Siria: testimonianza di una operatrice umanitaria

Stampa

UNA GUERRA INFINITA

una guerra infinita1La chiameremo Fonte, senza nessun’altra indicazione né di genere né di luogo né di cittadinanza che possa renderla rico­noscibile, perché la polizia del suo Paese l’ha “attenzionata” e la sua vita corre sul filo del rasoio. Diremo solo che opera in una associazione umanitaria nell’area del conflitto siriano e mediorientale. «È dal 2014 che siamo impegnati in Iraq e in Siria per prestare soccor­so ai rifugiati», dice Fonte, «e l’associazione è particolarmente attiva tra Turchia, Iraq e Siria, in quella fascia di confine nella quale i Turchi vogliono trasferire parte dei rifugiati siriani sta­bilmente insediati nel loro Paese dallo scoppio della guerra». L’associazione si interessa soprat­tutto dei bambini, «e l’ultimo viaggio l’ho fatto di recente in Siria, dove sono stata molte volte. Il primo intervento lo feci nel 2014 per presta­re soccorso ai rifugiati yazidi e cristiani e tutte le altre minoranze della piana di Ninive, che si trovavano nel nord dell’Iraq. Poi da lì siamo partiti per la Siria dove abbiamo portato aiuti agli assiri, che sono stati attaccati dall’Isis nel 2015, nel nord del Pese». La caccia alle mino­ranze è una guerra nella guerra, caratterizzata dai continui spostamenti di piccole comunità, per sfuggire alla repressione dei vari eserciti in campo e soprattutto dell’Isis.

«Nel 2014 – afferma Fonte – nella piana di Nini­ve e nel monte Singiar sono state attaccate tut­te le minoranze: yazidi, cristiani, siriaci, caldei, assiri e le minoranze musulmane che non con­dividono il fondamentalismo di questi estremi­sti e non si sono unite alla loro battaglia. Que­ste minoranze perseguitate si sono rifugiate nel nord Iraq. Nel 2014, abbiamo potuto portare il primo aiuto umanitario agli yazidi, ai cristia­ni e alle diverse minoranze». I terroristi non hanno risparmiato nessuno, ma si sono acca­niti particolarmente contro yazidi e cristiani. «Quando sono arrivati i terroristi, la gente ha dovuto abbandonare le proprie case all’im­provviso senza poter prendere nulla, nemme­no i propri figli. Durante quell’odissea di quei terribili avvenimenti nell’estate del 2014, mi ha colpito in modo tragico vedere tanti bam­bini da soli, abbandonati, assetati, mentre mo­rivano di fame vagando in mezzo alle monta­gne in cerca dei propri genitori. Ho visto delle situazioni drammatiche che non si riesce a immaginare né a descrivere. Nella piana di Ni­nive ho conosciuto una donna, cristiana, che è stata prigioniera dell’Isis con la sua famiglia, e aveva una bambina di sette anni che ha dovuto nascondere perché non poteva scappare. Ogni giorno arrivava un capo dell’Isis che imponeva loro di pagare dei soldi, di non uscire di casa, di recitare le loro preghiere e di convertirsi. Ha dovuto nascondere la figlia per sei mesi in cantina, altrimenti l’avrebbero presa e porta­ta via per venderla come schiava, non prima di averla violentata loro stessi. Ho la foto di questa famiglia, ma non posso mostrarla per­ché sono ancora in pericolo». Il calvario dei cristiani, degli yazidi e di tutte le minoranze irachene iniziò dopo la caduta di Saddam ed è continuata ininterrottamente fino agli ultimi mesi e oggi in maniera meno eclatante.

Naturalmente, le tragedie delle l’etnie yazida, cristiana e altre minoranze sono continuate an­che in Siria. Già nel 2011, prima che scoppias­se la guerra, «la gente haimage 164 cominciato a scap­pare dal nord del Paese e circa il 50% di loro sono andati in Europa. Nel 2013 la situazione di Aleppo e di Damasco è precipitata tragica­mente a seguito degli attacchi degli integralisti contro cristiani, yazdi e le altre minoranze. Gli stessi terroristi poi hanno esteso la loro azione a tappeto anche ai villaggi contro alawiti, cri­stiani e così via».

Mentre l’Occidente cominciava a guardare con favore la rivolta degli studenti siriani in linea con le primavere arabe, in Siria avviene qual­cosa di diverso: «I disordini erano iniziati nel 2010 da parte degli studenti che rivendicavano più democrazia, come stava avvenendo un po’ in tutti i paesi del Medio Oriente. Il governo ha mandato l’esercito a reprimere in modo violen­to una rivolta pacifica. È stato un errore. Tutta­via, quando i rivoltosi si sono resi conto delle infiltrazioni di movimenti estremisti e che gli integralisti prendevano il sopravvento, gli stu­denti si sono ritirati, e nel 2011/2012 hanno co­minciato a schierarsi a sostegno del governo di Damasco. Intanto ai fondamentalisti si univa­no anche moltissime persone che provenivano dall’estero e dall’Europa: la situazione quindi si è capovolta. Aleppo viene presa e anche parte di Damasco cade sotto il controllo dei ribelli. L’Antica Aleppo, purtroppo, è stata distrutta e i cristiani di Aleppo sono stati maggiormente presi di mira: hanno perso ospedali, scuole, case di riposo e le case proprie. La maggioran­za di essi si trovava nel centro storico della cit­tà, poi, per motivi di sicurezza, si sono spostati nella zona controllata dal governo. Ancora il centro dell’antica città non è praticabile, e an­che se qualcuno comincia a riaprire negozi, la­boratori, attività, la ricostruzione ufficiale non è ancora iniziata. Gli aiuti in parte sono arriva­ti, ma fino a che c’è la guerra…: la guerra an­cora non è finita». E l’ultima fase, apertasi con l’invasione dell’esercito turco nel nord est della Siria per trasferirvi parte dei profughi siriani, integralisti e le loro famiglie, ha creato una si­tuazione profondamente instabile. Per liberare la zona di confine «la Turchia ha combattuto le minoranze di quella regione: yazidi, curdi, più di 300 mila cristiani ed altre minoranze, costringendoli a lasciare quei luoghi con una imponente azione militare». Alla fine del mese di ottobre 2019, l’associazione ha portato aiu­to umanitario a tutte queste minoranze che si sono rifugiate sempre nel nord est siriano, oltre la linea del nemico.

Le persone assistite dalla associazione sono mi­gliaia, dice Fonte. Ma «gli integralisti sono an­cora lì, nonostante siano stati sconfitti.

image 165Ho vissuto questo problema in prima persona nel nord est siriano. Nessuno sa dove siano i terroristi dell’Isis, perché vivono mescolati tra la gente. A mezzanotte, però, cominciano a spa­rare contro le case oppure in aria per far capire che ancora ci sono. Per una settimana non sono riuscita a dormire e la famiglia che mi ospitava mi diceva: “Non ti preoccupare, noi siamo abi­tuati. Loro devono farci capire che ci sono”». L’Isis non è sconfitto e attualmente la Turchia gli sta dando sostegno: «ha invaso il nord est della Siria uccidendo moltissime persone; sono state usate bombe chimiche; hanno avvelenato la sorgente d’acqua; hanno fatto quasi una puli­zia etnica. I turchi sono arrivati attrezzatissimi, con i medici al seguito. Mi è stato raccontato che prendevano i bambini e tutte quelle per­sone che non sono riuscite a scappare…». Ma il racconto si interrompe perché, dice Fonte: «Non posso andare oltre: rischio molto». 

Antonio Guerrini