezionale modello di governance multilivello. Punta a rinforzare e sostenere gli sforzi compiuti dagli enti locali nell’attuazione delle politiche nel campo dell’energia sostenibile: l’80% dei consumi energetici e delle emissioni di CO2 è associato alle attività urbane. Da qui l’invito a varare in ogni comune  Piano d’azione per l’energia sostenibile e il Clima (SECAP in inglese, PAESC in italiano) in cui sono delineate le azioni principali che essi intendono avviare. Per arrivare all’obiettivo va predisposto un “Inventario di Base delle Emissioni con il software ECORegion predisposto da Alleanza per il clima.

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Cittadinanze attive a Galatina, Gubbio, Monselice, Venafro
di Andrea Chioini

Ci sono anche le “Mamme per la salute e per l’ambiente” (attive a Venafro, Is) nella vasta rete di comitati e gruppi di base che lottano per i diritti civili in quest’Italia derelitta e sempre meravigliosa… le ho conosciute a Gubbio in occasione di un seminario scientifico promosso dalla rete di associazioni che si stanno opponendo all’uso del Css, combustibile solido secondario, nei bruciatori delle cementerie locali.

Una rete che rivendica il diritto alla salute per le popolazioni che subiscono gli effetti della produzione cementiera nel proprio territorio: un’istanza che è arrivata al vaglio della Commissione ambiente della Camera dei deputati nel giugno 2022, appena in tempo per venir collocata in un cassetto grazie allo scioglimento del Parlamento. 

Denominatore comune di questa azione il gruppo industriale Colacem, terzo in Italia per produzione. Sei stabilimenti in Italia: Caravate -Va; Rassina - Ar; Gubbio - Pg; Sesto Campano - Is; Galatina - Le; Ragusa. A questi se ne aggiungono 4 all’estero: Tunisia, Albania, Haiti, Rep. Dominicana.

Ma la tenacia non fa difetto ai comitati ambientali che sono impegnati su questo fronte.

Del resto “non mettere mai in dubbio che un piccolo gruppo di cittadini, pensanti e impegnati, possa cambiare il mondo; di fatto, il mondo è sempre cambiato solo così”: questo il motto del seminario scientifico di Gubbio, ispirato da Margaret Mead, antropologa statunitense (1901 – 1978),  invito a cui sarebbe stato impossibile rispondere con un diniego.

Così in una piovosa mattina di dicembre (sabato 3) sono arrivato al centro servizi Santo Spirito per svolgere il ruolo di “moderatore” in un vero e proprio oceano di informazioni e dati che spiegavano, anche alle menti più refrattarie, perché nel comprensorio eugubino ci si trova davanti a “Un equilibrio compromesso”: è stata un’occasione preziosa per conoscere le vicende pluridecennali di cui sono protagonisti gruppi locali attivi nell’autodifesa civica dall’inquinamento industriale e nell’affermazione del diritto alla salute, umana e non.

A proposito del titolo: l’equilibrio è quello ambientale, la compromissione deriva dalla presenza di impianti industriali classificati come “insalubri di prima classe”. In questo caso i cementifici.

Secondo la normativa sono “insalubri” gli stabilimenti da “ubicare nelle campagne lontano dalle abitazioni”: una formula usata nel Testo unico delle leggi sanitarie, risalente al 1934 e “consolidato” a più riprese, ovvero integrato da norme successive alla sua emanazione.

Il centro servizi “Santo Spirito” si è trasformato, per una giornata, in una piattaforma di confronto tra comitati ambientali attivi in Molise, Puglia, Umbria e Veneto, che stanno difendendo il diritto alla salute per le popolazioni che si trovano a fare i conti con gli effetti di cinque cementifici.

Un risultato ragguardevole l’aver messo a confronto competenze, problemi, strumenti di azione dopo anni di vertenze locali a Galatina (Lecce), Venafro (Isernia), Monselice (Padova), Gubbio (Perugia) illustrate soprattutto da voci femminili a confermare che il protagonismo delle donne non è un’invenzione di qualche “anima bella”.

Nei fatti è iniziato il lavoro di costruzione della rete nazionale che costituisce un “think tank” su come ci si difende dall’inquinamento di un’industria che non sembra in grado di imboccare la strada dell’innovazione, a cominciare dalla de-carbonizzazione.

Infatti suona come paradosso la scelta di sostituire (in tutto o in parte) il carbone con il Css, Combustibile solido secondario derivato dalla frazione non differenziata dei rifiuti urbani.

Scontata la scelta di Gubbio come sede di un primo incontro di questo genere dato che tre dei cinque impianti in questione fanno parte del Gruppo Colacem che ha il suo centro direzionale proprio nella “Città dei ceri” dove si trovano con due cementerie: Barbetti nel cuore del quartiere Semonte e Colacem nelle immediate vicinanze di Padule, la frazione eugubina più popolosa.

Nello specifico eugubino sono risuonati, forieri di preoccupazioni, i dati illustrati da tre scienziati:

Paolo Crosignani, figura di epidemiologo che ha diretto il Registro dei Tumori ed epidemiologia ambientale presso l’Istituto per lo studio e la cura dei tumori a Milano: il suo intervento è ascoltabile qui.

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Sonia Ravera, biologa ricercatrice all’Università di Palermo: il suo intervento.

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Enzo Favoino, coordinatore scientifico di Zero Waste Europe: (qui il suo intervento) con argomentazioni difficilmente oppugnabili, ha dimostrato come l’ incenerimento del css vada in direzione opposta all’ economia circolare, sfatando  quattro falsi miti:

  1. 1- che la sostituzione di pet-coke con css sia una forma economia circolare;
  2. 2- che i paesi che recuperano energia dai rifiuti siano i piu’ avanzati nel riciclo; al contrario, sono quelli che producono più rifiuti pro capite e differenziano meno;
  3. 3- che l’incenerimento contribuisca alla sostenibilità energetica;
  4. 4- che l’alternativa agli inceneritori sia la discarica.
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Un ulteriore carico a favore di un’indispensabile “conversione ecologica” quello portato dalla relazione di Beatrice Cerrino, referente della Scuola di economia civile con sede a Figline e Incisa Valdarno (riascoltabile qui).

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Ad un occhio interessato quello del 3 dicembre a Gubbio si è rivelato un doppio incrocio: esperienze civiche distanti geograficamente che hanno trovato il modo di conoscersi e cercare di agire insieme, risultati della ricerca scientifica e ambientale che rinforzano tutte le istanze per l’affermazione del diritto alla salute.

Di certo non si tratta di un capitolo iniziale perché, ormai da qualche anno, il confronto tra comitati ha accumulato e scambiato documentazione producendo una significativa mole di ricorsi a vari livelli: non solo Usl e tribunali amministrativi ma anche a livello centrale.

Lo stesso Istituto superiore di Sanità ha espresso allarme per le anomalie statistiche tumorali a Gubbio e ha classificato il Distretto di Galatina “Area Cluster per neoplasie polmonari”.

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I nodi della rete formata dai comitati
Nei fatti questi movimenti locali hanno prodotto una crescita di coscienza nelle popolazioni che subiscono significative ricadute da sostanze inquinanti.

Ecco allora la mappa di alcune “micro-rivoluzioni culturali” di una nuova consapevolezza ambientale che si sono registrate in realtà di piccole dimensioni, con dinamiche sociali ben diverse da quelle che si verificano nelle grandi città.

 

Accade a Monselice - La prima delle esperienze illustrate (anche grazie ad un ragguardevole documentario visibile quicon pwd kali) è quella di Monselice (Padova): anni di mobilitazioni, cortei, occupazioni del municipio prima di arrivare alla chiusura dello stabilimento Buzzi - Italcementi, ubicato a ridosso dei Colli Euganei: questi hanno “fornito” milioni di metri cubi di terreno ricco di marna, roccia sedimentaria indispensabile per arrivare alle miscele di cemento.

Ciò che va evidenziato nell’esperienza di Monselice (leggi anche qui) è l’ampiezza dello schieramento che si è formato a fianco dei comitati più combattivi (“Lasciateci respirare”, “E noi”): hanno ottenuto la chiusura dello stabilimento nel momento in cui si è schierata l’associazione albergatori dei Colli Euganei (diventati, nel frattempo, un’area protetta e patrimonio Unesco). Una scelta dettata dal rischio di inquinamento dei fanghi usati nelle terme per le ricadute di inquinanti. Da lì sono scattati anche progetti di reimpiego nel settore per coloro che avrebbero perso il lavoro con la chiusura dell’impianto.

 

Accade a Venafro - La storia delle “mamme per la salute e l’ambiente” è di certo quella che merita di essere evidenziata. Da quasi 18 anni, nel cuore del Molise, a Venafro (11mila abitanti) lottano perché cambi il quadro di inquinamento in cui è precipitata la collettività di quelle zone: una cementeria (nel vicino comune di Sesto Campano), un inceneritore dei rifiuti, una centrale di produzione elettrica “turbogas”.
La Valle del Volturno trasformata in uno scenario da incubo, dove scorre anche una strada di grande traffico che sbocca in Campania. E che non si stia esagerando con i termini viene confermato dalle risultanze di quattro anni di indagini svolte dalla magistratura di Isernia che certificano la fondatezza delle denunce reiterate per oltre un quindicennio. Come riferiscono Quotidiano Molise e Futuro Molise.

 

Accade a Galatina - C’è anche una vasta zona del Salento, dove sta crescendo la mobilitazione della cittadinanza, dove si moltiplicano le proteste contro gli effetti delle emissioni delle cementerie: nel 2018 i Comuni di Galatina e Soleto (in adiuvandum a Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano e Sogliano Cavour) hanno fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dell’Aia, considerata insufficiente per tutelare i cittadini”.

Del contesto salentino si è occupato anche il magazine Altraeconomia nel cui numero di settembre 2022, tra l’altro, si può leggere:

“Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva Colacem Galatina tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario, a causa delle sue emissioni, posizionandola al 586esimo posto su scala europea. Secondo l’istituto, erano emesse 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2.420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 “Protos”, uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi”.

 

Accade a Gubbio – È la “prima linea” di questo confronto inaspritosi negli ultimi 18 mesi dopo lo “sdoganamento” del css come combustibile, frutto di un lavorìo protrattosi per anni a partire dal Ministero per l’ambiente: “Cinque decreti legge emanati dal governo italiano tra il 2003 e il 2022 hanno favorito il progressivo allentamento delle procedure di autorizzazione e controllo dell’ incenerimento di rifiuti nei cementifici. Per la legge italiana i limiti di inquinamento e di emissione di carbonio di un cementificio che brucia rifiuti sono oggi meno restrittivi di un termovalorizzatore”.

Gli smottamenti delle normative più attente alla salute si è esteso anche alla Regione Umbria la cui giunta di centro-destra ha ulteriormente allargato la prospettiva con l’annuncio della costruzione di un inceneritore di rifiuti nel territorio provinciale perugino: una scelta che fa il paio con il braccio di ferro sul Css, avallato anche dalla precedente maggioranza di centro-sinistra e stoppato dalla Usl Umbria1 per la mancanza di Valutazione d’impatto ambientale.

Anche se le cementerie di Gubbio stanno utilizzando rifiuti nel loro processo produttivo sin dal 2007, senza averlo dichiarato alla Regione, come risulta dalla comunicazione da esse inoltrata.

Di certo il decreto con cui il ministro Cingolani (in carica nei due governi Conte e  con Draghi) ha semplificato le procedure per le autorizzazioni ha rinforzato il “partito dell’incenerimento”, quello che sta “stringendo Gubbio e la sua amministrazione comunale in una morsa” ha evidenziato il sindaco Stirati nel suo saluto per niente formale al convegno stesso.

Intanto i comitati proseguono nella loro attività incessante di sensibilizzazione e raccolta di informazioni, scontando ritardi e omissioni di buona parte degli apparati pubblici e la cecità delle forze politiche, un tempo, progressiste.

Basta cliccare qui per capire come non sia stato ancora recuperato il Registro dei tumori umbro di popolazione (Rtup) dopo essere stato buttato a mare nel 2017, ultima delle scelleratezze di un centro-sinistra che, non avendo più proprie idee, ha adottato quelle della destra preparando il terreno per l’avvento della  coppia Tesei – Coletto, impegnatissima a spostare verso i privati tutto quello che è possibile (e profittevole) del Servizio sanitario regionale.

 

 

Accade a Monselice - La prima delle esperienze illustrate (anche grazie ad un ragguardevole documentario visibile quicon pwd kali) è quella di Monselice (Padova): anni di mobilitazioni, cortei, occupazioni del municipio prima di arrivare alla chiusura dello stabilimento Buzzi - Italcementi, ubicato a ridosso dei Colli Euganei: questi hanno “fornito” milioni di metri cubi di terreno ricco di marna, roccia sedimentaria indispensabile per arrivare alle miscele di cemento.

Ciò che va evidenziato nell’esperienza di Monselice (leggi anche qui) è l’ampiezza dello schieramento che si è formato a fianco dei comitati più combattivi (“Lasciateci respirare”, “E noi”): hanno ottenuto la chiusura dello stabilimento nel momento in cui si è schierata l’associazione albergatori dei Colli Euganei (diventati, nel frattempo, un’area protetta e patrimonio Unesco). Una scelta dettata dal rischio di inquinamento dei fanghi usati nelle terme per le ricadute di inquinanti. Da lì sono scattati anche progetti di reimpiego nel settore per coloro che avrebbero perso il lavoro con la chiusura dell’impianto.

 

Accade a Venafro - La storia delle “mamme per la salute e l’ambiente” è di certo quella che merita di essere evidenziata. Da quasi 18 anni, nel cuore del Molise, a Venafro (11mila abitanti) lottano perché cambi il quadro di inquinamento in cui è precipitata la collettività di quelle zone: una cementeria (nel vicino comune di Sesto Campano), un inceneritore dei rifiuti, una centrale di produzione elettrica “turbogas”.
La Valle del Volturno trasformata in uno scenario da incubo, dove scorre anche una strada di grande traffico che sbocca in Campania. E che non si stia esagerando con i termini viene confermato dalle risultanze di quattro anni di indagini svolte dalla magistratura di Isernia che certificano la fondatezza delle denunce reiterate per oltre un quindicennio. Come riferiscono Quotidiano Molise e Futuro Molise.

 

Accade a Galatina - C’è anche una vasta zona del Salento, dove sta crescendo la mobilitazione della cittadinanza, dove si moltiplicano le proteste contro gli effetti delle emissioni delle cementerie: nel 2018 i Comuni di Galatina e Soleto (in adiuvandum a Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano e Sogliano Cavour) hanno fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dell’Aia, considerata insufficiente per tutelare i cittadini”.

Del contesto salentino si è occupato anche il magazine Altraeconomia nel cui numero di settembre 2022, tra l’altro, si può leggere:

“Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva Colacem Galatina tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario, a causa delle sue emissioni, posizionandola al 586esimo posto su scala europea. Secondo l’istituto, erano emesse 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2.420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 “Protos”, uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi”.

 

Accade a Gubbio – È la “prima linea” di questo confronto inaspritosi negli ultimi 18 mesi dopo lo “sdoganamento” del css come combustibile, frutto di un lavorìo protrattosi per anni a partire dal Ministero per l’ambiente: “Cinque decreti legge emanati dal governo italiano tra il 2003 e il 2022 hanno favorito il progressivo allentamento delle procedure di autorizzazione e controllo dell’ incenerimento di rifiuti nei cementifici. Per la legge italiana i limiti di inquinamento e di emissione di carbonio di un cementificio che brucia rifiuti sono oggi meno restrittivi di un termovalorizzatore”.

Gli smottamenti delle normative più attente alla salute si è esteso anche alla Regione Umbria la cui giunta di centro-destra ha ulteriormente allargato la prospettiva con l’annuncio della costruzione di un inceneritore di rifiuti nel territorio provinciale perugino: una scelta che fa il paio con il braccio di ferro sul Css, avallato anche dalla precedente maggioranza di centro-sinistra e stoppato dalla Usl Umbria1 per la mancanza di Valutazione d’impatto ambientale.

Anche se le cementerie di Gubbio stanno utilizzando rifiuti nel loro processo produttivo sin dal 2007, senza averlo dichiarato alla Regione, come risulta dalla comunicazione da esse inoltrata.

Di certo il decreto con cui il ministro Cingolani (in carica nei due governi Conte e  con Draghi) ha semplificato le procedure per le autorizzazioni ha rinforzato il “partito dell’incenerimento”, quello che sta “stringendo Gubbio e la sua amministrazione comunale in una morsa” ha evidenziato il sindaco Stirati nel suo saluto per niente formale al convegno stesso.

Intanto i comitati proseguono nella loro attività incessante di sensibilizzazione e raccolta di informazioni, scontando ritardi e omissioni di buona parte degli apparati pubblici e la cecità delle forze politiche, un tempo, progressiste.

Basta cliccare qui per capire come non sia stato ancora recuperato il Registro dei tumori umbro di popolazione (Rtup) dopo essere stato buttato a mare nel 2017, ultima delle scelleratezze di un centro-sinistra che, non avendo più proprie idee, ha adottato quelle della destra preparando il terreno per l’avvento della  coppia Tesei – Coletto, impegnatissima a spostare verso i privati tutto quello che è possibile (e profittevole) del Servizio sanitario regionale.

 

 

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Ciò che va evidenziato nell’esperienza di Monselice (leggi anche qui) è l’ampiezza dello schieramento che si è formato a fianco dei comitati più combattivi (“Lasciateci respirare”, “E noi”): hanno ottenuto la chiusura dello stabilimento nel momento in cui si è schierata l’associazione albergatori dei Colli Euganei (diventati, nel frattempo, un’area protetta e patrimonio Unesco). Una scelta dettata dal rischio di inquinamento dei fanghi usati nelle terme per le ricadute di inquinanti. Da lì sono scattati anche progetti di reimpiego nel settore per coloro che avrebbero perso il lavo

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Accade a Venafro - La storia delle “mamme per la salute e l’ambiente” è di certo quella che merita di essere evidenziata. Da quasi 18 anni, nel cuore del Molise, a Venafro (11mila abitanti) lottano perché cambi il quadro di inquinamento in cui è precipitata la collettività di quelle zone: una cementeria (nel vicino comune di Sesto Campano), un inceneritore dei rifiuti, una centrale di produzione elettrica “turbogas”.
La Valle del Volturno trasformata in uno scenario da incubo, dove scorre anche una strada di grande traffico che sbocca in Campania. E che non si stia esagerando con i termini viene confermato dalle risultanze di quattro anni di indagini svolte dalla magistratura di Isernia che certificano la fondatezza delle denunce reiterate per oltre un quindicennio. Come riferiscono Quotidiano Molise e Futuro Molise.

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Accade a Galatina - C’è anche una vasta zona del Salento, dove sta crescendo la mobilitazione della cittadinanza, dove si moltiplicano le proteste contro gli effetti delle emissioni delle cementerie: nel 2018 i Comuni di Galatina e Soleto (in adiuvandum a Corigliano d’Otranto, Aradeo, Martano, Cutrofiano e Sogliano Cavour) hanno fatto ricorso al Tar per chiedere l’annullamento dell’Aia, considerata insufficiente per tutelare i cittadini”.

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Del contesto salentino si è occupato anche il magazine Altraeconomia nel cui numero di settembre 2022, tra l’altro, si può leggere:

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“Nel 2012 l’Agenzia europea dell’ambiente inseriva Colacem Galatina tra le industrie a maggiore impatto ambientale e sanitario, a causa delle sue emissioni, posizionandola al 586esimo posto su scala europea. Secondo l’istituto, erano emesse 584mila tonnellate di ossido di carbonio annue e 2.420 tonnellate di ossidi di azoto con un costo dei danni ambientali e sanitari calcolato tra 37 e 67 milioni di euro. Nel 2019 “Protos”, uno studio coordinato dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa e condotto dalla Asl di Lecce per indagare sui fattori di rischio per tumore polmonare in Salento, ha confermato l’esistenza di un cluster tra i 16 Comuni dell’area intorno al sito Colacem: qui, come era già stato indicato in una ricerca pubblicata nel 2014 dall’Istituto superiore di sanità, è stato registrato un sensibile eccesso di incidenza per tumori polmonari rispetto ai casi attesi”.

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Accade a Gubbio – È la “prima linea” di questo confronto inaspritosi negli ultimi 18 mesi dopo lo “sdoganamento” del css come combustibile, frutto di un lavorìo protrattosi per anni a partire dal Ministero per l’ambiente: “Cinque decreti legge emanati dal governo italiano tra il 2003 e il 2022 hanno favorito il progressivo allentamento delle procedure di autorizzazione e controllo dell’ incenerimento di rifiuti nei cementifici. Per la legge italiana i limiti di inquinamento e di emissione di carbonio di un cementificio che brucia rifiuti sono oggi meno restrittivi di un termovalorizzatore”.

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Anche se le cementerie di Gubbio stanno utilizzando rifiuti nel loro processo produttivo sin dal 2007, senza averlo dichiarato alla Regione, come risulta dalla comunicazione da esse inoltrata.

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Di certo il decreto con cui il ministro Cingolani (in carica nei due governi Conte e  con Draghi) ha semplificato le procedure per le autorizzazioni ha rinforzato il “partito dell’incenerimento”, quello che sta “stringendo Gubbio e la sua amministrazione comunale in una morsa” ha evidenziato il sindaco Stirati nel suo saluto per niente formale al convegno stesso.

Intanto i comitati proseguono nella loro attività incessante di sensibilizzazione e raccolta di informazioni, scontando ritardi e omissioni di buona parte degli apparati pubblici e la cecità delle forze politiche, un tempo, progressiste.

Basta cliccare qui per capire come non sia stato ancora recuperato il Registro dei tumori umbro di popolazione (Rtup) dopo essere stato buttato a mare nel 2017, ultima delle scelleratezze di un centro-sinistra che, non avendo più proprie idee, ha adottato quelle della destra preparando il terreno per l’avvento della  coppia Tesei – Coletto, impegnatissima a spostare verso i privati tutto quello che è possibile (e profittevole) del Servizio sanitario regionale.

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Salute umana e ambiente: una cosa sola
Nuovi studi sugli effetti delle cementerie
di Giovanni Vantaggi - Associazione Italiana Medici per l'Ambiente Isde-Italia (International Society of Doctors for the Environment)

Nella conca eugubina (37.302 abitanti nel 1951, 32.432 nel 2011, 30.499 nel 2022) praticamente da centoventicinque anni si produce cemento, grazie alle miniere di lignite, ma soprattutto per la ricchezza di marna del territorio. Per questo Gubbio ha avuto nella produzione del cemento, un’attività preponderante, iniziata fin dalla fine del 19° secolo, tanto che già nei primi due decenni del 1900 si avevano ben quattro cementifici: due a Padule Stazione, uno nella zona della vecchia stazione di Gubbio (zona Madonna del Prato) ed un altro nella zona Semonte (dal documento fotografico non si capisce bene la posizione precisa). Marna più lignite più ferrovia, fecero di Gubbio un sito di produzione del cemento eccezionale, tanto che in seguito venne costruito un quinto cementificio a Ghigiano dalla famiglia Colonni.

Con l’esaurimento della lignite finì l’epoca d’oro per cui uno dopo l’altro quei cementifici cessarono le loro attività, l’ultimo quello dei Colonn; tuttavia per la ricchezza di marna del territorio, nel 1957 fu ripresa l’attività produttiva del cemento, con la cemteria Barbetti, seguita nel 1967 dalla Colacem che aveva rilevato, nel frattempo, la cementeria Colonni di Ghigiano. Per cui da 125 anni la conca eugubina è in pratica “ostaggio” della produzione del cemento.     

La realtà è che i due grossi cementifici distanti tra loro circa 10 km: Barbetti a nord-ovest (periferia della città a Madonna del Ponte/Semonte) e Colacem a sud-est, a 3-4 km dalla frazione più popolosa del comune: Padule e Padule Stazione, ma anche Spada/Torre dei Calzolari, stringono come in una morsa gran parte della popolazione eugubina (fig 1).

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Quando l’Umbria era suddivisa in quattro ASL, la Asl n 1 che comprendeva anche Gubbio, evidenziava un’incidenza di tumori maggiore rispetto alle altre tre Asl, superando, non di poco, la ASL del ternano (fig 2).

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Inoltre il Registro Tumori Umbro Popolazione (RTUP) dimostrava una situazione, per niente “felice”, del comune di Gubbio (fig 3).

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Cosa possono e debbono fare i cittadini che inconsapevolmente rivestono il ruolo di “esposti involontari”? Essi debbono continuare a subire le possibili conseguenze di una situazione in cui due grosse industrie insalubri di prima classe sono insediate nel loro territorio, una da 67 anni, l’altra da 57 (cumulativamente 124 anni)? o hanno il diritto, anzi il dovere per i loro figli e per le generazioni future, di chiedere che vengano conosciute le condizioni del loro territorio dove sono nati, in cui hanno scelto di continuare a vivere, lavorare e procreare?

Per dare un contributo, si mettono a disposizione alcune pubblicazioni scientifiche (recenti e recentissime)sul rapporto tra salute e produzione di cemento:

  • Studio condotto sulla cementeria della Buzzi-Unicem di Salonit Anhovo in Slovenia: “Dispersione delle specie di mercurio aerodisperse emesse dalla cementeria” in cui si afferma che L'industria del cemento è la seconda fonte di emissioni di mercurio, prodotte dalle attività umane in Europa, rappresentando l'11% delle emissioni globali di mercurio da produzioni. Il Mercurio è responsabile di deficit neurologici durante lo sviluppo embrio-fetale e successivamente del bambino indicato responsabile di gravi disturbi neurologici: disturbo dell’attenzione (ADHD) ed autismo
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  • Studio pubblicato a gennaio 2023: “I composti organici volatili (COV) sono i principali precursori dell'ozono (O)3) e aerosol organici secondari (SOA), che degradano la qualità dell'aria e rappresentano un grave rischio per la salute umana e i sistemi ecologici (...) Il co-trattamento dei rifiuti solidi nei forni per cemento è diventato sempre più diffuso negli ultimi anni. Gli inquinanti organici persistenti (POP) possono essere prodotti ed emessi involontariamente dai forni per cemento, in particolare dai forni in cui i rifiuti solidi vengono co-trattati (...)    I dati degli studi sul campo hanno indicato che le fasi principali in cui i POP vengono prodotti involontariamente nei forni per cemento che co-trattano rifiuti solidi sono l'uscita del preriscaldatore a ciclone, la caldaia del preriscaldatore a sospensione, la torre dell'umidificatore e il filtro a maniche back-end.
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  • Studio pubblicato il 29 marzo 2022: Una revisione sistematica sull'impatto delle industrie del cemento sull'ambiente naturale –PubMed: “Gli effetti negativi sulla salute dell'esposizione ai cementifici sono ben noti negli ambienti industriali, ma sono meno noti tra il grande pubblico che vive vicino agli impianti. L'obiettivo generale della revisione era quello di fornire un'analisi sistematica dettagliata della situazione globale dell'industria del cemento, compresa la generazione, l'inquinamento, l'impatto sull'ecosistema naturale, i miglioramenti tecnologici e di processo, i modelli sostenibili, le ultime leggi, le sfide, le esigenze e le vie da seguire. Come valutazione iniziale, è stato compilato un elenco di parole chiave critiche ed è stata condotta una ricerca di tutti i database accessibili (ad esempio, Scopus, Web of Knowledge, Google Scholar)….”
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  • Studio pubblicato nel 2011 (PubMed): “Aumento del rischio per la salute di Tallio ed Arsenico dovuto alla contaminazione dei terreni agricoli alimentata dalle attività di produzione del cemento: una fonte nascosta ma significativa” (Fig 4)
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  • Di guerra, mafia, rifiuti, inceneritori…
    Necro-politica e necro-economia

    di Raniero Regni

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Con i suoi 382 reati “ambientali” denunciati nel 2021 il territorio della provincia di Perugia (49 comuni, 640mila abitanti, l’1,1% della popolazione italiana) riesce a intestarsi l’1,25% dei 30.590 episodi registrati in Italia e si colloca al 22° posto nella graduatoria delle 108 province italiane: questo ci permettono di calcolare i dati riportati nell’ultimo rapporto di Legambiente Ecomafia 2022. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia. Nel dossier tra l’altro si legge che, nella classifica nazionale, il ciclo illegale del cemento “si aggiudica il primo posto con 9.490 reati (il 31% del totale). Al secondo posto per il ciclo illegale dei rifiuti, che conta 8.473 reati e detiene il record di arresti, 287 (con un incremento del 25,9% rispetto al 2020) e di sequestri, 3.745 (+15%)”. La guerra alle porte d’Europa, la guerra in Ucraina, ha legittimato il governo Draghi e il suo lungimirante ministro per la transizione ecologica Cingolani (che qualche mese prima dello scoppio del conflitto aveva puntato tutto sul gas come fonte energetica!) a varare il Decreto semplificazioni.

Con questo decreto reso necessario, secondo il governo, dalla crisi energetica e dalla necessità di spendere i soldi del PNRR, si è piallata via tutta una legislazione a difesa della salute e dell’ambiente. Traduco: si stanno spendendo i soldi dell’Europa, che lo proibisce, per permettere di usare tra l’altro i rifiuti come combustibile; si stanno spendendo i soldi del Next genertion EU, finalizzati alla transizione ecologica verso le fonti rinnovabili, per tornare indietro e non invece per accelerare e andare avanti. Bruciare rifiuti non è economia circolare, solo un cretino o un delinquente potrebbe pensare che incenerire i rifiuti solidi urbani li faccia scomparire e non invece immettere nell’atmosfera, rendendoli ancora più pericolosi, contribuendo ad inquinare e a surriscaldare l’atmosfera. Eppure è questo che si dice. Nessuno sa che cosa ci sia in una tonnellata di combustibile da rifiuti, neanche i produttori, ma si dice che bruciarli in un cementificio sia meglio che bruciare il Pet coke, derivato dal petrolio, che faccia bene alla salute e anche all’ambiente! Questo per la guerra. E la mafia? È chiaro che la malavita organizzata è stata forse la prima ad occuparsi di traffico di rifiuti, da qui il neologismo “ecomafia”. Esiste un nesso preciso tra reati ambientali, traffico di rifiuti e ciclo del cemento. Si tratta quindi di un inquinamento che non è solo dell’atmosfera e dei polmoni, ma anche del tessuto sociale. Dove c’è la mafia girano soldi sporchi, letteralmente macchiati

di sangue, si diffonde l’indifferenza tra i cittadini, intimiditi e sotto ricatto occupazionale. Infine ecco gli inceneritori. Queste macchine che bruciano da decenni rifiuti, per produrre energia elettrica e teleriscaldamento, sono inquinanti e indirettamente disincentivano la raccolta differenziata: perché produrre meno rifiuti e riciclarli se poi tanto li bruciamo? Così pensava la Danimarca, che produce non a caso più mondezza pro capite tra i paesi europei, che ora però sta velocemente tornando indietro, dismettendo il 30 % dei suoi impianti. Giustamente l’Europa ha deciso di far rientrare anche l’incenerimento di rifiuti nel sistema ETS (Sistema Europeo dei Crediti), le aziende che gestiscono gli impianti dovranno acquistare un credito di emissione per ogni tonnellata di CO2 rilasciata. Gli inceneritori si troveranno così a pagare più tasse, oltre ad avere più controlli, e poi dovranno smaltire i residui della combustione che viaggiano sull’ordine del 30% rispetto alle quantità bruciate. Dove vanno queste polveri? Nel cemento dei cementifici. Quest’ultimi hanno molti meno controlli, possono inquinare molto di più degli inceneritori, sempre per legge, e possono fare recupero di materia, inserendo sostanze di ogni tipo nel cemento, che peggiora la sua qualità e diventa sempre più

tossico e depotenziato. In altre parole per queste industrie insalubri di prima classe, con i loro impianti industriali obsoleti, destinate all’estinzione, bruciare rifiuti è una benedizione, è la coincidenza perfetta. Verranno così incoraggiati a trasformare la loro attività principale, produrre cemento, in un’attività secondaria, mentre l’attività più remunerativa diventa bruciare l’immondizia. Qualche cifra? Il prezzo che riceve un cementificio per bruciare CSS è dell’ordine di 130 euro/t, per ogni t di CSS risparmia 500 kg di Pet coke, quindi si può stimare una minore spesa di almeno altri 100 euro. Il valore del coincenerimento del CSS può facilmente superare i 200 euro a tonnellata. Quindi, per fare un esempio, nel caso dei due cementifici di Gubbio, per 50.000 t/anno di CSS bruciato, si può ipotizzare un ricavo netto di almeno 10 milioni di euro. In dieci anni fanno 100 milioni, per due cementifici fanno 200 milioni di €. Ecco allora che tutto si tiene guerra, mafia, rifiuti, cementifici, inceneritori. Frattanto la piccola e verde Umbria, che ha già un inceneritore a Terni, che secondo il suo assessore all’ambiente Roberto Morroni ne dovrebbe costruire un altro nell’alta Umbria, forse tra Gualdo Tadino e Nocera, scala posizioni nelle classifiche relative ai reati ambientali collegati alle ecomafie. Si prospetta così una completa distorsione dell’economia umbra. Il cuore verde d’Italia incenerirà i rifiuti di Roma, snaturando completamente la sua vocazione paesaggistica e turistica a favore di una folle necropolitica e necroeconomia che, in ragione del “fare”, uccide nel presente e pregiudica il futuro.

  • Qui di seguito alcuni dei manifesti affissi a Gubbio dai comitati che animano la campagna “No Css nelle cementerie” (periodo dicembre 2020-gennaio 2023).
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